La responsabilità del depositario mi pare eccessiva

La modifica apportata all’articolo 50 bis dalla Legge n. 106/2011, di conversione del D.L.n. 70/2011, sta creando delle difficoltà di interpretazione in particolare con riferimento ai controlli che il titolare del deposito Iva è tenuto a fare sulla contabilità Iva del soggetto che procede all’estrazione.

E tutto al fine di consentire lo svincolo della garanzia del soggetto che, immessa in libera pratica la merce, la ha introdotta nel deposito stesso.

E, si badi, il soggetto che procede all’estrazione può ben essere diverso da quello cha ha provveduto all’introduzione della merce, per effetto delle eventuali vendite a catena poste  in essere legittimamente all’interno del deposito.

Con la conseguenza che il depositario dovrebbe verificare la contabilità Iva di un soggetto diverso da quello che ha introdotto la merce.

E per essere certo di aver tenuto il comportamento più cautelativo per la propria azienda, dovrebbe verificare l’esistenza del soggetto che procede all’estrazione con tutti i mezzi possibili (visure camerali e simili).

Certo, però,  il gestore del deposito Iva non può essere delegato dalla amministrazione finanziaria a porre in essere delle verifiche alle quali essa soltanto è deputata.

Per cui il gestore del deposito Iva non potrebbe fare altro che sottoporre alla valutazione della Dogana la documentazione che gli è stata esibita.

C’è la solidarietà dell’imposta!

Scherziamo?

E poi, ricevuta l’autofattura ed emesso un documento di consegna all’estrazione, la merce deve essere consegnata dal titolare del deposito Iva al soggetto che procede all’estrazione. Mica è previsto il diritto di ritenzione della merce fin quando non viene prodotta al povero gestore del deposito Iva la documentazione che egli dovrebbe verificare.

E se svincolata la merce, poi la documentazione non è “buona”, chi paga?

Altra considerazione.

Ma da tutto l’impianto della legge e da tutte queste misure volte a cautelare l’Amministrazione che il soggetto che procede all’estrazione dal deposito Iva “esista”, non sta a significare che il reverse charge, correttamente posto in essere, costituisce assolvimento dell’imposta?

Come ha sempre sostenuto l’Agenzia delle Entrate?

E allora, riflettiamo ancora una volta, ma per poco, su alcuni aspetti della Sentenza  della Suprema Corte di Cassazione 12262 10 del 15 aprile 2010, e successive, (ma tutte riferite allo stesso giudizio).

E in particolare  che l’autofattura emessa per l’ uscita delle merci da un deposito Iva  costituisce un operazione neutra di compensazione dell’Iva nazionale a debito con quella a credito, (senza tener in alcun  conto che, poi, all’atto della rivendita, in mancanza di credito Iva preesistente, l’intera imposta deve necessariamente essere versata o portata in diminuzione di un precedente credito e che, perciò, una sua ulteriore richiesta costituirebbe necessariamente duplicazione dell’imposta).

Tutto è possibile:

Anche non essere d’accordo con la Suprema Corte di Cassazione.

D’altronde si può essere d’accordo con la seguente affermazione contenuta in Sentenza?:

“la responsabilità solidale della ricorrente (leggi gestore del Deposito Iva) nasce, infatti dalla irregolare gestione del deposito Iva, che ha consentito agli importatori, attraverso mere registrazioni, di attraversare il confine senza il pagamento dei dazi e iva all’importazione, restando in possesso della merce non depositata, sulla quale ha corrisposto soltanto l’Iva in autofattura, di cui si è detto”.

I dazi, almeno, saranno stati corrisposti!

O no?

gianni gargano

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