Il silenzio degli innocenti

Il nostro Paese è stato sempre considerato la culla del diritto che origina, proprio, da quello romano. Chi l’ha studiato sa benissimo quali sono le Università che hanno formato i più grandi giuristi italiani e, tra queste, certamente quella di Napoli.

Non per nulla i vari Capozzi e Galli hanno formato moltissimi magistrati italiani.

Benché laureato in economia e commercio, anch’io ho studiato il diritto, con grandi professori come il prof. Cesaro e il prof. Cuomo.

Quindi il diritto di dire una parolina ce l’ho!

E’ mia intenzione, pertanto, di analizzare due fatti recentemente accaduti che attengono al significato ed alla funzione che si vuole dare alle sentenze della Suprema Corte di Cassazione, che costituiscono giurisprudenza ed interpretazione della norma, che appaiono invero strettamente collegate, ma che comunque attengono alla rispondenza delle decisioni al diritto relativo al caso esaminato.

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1. La sentenza 8481/10 della Sezione Tributaria della Suprema Corte attiene al principio stabilito dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza 18 dicembre 2008 nella causa C-349/07 – Sopropè / Facenda Pubblica, secondo la quale (principio accolto definitivamente nel nuovo Codice Doganale Comunitario), al soggetto sospettato di aver commesso un’infrazione doganale va concesso un termine, prima che venga emessa alcuna decisione, da otto a quindici giorni, per la presentazione di proprie osservazioni, che devono essere valutate dall’Amministrazione che ne deve dare comunicazione alla parte, derivandone, in caso contrario una violazione del diritto alla difesa.

La Cassazione, pur non dubitando, (e come avrebbe potuto, trattandosi di un diritto definito dalla Corte di Giustizia Europea “naturale” e, quindi al vertice delle fonti del diritto), rileva che “l’applicazione del principio ai processi in corso comporterebbe una generale caducazione di qualunque decisione sfavorevole all’importatore, con pesantissime ricadute su una fondamentale risorsa del bilancio comunitario” ritiene “che l’affidamento (non necessariamente determinato da comportamenti attivi degli organi comunitari) delle autorità doganali nazionali su una prassi comunitaria che non considerava necessario assicurare un contraddittorio nella fase amministrativa, non possa comportare, per le decisione assunte prima della sentenza Sopropè, l’invalidità di tali atti.”

In questo caso la Cassazione, per salvare le casse dello Stato, ha dichiarato valevole il principio della Sopropè solo dalla data del suo deposito, avvenuto il 18 dicembre 2008.

In virtù della necessità di non compromettere completamente le casse dello Stato tutti hanno accettato il principio (ovvero ingoiato il rospo) di ritenere una sentenza della Corte di Cassazione valida da un certo momento in avanti, benché non abbia che riaffermato un principio di diritto naturale.

2. Completamente invertito appare, salva diversa interpretazione dei Giudici Tributari o di altri Giudici, la cui indipendenza non può in alcun caso essere messa in discussione, l’interpretazione che vuol dare l’Amministrazione finanziaria all’agognata sentenza 12262/10 del 15 aprile 2010 e depositata il 19 maggio 2010, in tema di depositi IVA.

Essa, dimentica che le sentenze si applicano al caso concreto, questa volta vuol ritenere retroattivi i principi fissati, in tema di depositi IVA, dalla agognata sentenza in questione.

Agognata in quanto l’Amministrazione ha allertato gli uffici con nota del 1° aprile 2010 emessa, cioè, ben 15 giorni prima dell’udienza, tenuta, presso la Suprema Corte, il successivo 15 aprile 2010, invitandoli a chiedere ai Presidenti delle varie Commissioni Tributarie di sospendere i giudizi in corso , le cui udienze non si  erano ancora tenute, ovvero fissate, nell’attesa delle risultanze di quella decisione, ritenendo, questa volta, trattandosi dei soldi dei contribuenti e non di quelli dell’Erario, che ad essa i Giudici Tributari si dovessero adeguare per fatti commessi anche dieci anni prima quando, cioè, la stessa Amministrazione non aveva ancora mosso i primi passi in ordine alle direttive da dare ai gestori dei depositi Iva

Pubblicata la sentenza, l’Amministrazione pure qualche commento avrebbe potuto fare, invece di lasciare, ancora una volta ogni decisione ai Giudici Tributari di mezza Italia.

Il deposito IVA è regolato dal Codice Doganale Comunitario? Come i depositi doganali privati? Come i depositi franchi? Come i magazzini generali? Come i magazzini ubicati nei punti franchi? Il comma 6 dell’art. 50 bis non impone il reverse charge? Che non è assolvimento dell’imposta? Differimento di qualche giorno? Come il differito?

Il comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008 non è norma interpretativa? Non è retroattiva? Che cosa sono le prestazioni semplici? Non è vero che prima di quella norma bastava l’introduzione dell’automezzo, senza limiti di tempo a soddisfare l’introduzione e le funzioni di stoccaggio e custodia? E la consegna, che cos’è la consegna? In diritto è definita.

gianni gargano

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