E’ ora di finirla

Tu andavi a scuola e dovevi studiare.

Se no quando eri promosso!

E poi a casa sai che casino!

E guai a parlar male dei professori:

Zitto tu! Che? Ti vuoi paragonare al professore!

E poi all’università.

Per prepararti un esame ci volevano uno o due mesi.

E spesso la frequenza era obbligatoria.

E come ti sentivi soddisfatto, leggero come una piuma, quando lo avevi superato con merito!

E così la nostra società è cresciuta!

Cinquant’anni fa circa eravamo poveri (ma belli) tutti: E tutt’insieme, senza accorgercene abbiamo messo su la nostra Nazione.

Ora siamo parte del G 7.

Che orgoglio!

E così, in quegli anni, nell’amministrazione finanziaria, della quale ho fatto parte fino al 1985, c’erano funzionari, capi, che provenienti da quella scuola e da quella università e vincitori – per merito – di concorsi veri, erano dei maestri.

All’altezza, se non di più, di professori universitari.

E le disposizioni che essi impartivano erano veri e propri libri di testo.

Ne ho ancora tante

Non erano spocchiose e cattive.

Ma utili alla vera comprensione di un istituto fiscale.

In dogana, poi, erano finalizzate a non ostacolare il commercio.

Quello di allora s’intende!

Ora non è più così:

Non c’è più la scuola:

Le lauree si conseguono su internet, dove gli esami sono “scritti”

I concorsi non si fanno più.

I capi non ci sono più.

E le circolari non sono più libri di testo per gli operatori.

Non tutte almeno.

Allora limitiamone l’uso.

Chè facciamo solo casino.

Come è stato in tema di depositi Iva, dove si sono espressi tutti dicendo le cose più disparate e, spesso, contraddittorie, e dove il dazio viene riscosso a monte e l’Iva a valle.

Dove perciò non c’è evasione.

L’evasione! Quella vera c’è! Ma a monte!

Quando non si dichiarano i valori veri o quando si dichiara una voce al posto di un’altra.

In quest’ultimo caso, però, purchè il camion abbia messo regolarmente il muso nel deposito, i dazi risulteranno riscossi nella misura “loro propria” e l’operazione apparrà corretta:

Allora lasciamo perdere circolari e risoluzioni.

Quello che vale, nel nostro Paese, sono le leggi e la giurisprudenza.

Appare perciò opportuno fare un breve cenno in ordine alla validità, generalmente riconosciuta, a queste circolari e risoluzioni.

Sulla debole capacità di “persuasione” delle istituzioni ministeriali, in verità la Cassazione aveva già avuto modo di esprimersi.

Nella sentenza n. 14619/00 infatti, la Sezione Tributaria, nell’affermare la parità tra amministrazione e contribuente di fronte alle norme tributarie, aveva sottolineato che: “la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituisce fonte di diritto”.

In quella occasione, però, i supremi giudici avevano salvato, quanto meno, l’efficacia endogena di atti “destinati ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, ma inidonei a incidere sul rapporto tributario”.

 

La recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 23031/07, depositata il 02/11/2007, ribadita dalla sentenza n. 237/2009 della Sezione tributaria, invece e senza mezzi termini, ha attribuito agli atti interni delle Agenzie Fiscali, un peso talmente relativo, che non é possibile nemmeno impugnarli innanzi al TAR ovvero ad un magistrato ordinario.

Con questa sentenza la Corte afferma addirittura la relatività delle circolari, non solo verso il contribuente, ma anche nei confronti degli “uffici gerarchicamente subordinati, ai quali non è vietato disattenderle”.

Insomma, circolari e risoluzioni sono solo “l’opinione di una parte del rapporto tributario che può essere discussa e disattesa dal giudice”, “tenuto anche conto che la materia tributaria è regolata soltanto dalla legge, con esclusioni di qualunque potere o facoltà discrezionale dell’amministrazione finanziaria (in questa prospettiva cfr. Cass. Sez. I, 25/03/1983, n. 2092 e 17/11/1995, n. 11931; Cass. Sez. V 10/11/2000, n. 14619 e del 14/07/2003, n. 11011)”.

L’implicita conferma della “inefficacia” delle interpretazioni ministeriali arriva addirittura dalla Consulta che, con sentenza n. 191, depositata il 14/06/2007, ha precisato che la risposta all’interpello, resa dall’amministrazione ai sensi dell’articolo 11 dello Statuto del Contribuente, deve considerarsi un mero parere, nelle ipotesi in cui vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle dette disposizioni.

Meno male!

Nonostante ciò…………

gianni gargano

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