Depositi Iva: ormai è chiaro! Gli onesti sono salvi!

Sono recentemente intervenuti fatti nuovi, che si commentano appresso, utili dimostrare la regolarità delle operazioni poste in essere dal gestore del deposito Iva nelle ipotesi di dichiarazione doganale d’immissione in libera pratica risultata regolare all’accertamento, con conseguente congruità dei dazi pagati, e di utilizzo, altrettanto regolare, del metodo del reverse charge,  per la registrazione dell’autofattura (o della fattura integrata) emessa, dal soggetto che procede all’estrazione, per l’immissione in consumo della merce

Tra essi, principalmente:

  1. l’atto di indirizzo approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati nella seduta del 31 maggio 2011;
  2. la nota della Centrale Agenzia delle Dogane prot. N. 84920 del 07/09/2011 che, in ordine al concetto di introduzione, ha ribadito la validità del disposto di cui al comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008 e delle disposizioni da essa già impartite, tra le quali, prevalentemente, quelle di cui alla nota prot. 22321 del 24/02/2009.

 

 La VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati

La “questione” dei depositi Iva ha assunto una tale importanza da costituire oggetto sia di studio da parte del Parlamento Italiano, cui è seguita una modifica dell’art. 50 bis del D.L. 331/93, sia di interrogazione alla Commissione Europea .

In sede parlamentare, le fasi di studio, propedeutiche alla citata modifica, sono state:

–       l’audizione in Commissione Finanza della Camera del Direttore Centrale dell’Agenzia delle Entrate dott. Attilio Befera  il quale, con riferimento agli aspetti di competenza dell’Agenzia delle Entrate relativi all’assolvimento dell’IVA nazionale al momento dell’estrazione dei beni dai depositi IVA mediante autofattura, ha segnalato che la fattispecie costituisce un’operazione “neutrale”, nella quale l’imposta è assolta mediante la sua contemporanea registrazione tra le operazioni a debito ed a credito, nonché nell’ottica di addivenire ad una soluzione di favore per i contribuenti ha ritenuto possibile prescindere dall’obbligo di transito fisico dei beni attraverso il deposito IVA, ad esempio tutte le volte in cui questo passaggio fosse oggettivamente impossibile;

–       l’audizione in Commissione Finanze della Camera del Direttore della Direzione Interregionale per la Calabria e la Campania dell’Agenzia delle Dogane, dott. Alberto Libeccio, il quale ha rappresentato che, sin dal 2009, quella Direzione Interregionale, nell’intento di adeguare le misure di repressione e prevenzione a fronte del sempre più crescente fenomeno della sottofatturazione e che dall’esame dei dati dei primi tre mesi del 2010 aveva verificato che quel fenomeno si accompagnava ad un massiccio ricorso al regime 45 – introduzione in deposito IVA utilizzato da ditte irregolari o inesistenti che ponevano in essere frodi di ogni genere, comprese le frodi cosiddette “carosello”, nonché il fittizio utilizzo del deposito IVA. E’ emblematico il riferimento alle ditte cinesi fatto a pag. 3 della relazione in esame che: “le analisi condotte a livello nazionale dall’Ufficio Centrale Antifrode hanno confermato che oltre il 60 % del flusso merceologico riferibile ai capitoli 61 e 62 della tariffa, di origine cinese introdotto nello Stato attraverso valichi della DID di Napoli veniva dichiarato, nel 2010, al regime 45 ……. E’ emerso dall’analisi che nella maggior parte dei casi le ditte che facevano ricorso a tale regime erano senza storia fiscale e destinate a sparire nel giro 6/9 mesi, dopo aver effettuato una mole considerevole di operazioni e di aver beneficiato di un differimento del pagamento dell’IVA, che poi non veniva assolta.”

(Da questo utilizzo fraudolento del deposito IVA, osservano i sottoscritti, certamente sono da escludere le ditte “esistenti”, con una meritevole storia nell’economia del nostro Paese,  e che hanno sempre correttamente adempiuto a tutti gli obblighi fiscali);

–       l’audizione in Commissione Finanza della Camera del Direttore Centrale dell’Agenzia delle Dogane , dott. Giuseppe Peleggi il quale, nel confermare tutte le disposizioni emesse dall’Amministrazione, tra le quali si pone l’accento sulla nota n. 22321 del 24 febbraio 2009, e della validità della novità introdotta dal comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008, ha anch’egli posto l’accento sul contrasto di comportamenti elusivi e costituenti illeciti e sulla necessità di un’efficace azione di contrasto alle attività che costituiscono i profili patologici del sistema;

–       la discussione in Commissione Finanze della Camera si è conclusa con l’approvazione di approvato una risoluzione che, fatte le considerazioni qui si seguito riassunte:

  • considerato che l’orientamento assunto dall’Amministrazione Finanziaria, benché motivato dall’esigenza di contrastare taluni gravi fenomeni di elusione ed evasione tributaria, sta comportando “conseguenze potenzialmente deleterie, sul piano economico e finanziario, anche per la grande massa degli operatori onesti” e che sussiste “il concreto rischio di una duplicazione dell’IVA sulla base del medesimo presupposto impositivo sostanziale”;
  • ritenuto che alla luce dei principi a quali si ispirano l’ordinamento tributario l’imposta deve ritenersi assolta attraverso il meccanismo dell’inversione contabile al momento dell’estrazione dei beni dal deposito IVA e che a favore di tale tesi ricorre anche l’art. 6, comma 9 bis, terzo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997 che prevede che laddove l’IVA sia stata assolta, ancorché irregolarmente …….., fermo restando il diritto alla detrazione è prevista una sanzione amministrativa del 3 % dell’imposta irregolarmente assolta;
  • riconosciuta la validità della risoluzione n. 440/E del 12 dicembre 2008 , che evidenzia la assoluta diversità tra il deposito doganale e quello IVA;
  • ritenuta l’opportunità di valorizzare la possibilità, di utilizzare i depositi doganali di tipo E, di cui all’art. 525, par. 2, lett. b) del Reg. CE 2454/93, quali depositi IVA, i quali assicurano la massima flessibilità operativa per il depositario, permettendo di fruire del regime del deposito doganale senza che le merci debbano essere immagazzinate in un locale preventivamente riconosciuto come deposito doganale. [1];
  • è necessario tenere conto delle norme di cui agli artt. 1766 e seguenti del c.c. e di cui all’art. 16, comma 5 bis, del D.L. n. 185/2008 che danno prioritario rilevo alla funzione e alla qualità professionale del depositario, mettendo in secondo piano il luogo in cui tale funzione viene espletata[2]
  • valutata l’opportunità di subordinare l’operazione di immissione in libera pratica di beni destinati a deposito IVA ai soggetti di fiducia dell’Amministrazione, ovvero previa prestazione di garanzia, da svincolare soltanto quando sia stata provato il corretto assolvimento dell’IVA all’estrazione con il metodo del reverse charge, ritenuto valido metodo di assolvimento dell’imposta interna;

 

–       impegna il Governo ad emettere un atto legislativo, ovvero amministrativo, volto a chiarirne definitivamente gli aspetti.

In parziale attuazione dell’atto di indirizzo della VI Commissione è stato emanato il D.L. 13/05/2001 n. 70 (decreto sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, che all’art. 7, comma 2° punto cc ter[3], che, riprendendo i principi in quell’atto indicati, in particolare ha aggiunto al comma 6 dell’art. 50 bis del D.L. 331/93, infine, il seguente periodo: “fino all’integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all’estrazione comunica, altresì, al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell’imposta di cui al presente comma ….omissis….”

La modifica in questione, introdotta dopo la risoluzione della VI Commissione Finanze della Camera, ha dunque affrontato la problematica dei depositi IVA sorta a seguito delle sentenze nn. 12262/10 e seguenti della Corte di Cassazione, ed ha confermato la validità dell’assolvimento dell’imposta con il metodo del reverse charge e delle disposizioni di cui al comma 5 bis, dell’art. 16 del D.L. 185/2008, per invero mai abrogate. 

L’Agenzia delle Dogane, in ordine alla citate modifiche normative, ha emesso la recente nota n. 84920/RU del 07/09/2011  che

–       ribadisce la validità della circolare n. 16/D del 28/04/2006 e della direttiva n. 7521 del 28/12/2006 che dispongono la necessità di introduzione della merce nel deposito IVA senza che fosse necessario lo scarico dagli automezzi;

–       ribadisce la validità della direttiva n. 22321 del 24/02/2009 di commento alla norma di interpretazione autentica recata dal comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008, convertito dalla legge 02/2009;

–       riconosce (a pag. 6, secondo periodo) la validità dell’assolvimento dell’imposta con il metodo del reverse charge, purché, il soggetto che provvede all’estrazione dia prova “dell’espletamento degli adempimenti previsti in materia di IVA ai fini della liquidazione dell’imposta, fornendo documentazione dell’avvenuta registrazione dell’autofattura nella propria contabilità”.

La nota testualmente recita:

 “….

Ciò premesso, si fa seguito alle disposizioni contenute nella circolare 16/D del 28 aprile 2006 e nelle direttive prot. nn. 7521 e 22321 R.U., datate rispettivamente 28/12/2006 e 24/02/2009, relative all’argomento, per fornire i preannunciati indirizzi operativi.

Preliminarmente, si ribadiscono le disposizioni emanate con la citata direttiva 22321 del 24/02/2009 di commento alla norma di interpretazione autentica recata dall’articolo 16, comma 5 bis, del D.L. 185 del 2008, convertito dalla Legge 185 del 2008.

 

….

Le immissioni in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un deposito I.V.A. sono effettuate, infatti, senza applicazione dell’I.V.A. sulla base di una dichiarazione dell’importatore circa la destinazione dei beni, dal momento che il relativo onere viene assolto solo successivamente, al momento dell’estrazione dal deposito stesso dai soggetti passivi agli effetti I.V.A. con il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).

…..

Ai fini dello svincolo della garanzia, in applicazione di quanto disposto dalla norma, il soggetto che procede all’estrazione dovrà dare prova dell’espletamento degli adempimenti previsti in materia di I.V.A. (cfr. art. 1 D.P.R. 100/1998) ai fini della liquidazione dell’imposta, fornendo documentazione dell’avvenuta registrazione dell’autofattura nella propria contabilità.”

 

In Commissione Europea è stata posta il 15 giugno 2011 un’interrogazione con risposta scritta nella quale venivano posti gli stessi quesiti rappresentati in Parlamento. La Commissione Europea nella sua risposta ha ribadito che l’IVA diventa esigibile soltanto quando la merce viene estratta dal deposito IVA per l’immissione in consumo nello Stato membro ove è ubicato il deposito.

gianni gargano

francesco pagnozzi


[1]La possibilità concessa ai titolari di autorizzazione a gestire il deposito doganale di tipo “E” (che non prevede la necessità di un magazzino fisico) anche quale deposito IVA non era prevista nella normativa previgente al decreto 70/2011, in quanto l’Amministrazione con tutte le istruzione diramate aveva sempre richiesto che il deposito IVA prevedesse l’esistenza di un deposito fisico nel quale introdurre i beni, senza limiti di durata e senza che fosse necessario scaricarle dai mezzi di trasporto; condizioni sufficienti a garantire le funzioni di stoccaggio e custodia. Ciò vuol dire che i titolari di depositi “E”, dovevano, prima della norma in commento richiedere una specifica autorizzazione a gestire un deposito IVA in ben identificato luogo fisico.

[2] tale principio è già stato accolto anche dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli nelle sentenze nn. 167, 168, 169, 170, 171, 172 e 173 della sezione 45^

[3] cc-ter) all’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331,convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al comma 1: 1.1) alla lettera a), dopo le parole: «depositi fiscali» sono inserite le seguenti: «di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni»; 1.2) alla lettera b), dopo le parole: «depositi doganali» sono inserite le seguenti: «di cui all’articolo 525, secondo paragrafo, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni»; 2) al comma 3, secondo periodo, dopo le parole: «dei beni dal deposito» sono inserite le seguenti: «, ivi compresi quelli relativi ai dati di cui al comma 6, ultimo periodo,»; 3) al comma 4, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta. La prestazione della garanzia non è dovuta per i soggetti certificati ai sensi dell’articolo 14-bis del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni, e per quelli esonerati ai sensi dell’articolo 90 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43»; 4) al comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fino all’integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all’estrazione comunica, altresì, al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell’imposta di cui al presente comma, anche ai fini dello svincolo della garanzia, di cui al comma 4, lettera b); le modalità di integrazione telematica sono stabilite con determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle entrate»; (art. 7 – comma 2° – lett. cc-ter -D.L. 70/2011)

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