Diritto di confine o no l’IVA non si sdoppia

Non c’è niente da fare, bisogna riconoscere che l’IVA all’importazione è un diritto di confine rientrante nelle ipotesi di cui al 2° comma dell’art. 34 del TULD, in quanto imposta di consumo.

E ciò senza che questa circostanza configuri due diverse imposte: una interna e l’altra all’importazione.

In ogni caso essa resta un’imposta neutrale ed unica.

iva

Essa non veniva ricompresa tra le imposte di consumo quando si applicava solo per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un imprenditore nell’esercizio della sua attività, ovvero da esercenti arti e professioni nei confronti di imprese.

Questo concetto, all’epoca dell’introduzione dell’IVA, era stato ripreso anche dalla Cassazione nella sentenza n. 117/1985 che escludeva che l’imposta potesse essere considerata alla stregua di un’imposta di consumo in favore dello Stato.

L’orientamento della Suprema Corte è definitivamente mutato nel senso di ritenere, invece, l’IVA un’imposta di consumo, diritto di confine all’importazione.

D’altronde la Direttiva CEE n. 2006/112/CE, relativa al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, all’art. 1, secondo paragrafo, la definisce un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi.

Così, da ultimo, la sentenza della Cassazione n. 42161/10 del 07/10/2010 della 3° sez. penale che, con riferimento proprio all’art. 34 del TULD, ribadisce che “l’IVA dovuta all’importazione è, quindi un diritto di confine, avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta alla Dogana in occasione della relativa operazione di importazione”.

La sentenza, in sintesi, ritiene che l’imposta sia da annoverare tra i diritti di confine quando la merce sia dichiarata per l’importazione definitiva ovvero qualora sia sottratta al controllo doganale nelle ipotesi indicate nell’art. 203 del CDC, che considera debitori dell’imposta:

“-     la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale;

–       le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale;

–       le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce sottratta al controllo doganale e,

–       se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata”.

Insomma, come affermato anche dalla Corte di Giustizia Europea, le cui pronunce sono vincolanti per il giudice nazionale, una irregolarità che comporti la sottrazione della merce alla sorveglianza doganale, la fa rientrare nel regime della “importazione” e l’IVA un diritto di confine.

In conclusione, se l’imposta è dovuta all’importazione, è da ritenersi un diritto di confine e le sanzioni da applicare saranno quelle amministrative, ovvero quelle penali previste dal TULD.

Qualora invece, l’imposta non sia dovuta in dogana in quanto non ricorre alcuna delle ipotesi che configurano l’operazione quale importazione definitiva (destinazione doganale o sottrazione alla sorveglianza), allora le sanzioni saranno quelle previste dal D. Lgs. 471/92.

L’imposta è sempre la stessa, unica e neutra.

Cambiano soltanto il regime sanzionatorio ed il soggetto (Agenzia delle Dogane ovvero quella delle Entrate) tenuto a riscuoterla.

gianni gargano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *