Le incompiute – la rappresentanza fiscale assunta dal gestore del deposito IVA

Può apparire come una provocazione. O come un’esagerazione.

Ma non è così.!

Qualche giorno fa ha fatto rumore la risoluzione n. 180/E dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, avente ad oggetto un’istanza di interpello in materia di depositi Iva.

Ed “Il Sole 24 Ore” del giorno successivo (l’11 luglio) ne pubblicava un commento di Renato Portale.

E’ apparsa ai più un fatto nuovo.

In effetti non era così: la storia è vecchia!.

Tenute in disparte tutte le notazioni contenute nella risoluzione in ordine ai soggetti che possono assumere la veste di gestori dei depositi Iva ed in ordine alle modalità di rilascio delle relative autorizzazioni, (argomento trito e ritrito), vale soffermarsi su due punti che l’Agenzia delle Entrate ha esposto con semplicità e chiarezza.

I due punti sono i seguenti:

1) il titolare del deposito Iva assume la rappresentanza fiscale del soggetto non residente, a norma dell’articolo 50 bis, comma 7, del D.L. n. 331 del 1993, ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti nel deposito, qualora il soggetto non residente non abbia già nominato un rappresentante fiscale, in base al secondo comma dell’articolo 17 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero non abbia provveduto all’identificazione diretta, ai sensi dell’articolo 35-ter dello stesso D.P.R. Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 44, comma 3, secondo periodo, del D.L. n. 331, se sono effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta (come nel caso dell’introduzione dei beni in un deposito IVA o delle successive cessioni dei beni all’interno dello stesso) la funzione di rappresentante fiscale può essere limitata all’esecuzione degli obblighi relativi lla fatturazione delle operazioni intracomunitarie e alla compilazione degli elenchi intrastat;

2) l’acquisto intracomunitario (l’interpello si riferiva proprio a merce oggetto di acquisto intracomunitario, da introdurre nel deposito IVA) eseguito mediante introduzione dei beni nel deposito Iva dovrà essere formalizzato dal depositario, in qualità di rappresentante fiscale del soggetto non residente, al momento dell’introduzione stessa, con l’integrazione della fattura comunitaria secondo le disposizioni dell’articolo 46, comma 1, del D.L. n. 331, indicando in luogo dell’imposta la causa di “non pagamento” ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera a) del citato decreto.

In effetti già così si era espressa la prevalente dottrina.

Già nel 2002 (vigente, cioè, il vecchio testo del comma 7 in questione), infatti, Benedetto Santacroce nel suo “I depositi Iva”, a pag. 35, con riferimento al caso dell’introduzione da parte di operatore comunitario, così si esprimeva:

“ ..Se il soggetto che richiede di introdurre i beni in deposito è un soggetto comunitario identificato ai fini IVA in un altro Stato membro, il depositario deve, immediatamente e, comunque, ancor prima di introdurre le merci in deposito, richiedere al depositante se ha una posizione IVA in Italia: Nel caso in cui l’operatore comunitario non abbia in Italia nessuna posizione IVA o non abbia nominato un proprio rappresentante fiscale ai sensi del combinato disposto dell’art. 17, comma 2, e dell’art. 53 del D.P.R. 633/72, deve, dapprima, rappresentare al depositario che per introdurre la merce deve identificarsi in Italia ovvero nominare in Italia un rappresentante fiscale e può, successivamente, lui stesso proporsi quale rappresentante fiscale dell’operatore comunitario.

A questo proposito si sottolinea che il depositario, ai sensi dell’art. 50-bis del D.L. 331/93, può assumere la veste di rappresentante fiscale “leggero” per l’esecuzione delle operazioni intracomunitarie realizzate dall’operatore comunitario in regime di deposito.

La posizione di rappresentante fiscale “leggero”, come indicato chiaramente dall’art. 44, comma 3, del D.L. 331/93, consente al depositario di regolarizzare le operazioni di acquisto intracomunitario realizzate dal rappresentato-depositante con introduzione dei beni in deposito, ponendo in essere i seguenti adempimenti:

· conservazione ed integrazione, ai sensi dell’art.46 del D.L. 331/93, della fattura intracomunitaria emessa dal rappresentato nei suoi confronti, in qualità di rappresentante fiscale. L’integrazione consiste nella determinazione dell’imponibile IVA, comprendente anche le eventuali spese di assicurazione e trasporto, e con l’indicazione in fattura che l’operazione non è assoggettata ad imposta in base all’art. 50 bis del D.L. 331/93;

· predisposizione e presentazione in dogana dell’elenco riepilogativo delle operazioni intracomunitarie (modello Intra 2 e 2-bis). Il modello riporterà chiaramente quale fornitore del bene l’operatore comunitario e quale acquirente responsabile il depositario nella sua qualità di rappresentante. La natura della transazione dovrà essere quella di acquisto intracomunitario (codice 1)”:

 

E’ perciò lecito affermare che il titolare di deposito IVA, può assumere la veste di rappresentante fiscale di soggetti non residenti, nei limiti di cui all’art. 44 comma 3 – secondo periodo – del D.L. 331/93, ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti nei depositi stessi.

E ciò richiedendo l’attribuzione di un numero di partita IVA unico per tutti i soggetti passivi non residenti da esso rappresentati (art. 50 bis, comma 7 D.L. 331/93).

Le modifiche apportate al comma 7 dell’art. 50 bis del D.L. 331/93, dall’art. 2, comma 1, lett. b) del D.lgs. 19.06.2002, n. 191, entrato in vigore il 31.08.2002, hanno, infatti, finito col riscrivere del tutto la norma.

Si espone, pertanto, qui di seguito il regime vigente prima e dopo l’entrata in vigore del nuovo testo del comma 7 in commento.

 

 

Il testo del comma 7 dell’articolo 50 bis in vigore fino al 31/08/2002.

 

Fino al 31/08/2008 il testo del comma 7 dell’art. 50 bis era il seguente:

 

“Nei limiti di cui all’articolo 44, comma 3, secondo periodo, i gestori dei depositi IVA assumono, qualora non sia stato già nominato un rappresentante fiscale, la veste di rappresentanti fiscali dei soggetti passivi di imposta identificati in altro Stato membro ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni intracomunitarie concernenti i beni introdotti nei suddetti depositi”.

 

L’art. 50 bis, nella veste indicata, consentiva al titolare del deposito IVA di assumere la rappresentanza fiscale leggera di soggetti comunitari ai soli fini degli adempimenti afferenti le operazioni intracomunitarie di cui agli artt. 37 e seguenti del D.L. 331/93.

Le operazioni, cioè, che il rappresentante fiscale poteva compiere, in nome e per conto del rappresentato, vigente la precedente normativa, erano le seguenti:

a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in deposito IVA (art. 50 bis – comma 4° – lett. a);

b) le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro stato membro della Comunità Economica Europea (art. 50 bis – comma 4° – lett. f).

Nel primo caso l’acquisto intracomunitario, realizzato dal titolare del Deposito IVA per conto di soggetto comunitario non identificato in Italia si caratterizza per il fatto che i beni, provenienti da un altro stato membro, giunti in Italia sono introdotti nel suo deposito IVA.

La procedura è la seguente:

1) il rappresentante fiscale, titolare del deposito IVA, deve integrare la fattura di acquisto emessa da parte del cedente comunitario indicando direttamente sul documento estero, con l’indicazione che l’operazione è effettuata senza pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 50 bis, comma 4°, lett. a) D.L. 331/933;

2) egli deve presentare l’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari (modello Intra 2 e 2 bis);

3) all’atto dell’introduzione in deposito il depositario deve registrare la fattura di acquisto, integrata secondo le indicate modalità, sul registro di cui al D.M. 419/97 (registro di magazzino del deposito IVA).

Nel caso prospettato il depositario resta rappresentante fiscale leggero, in quanto l’operazione posta in essere non ha comportato alcun debito di imposta, così come richiesto dall’art. 44 – 3° comma – 2° periodo del D.L. 331/93.

 

Nel secondo caso, la cessione intracomunitaria comporta l’estrazione dal deposito IVA a cura del rappresentante fiscale, titolare del deposito IVA che, per conto del suo mandante comunitario cede i beni ad un soggetto identificato in altro stato membro della Comunità.

Il rappresentante fiscale dovrà rispettare la seguente procedura:

 

a) emissione di una fattura intracomunitaria, ai sensi dell’art. 46 del D.L. 331/93, contenente, quale motivo di non imponibilità, il riferimento all’art. 41 del D.L. 331/93;

b) predisposizione e presentazione in dogana dell’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie (modello intra 1 e 1 bis).

 

Il testo del comma 7 dell’articolo 50 bis in vigore dal 31/08/2002 .

 

Dal 31/08/2002 l’art. 2 del DLgs. n. 191/2002 ha così modificato, l’art. 50 bis, comma 7 del D.L. 331/93

“Nei limiti di cui all’articolo 44, comma 3, secondo periodo, i gestori dei depositi IVA assumono la veste di rappresentanti fiscali ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti negli stessi depositi, qualora i soggetti non residenti, parti di operazioni di cui al comma 4, non abbiano già nominato un rappresentante fiscale ovvero non abbiano provveduto ad identificarsi direttamente ai sensi dell’articolo 35 ter del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. In relazione alle operazioni di cui al presente comma, i gestori dei depositi possono richiedere l’attribuzione di un numero di partita IVA unico per tutti i soggetti passivi d’imposta non residenti da essi rappresentati”.

 

La nuova versione del comma 7 dell’art. 50 bis, attribuisce al gestore del deposito IVA la facoltà di assumere la rappresentanza fiscale anche di soggetti residenti in paesi terzi, essendo stato soppresso il riferimento ai soggetti comunitari di cui alla precedente versione.

Va, sulla interpretazione del disposto dell’articolo 50 bis, così come modificato dall’articolo 2 delle legge 191/2000, subito evidenziato:

· che, diversamente dalla precedente versione il riferimento all’articolo 44, comma 3, secondo periodo, non è fatto al solo scopo di consentire al depositario di assumere la rappresentanza fiscale “ leggera “ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni intracomunitarie concernenti i beni introdotti nei suddetti depositi”, ma il nuovo testo del comma 7 dell’articolo 50 bis consente al depositario di porre in essere, restando sempre rappresentante leggero, tutte le operazioni elencate al comma 4;

· che il titolare del deposito IVA, può assumere la rappresentanza fiscale dei soggetti esteri, suoi clienti,.parti di operazioni di cui al comma 4 dell’art. 50-bis, che sono:

a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA;

b) le immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA;

c) le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA;

d) le cessioni di beni custoditi in un deposito IVA;

e) le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;

f) le cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea;

g) i trasferimento dei beni in altro deposito IVA.

Anche, quindi le immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA, espressamente previste alla lettera b) del comma 4 dell’art. 50 bis.

Al fine di porla correttamente in essere, il titolare del deposito Iva, rappresentante fiscale, dovrà .

a) qualificarsi come rappresentante fiscale del dichiarante, facendone menzione nella casella 8 della dichiarazione d’immissione in libera pratica, con un’indicazione del tipo ……….., quale rappresentante fiscale ai fini Iva del soggetto estero………………….., in virtù del disposto del comma 7 dell’art. 50 bis del D.L. 331/93 P..IVA n. ………………, all’uopo attribuitale dall’Ufficio di ……………

b) giunta la merce presso il deposito Iva, prenderla in carico sull’apposito registro di magazzino;

c) restituire alla dogana un esemplare della bolletta d’immissione in libera pratica, debitamente annotato degli estremi della presa in carico sul registro di cui al punto sub b). Da quel momento, la responsabilità del debito d’imposta si trasferisce in capo al depositario, il quale ne risponderà in caso di mancata o irregolare applicazione dell’imposta relativa all’estrazione, qualora non risultino osservate le prescrizioni relative alle modalità di tenuta e conservazione del registro di cui al D.M. 419/97.

 

Introdotta in deposito Iva la merce potrà, poi, essere destinata:

– all’immissione in consumo nel territorio nazionale, nel qual caso sconterà l’imposta con emissione di autofattura, o fattura integrata, il soggetto che procede all’estrazione.

– all’esportazione verso paesi terzi; ove, nella bolletta d’esportazione, si qualificherà rappresentante fiscale, secondo le modalità indicate al punto sub a);

– ai mercati comunitari (cessione intracomunitaria),.provvedendo ad emettere fattura in nome e per conto del mandante.

 

Si rappresenta ancora che l’indicazione contenuta nell’articolo 50 bis che “ i gestori dei depositi Iva assumono la veste di rappresentanti fiscali, ma esclusivamente nei limiti di cui all’art.44 c. 3 (operazioni intracomunitarie) ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni dei beni introdotti negli stessi depositi,…….”:, non può che essere intesa, sintatticamente, nel senso di moto a luogo e non di stato in luogo. Il riferimento è fatto alla merce da introdurre e non alla merce giacente in deposito. E’, infatti, concettualmente e giuridicamente impossibile porre in essere le seguenti operazioni, per merce giacente in deposito Iva:

– gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva, di cui al comma 4, lettera a);

– le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva (comma 4, lettera c));

– le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito Iva (comma 4, lettera b)).

Va sottolineato che l’Amministrazione resiste a riconoscere che l’immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in deposito Iva sia un’operazione diversa dall’importazione definitiva in virtù delle modifiche apportate alla VI direttiva di base sull’Iva dalla direttiva Comunitaria n. 2000/65/CEE, recepita dal decreto legislativo 19 giugno 2002, n. 191.

Tali modifiche si sono rese necessarie a seguito dell’istituzione, a livello comunitario, dei depositi Iva, ai fini di semplificazione e per consentire una più agevole circolazione delle merci comunitarie, nonché della loro parificazione a quelle provenienti da Paesi terzi, che beneficiavano della sospensione dalla riscossione dei diritti doganali, Iva compresa, se introdotte nei depositi doganali privati, che sono un istituto diverso, disciplinato agli articoli 98 e seguenti del CDC.

 

Corre, pertanto, l’obbligo di dimostrare che l’operazione d’immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in deposito Iva ha natura sua propria.

Essa non è né un’importazione definitiva così come definita all’articolo 67 del decreto Iva.

Il concetto di “importazione” viene definito dal diritto doganale nazionale (T.U.L.D.).

Perché la merce estera, proveniente da paesi terzi, possa considerarsi “importata” – e non solo immessa in libera pratica – è necessario che:

– si verifichi il presupposto dell’operazione tributaria doganale della sua immissione in consumo nel territorio dello Stato (art. 36);

– venga presentata apposita dichiarazione di importazione definitiva (art. 133).

Le merci estere, per le quali si siano verificate entrambe le condizioni indicate, si dicono “nazionalizzate” e sono equiparate a quelle nazionali (Art. 134).

Il Decreto IVA, invece, definisce l’importazione all’art. 67, che ribadisce gli stessi concetti ed il cui testo originario è stato modificato, prima, in occasione dell’abbattimento delle barriere doganali avvenuta l’1/01/1993 (D.L. 331/93), e, poi, con la citata Legge 28/97.

Con l’abbattimento delle barriere doganali 1/1/1993) la norma è stata scritta nel seguente modo:

“Costituiscono importazioni le seguenti operazioni aventi per oggetto beni introdotti nel territorio dello Stato, che siano originari da paesi o territori non compresi nel territorio della Comunità e che non siano stati già immessi in libera pratica in altro paese membro della Comunità medesima…..omissis…:

a) le operazioni di immissione in libera pratica, con sospensione del pagamento dell’imposta qualora si tratti di beni destinati a proseguire verso altro stato membro della Comunità Economica Europea, ovvero ad essere immessi in un deposito non doganale autorizzato”.

 

Dal 14/03/1997, data di entrata in vigore della Legge 28/97 il testo dell’articolo 67 del decreto IVA, per la parte che qui interessa, è il seguente:

“Costituiscono importazioni le seguenti operazioni aventi per oggetto beni introdotti nel territorio dello Stato, che siano originari da paesi o territori non compresi nel territorio della Comunità e che non siano stati già immessi in libera pratica in altro paese membro della Comunità medesima…..omissis…:

a) le operazioni di immissione in libera pratica, con sospensione del pagamento dell’imposta qualora si tratti di beni destinati a proseguire verso altro Stato membro della Comunità economica europea

b) …omissis….

(Con il nuovo testo è stato soppresso l’inciso “ovvero ad essere immessi in deposito doganale non autorizzato”, presente nel testo previdente)

 

Sono, pertanto, da considerare importazioni ai fini IVA, soltanto:

1) le operazioni di immissione in libera pratica, purché riguardino beni introdotti nel territorio dello Stato, cioè immessi in consumo in Italia; cioè, ancora, dichiarati in dogana per l’importazione definitiva;

2) le operazioni di immissione in libera pratica, in sospensione d’imposta, di beni destinati a proseguire verso altro stato membro della Comunità economica europea.

Mentre le operazioni di immissione in libera pratica, per merce destinata ad essere introdotta in deposito IVA, non sono più qualificate “importazioni”, ai fini dell’IVA, così come definite all’art. 67 del Decreto IVA.

 

Esse sono, invece, operazioni effettuate senza pagamento dell’imposta, così come ribadito espressamente dall’art. 50 bis comma 4° lett. b).

L’immissione in libera pratica di merce destinata all’introduzione in deposito IVA, perciò:

– non può considerarsi “un’importazione”, né ai fini doganali, né ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;

– resta tale (immissione in libera pratica), e non si configura in nessun caso come una importazione. L’IVA non più dovuta in Dogana per effetto della modifica apportata all’art. 67 del Decreto IVA dalla Legge 28/97, non è più da considerarsi un diritto doganale, così come definito all’art. 34 del TULD (“si considerano diritti doganali tutti quelli che la Dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge”)

gianni gargano

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