Ancora sull’ordine di servizio 25/2010

massimook

Però l’ordine di servizio n. 25/2010 della Direzione Interregionale per la Calabria e la Campania riconosce che il metodo dell’inversione contabile (reverse charge) costituisce assolvimento dell’imposta (la Cassazione, nella sentenza n. 12262/10, non l’ha riconosciuto, sempre, sufficiente).

Ricordiamo che il metodo del reverse charge consiste nell’indicare l’imposta sull’autofattura, o sulla fattura integrata, per poi registrarla sia sul registro degli acquisti che in quello delle fatture emesse. L’imposta a debito sarà, cioè, compensata da quella a credito ed il risultato sarà pari a zero. Il soggetto che avrà adottato il reverse charge non avrà versato alcunché, ma non avrà neanche alcun credito, con la conseguenza che all’atto della vendita l’imposta incassata sarà riversata pari pari allo Stato, ovvero portata in diminuzione di un eventuale credito.

In quale momento della vita dell’azienda sarà venduta proprio la merce estratta dal deposito ed oggetto di autofattura?

A nessuno è dato di saperlo!

Infatti essa può essere venduta il giorno stesso, oppure, addirittura dopo qualche anno, restando tra le “rimanenze” dell’azienda, apposte in bilancio tra l’attivo circolante.

L’unico obbligo al quale è tenuto l’imprenditore è il regolare adempimento di tutto quanto disposto dalla normativa IVA.

Solo quando quella merce sarà venduta, l’eventuale IVA riscossa (ben potendo la merce essere oggetto di esportazione, ovvero di cessione intracomunitaria, ipotesi nelle quali l’imposta non deve essere addebitata in fattura)  confluirà nella liquidazione di quel periodo.

E’ corretto quindi ritenere assolta l’imposta con il metodo del reverse charge qualora siano rispettate tutte le regole del decreto IVA.

Solo che, se la Dogana dovesse ritenere di  verificare se quella merce è stata già oggetto di vendita e, quindi, se la fattura emessa sia confluita regolarmente nella liquidazione del periodo o in quella annuale, dimostrerebbe di non aver tenuto conto di quanto osservato e, cioè, che la merce confluisce indistintamente nel circuito aziendale e che, pertanto, quella verifica, ritenuta possibile, in effetti non lo sarebbe.

Quindi, ripeto, assolti gli obblighi IVA si deve ritenere assolta l’imposta con il metodo del reverse charge.

Resta un interrogativo.

Ma è competenza della Dogana appurare la singola bolletta mediante la verifica dei versamenti, delle liquidazioni periodiche o della dichiarazione annuale IVA?

In generale la Dogana ha il diritto di fare verifiche IVA come, d’altronde, ogni altro ufficio del Ministero delle Finanze.

Qualche dubbio resta nel caso specifico ove si vorrebbe svincolare un’eventuale garanzia, prestata, tra l’altro, singolarmente per ogni singola operazione, solo in seguito alla “presentazione della dichiarazione annuale IVA o, in alternativa della liquidazione periodica risultante dai registri obbligatori tenuti dal proprietario/estrattore della merce e degli eventuali versamenti periodici ove dovuti.”

La Dogana appurerebbe così la correttezza dell’importatore senza, però, poter accertare che la merce oggetto dell’autofattura all’estrazione, sia stata  venduta e l’ Iva  ricompresa nelle liquidazioni, o dichiarazioni presentatale.

Per cui sembra inutile svincolare ogni singola garanzia previo quella verifica.

Per quanto attiene poi la garanzia richiesta all’immissione in libera pratica ,l’ordine di servizio pare non tener conto che il quell’occasione l’IVA in dogana non è dovuta per espressa previsione della norma che, recependo l’art. 157 della VI Direttiva IVA di base, ha modificato l’art. 67 del decreto IVA ed ha introdotto l’art. 50 bis nel D.L. 331/93, escludendo dalle importazioni le operazioni d’immissione in libera di beni destinati a deposito IVA.

L’art. 50 bis del D.L. 331/93, al quarto comma, infatti, testualmente recita:

“Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni:

a)    …….

b)    Le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA.

c)    ………..

E ciò a prescindere che l’IVA all’importazione sia considerata un diritto doganale (come tante Cassazione affermano), ovvero un diritto di confine (come la definiscono altre Cassazioni).

Infine, ci pare di capire, che la garanzia debba essere prestata per ogni singola operazione all’atto dell’immissione in libera pratica.

Allora se invece di immetterla in consumo nel territorio dello Stato, all’estrazione la merce sia destinata all’esportazione, ovvero a cessione intracomunitaria, cosa si deve presentare per svincolare la garanzia?

Dovrebbe essere sufficiente la bolletta d’esportazione, nel primo caso, e la fattura intracomunitaria (unitamente, al massimo, al modello intra).

La garanzia di cui si discorre, è ovviamente diversa da quella prevista dalla circolare 1241 che vale a trasferire la merce al deposito, da svincolare appena lo abbia raggiunto su presentazione della copia della bolletta d’immissione in  libera pratica munita dell’attestazione di presa in carico da parte del depositario.

gianni gargano

francesco pagnozzi

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