ancora sul plafond
Coloro che acquisiscono la posizione di esportatore abituale – alla fine dell’anno solare, ovvero nei dodici mesi precedenti – possono avvalersi della facoltà di acquistare beni e servizi – diversi dai fabbricati e dalle aree fabbricabili – senza l’applicazione dell’imposta, nei limiti del plafond.
Si considera esportatore abituale – e quindi avrà un plafond disponibile – colui che, nell’anno solare o nei dodici mesi precedenti, abbia registrato un ammontare di corrispettivi derivanti da operazioni con l’estero, superiore al 10 per cento del volume d’affari determinato ai sensi dell’ articolo 20 del DPR 633/72 – appresso Decreto Iva –
La Circolare Ministeriale n. 145/E del 1998 rileva che il criterio della registrazione della fattura contribuisce a semplificare gli adempimenti del contribuente in quanto il plafond disponibile viene a coincidere con le risultanze contabili e con i dati evidenziati in sede di dichiarazione Iva. Ciò non toglie, però che, ai fini dell’acquisizione del beneficio, nell’ipotesi di esportazione sia comunque necessario comprovare, con idonea documentazione, l’effettiva uscita del bene dal territorio dello Stato in quanto, in mancanza di tale prova, gli importi delle cennate operazioni riducono del corrispondente ammontare la disponibilità del plafond, con conseguente obbligo di regolarizzare gli eventuali acquisti e/o importazioni effettuati senza pagamento dell’imposta con utilizzazione del plafond.
Questa facoltà accordata agli “esportatori abituali” è finalizzata a realizzare la detassazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che svolgono prevalentemente la loro attività economica nei confronti dell’estero, e che hanno – pertanto – compiuto operazioni non imponibili o non soggette all’imposta e che, se dovessero assolvere sempre l’imposta sugli acquisti, risulterebbero a credito del tributo e in condizioni di chiederlo a rimborso. Circostanza che influenzerebbe negativamente la posizione finanziaria delle imprese.
Questo importante principio è fissato all’articolo 8, lettera c) del decreto Iva.
Il Plafond
Concorrono a formare il plafond:
– le cessioni all’esportazione (articolo 8, primo comma, lettera a) e lettera b del decreto Iva). Al riguardo si sottolinea che la lettera a) dell’articolo 8 prevede sia le esportazioni dirette che quelle triangolari. Le prime concorrono per intero alla formazione del plafond, mentre nelle triangolari: a) il primo cedente potrà considerare l’ammontare complessivo della cessione nel calcolo del plafond disponibile alla fine del periodo (anno solare o dodici mesi precedenti), b) il cessionario/secondo cedente, potrà avvalersi, integralmente, dell’ammontare della fattura di rivendita all’estero per acquistare beni da inviare all’estero – nello stato originario – nei sei mesi successivi alla loro consegna e limitatamente alla differenza tra l’acquisto dal primo cedente e la sua cessione all’estero, per l’acquisto di beni e servizi senza applicazione dell’imposta (plafond limitato).
L’operazione può quindi qualificarsi triangolare allorché il cedente nazionale provveda, in proprio, o tramite terzi, alla spedizione o al trasporto all’estero e non anche quando i beni vengono consegnati nello Stato al cessionario nazionale e questi provveda poi a trasferirli all’estero tramite il proprio spedizioniere.
Detta genericamente “A” l’impresa cedente vende i beni al cessionario nazionale “B”, che a sua volta li venda alla ditta estera “C”, ma la consegna della merce a C avviene a cura di A.
– operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione (art. 8 bis decreto Iva);
– servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (art. 9 decreto Iva);
– operazioni con lo Stato della Città del Vaticano o con la Repubblica di San Marino (art. 71 decreto Iva);
– operazioni non imponibili in base a trattati e accordi internazionali (art. 72 decreto Iva);
– cessioni intracomunitarie (art. 41 comma 1 e comma 2 del D.L. 331/93) ivi comprese le cessioni intracomunitarie effettuate in base a triangolazione comunitarie;
– triangolazioni nazionali (art. 58 D.L. 331/93);
– cessioni intracomunitarie di beni estratti da deposito Iva (art. 50 bis, comma 4, lettera f) D.L. 331/93
– esportazioni di beni estratti da deposito Iva (art. 50 bis, comma 4, lettera g) D.L. 331/93);
– cessioni intracomunitarie di prodotti agricoli e ittici, anche se non compresi nella tabella A, parte prima,effettuate da produttori agricoli di cui all’art. 34 del decreto Iva (art. 51, comma 3 del D.L. n. 331/93);
– margine delle operazioni non imponibili relative ai beni usati (art. 37, comma 1 del D.L. 41/95).
Il plafond è unico
Ai fini della costituzione del plafond, la legge n. 28/1997, che recepisce le disposizioni della direttiva 95/7/CE, introduce misure di semplificazione e razionalizzazione che possono, riassumersi nei seguenti punti:
- istituzione di un plafond unico in sostituzione della pluralità del plafond (artt. 8, 8 bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972) previsti dalla previgente normativa;
- introduzione di un nuovo criterio in ordine al momento costitutivo del plafond, non più legato alle operazioni “fatte”, bensì a quelle registrate ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 633/72, con riferimento al momento della data di emissione della fattura, ovvero di consegna spedizione per le fatture differite. Prima di questa importante modifica il riferimento era alle operazioni “fatte”, intendendosi per tali, per le cessioni all’esportazione l’avvenuta esecuzione degli adempimenti doganali di esportazione e per le prestazioni di servizio il pagamento del corrispettivo, indipendentemente dalla fatturazione;
- ampliamento dell’utilizzazione del “plafond” a tutti gli acquisti di beni e servizi ed importazioni di beni con la sola esclusione dei fabbricati e delle aree edificabili.
Il Plafond fisso ed il plafond mobile
Lo status di esportatore abituale si acquisisce quando le operazioni che concorrono alla determinazione del plafond (in seguito indicate genericamente quali “esportazioni”) sono superiori al 10% del volume d’affari calcolato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Il periodo di riferimento potrà essere l’anno solare o i dodici mesi precedenti.
Nel primo caso si parlerà di plafond fisso, nel secondo di plafond mobile.
Il primo metodo – quello fisso – non presenta particolari problemi operativi.
Il secondo, invece, – quello mobile – necessita di una maggiore attenzione volta a verificare, all’inizio di ciascun mese, che:
1) permangono le condizioni affinché si possa essere considerati esportatori abituali e, cioè, che le operazioni di esportazione considerate in ciascun periodo di riferimento (i dodici mesi precedenti) siano superiori al volume d’affari realizzato nello stesso periodo. Nei mesi, infatti, nei quali tale condizione non si dovesse verificare, non sarà consentito effettuare acquisti in regime di non imponibilità;
2) si sia correttamente formato un plafond di cui si potrà disporre nel mese successivo.
Verificata, pertanto, la sussistenza, mese per mese, della condizione di “esportatore abituale”, sarà necessario determinare, alla fine di ciascun mese quale è il plafond disponibile per il mese successivo. (su questo blog sono riportati, anche numericamente, esempi di calcolo, mese per mese, del plafond mobile)
Per quanto qui interessa, istruzioni sono state diramate con le Circolari Ministeriali n. 12 del 09/04/1981 e n. 73 del 19/12/1984, con le Risoluzioni n. 505261 del 16/11/1987 e n. 77/E del 06/03/2002, tutte richiamate e commentate dalla importante Circolare n. 8/D del 27/02/2003 dell’Agenzia delle Dogane.
In caso di inizio di attività, o, comunque qualora si scelga per la prima volta di utilizzare il plafond fisso, tale plafond fisso potrà essere utilizzato dal primo gennaio dell’anno successivo, alla sola condizione che nei mesi di attività relativa all’anno precedente si sia costituito un plafond disponibile.
Se, ad esempio, l’attività è iniziata il 01/10/2012 e le esportazioni registrate nel periodo 01/10/2012 – 31/12/2012 superano il 10% del volume d’affari realizzato nello stesso periodo, già dal 1° gennaio 2013 sarà consentito utilizzare il plafond fisso (o solare).
Se, invece, si vorrà optare per il plafond mobile, dovranno trascorrere prima dodici mesi affinché si possa godere dell’agevolazione in questione.
Se, perciò, come nell’esempio prospettato, l’attività è iniziata il 01/10/2012, bisognerà attendere il 01/10/2013 prima di poter utilizzare il plafond mobile.
Al di fuori dell’ipotesi dell’inizio di attività, sarà sempre possibile transitare dal plafond fisso a quello mobile alla duplice condizione che:
– l’opzione avvenga all’inizio dell’anno;
– essa permanga per l’intero anno.
La scelta, quindi, non sarà mai vincolante, in quanto – alle condizioni dette – sarà sempre possibile transitare da un sistema all’altro.
Rappresentante fiscale e identificazione diretto
Anche il rappresentante fiscale ed il soggetto comunitario identificato direttamente in Italia possono formare ed utilizzare un plafond. Essi, infatti, possono porre in essere esportazioni e cessioni intracomunitarie (o, comunque, operazioni con l’estero) ed effettuare acquisti in Italia.
Non possono, però, procedere a cessioni (vendite) in Italia a soggetti passivi stabiliti in Italia, né compensare, in tal caso, l’Iva assolta sugli acquisti, che può essere solo chiesta a rimborso.
Lavorazioni
Nel caso di invio all’estero (Paesi Terzi) di merci in lavorazione destinate ad essere reintrodotte sotto forma di prodotti compensatori, è da escludere che, di per sé – quando il soggetto decida di procedervi ricorrendo all’esportazione definitiva dei beni da lavorare, con successiva importazione degli stessi prodotti (il che è da ritenersi ben ammissibile, in luogo del regime di perfezionamento passivo) – tale operazione concorra alla formazione del plafond: invero, perché si configuri una cessione all’esportazione è indispensabile non solo la materiale uscita dei beni dal territorio comunitario ma anche, sulla base del rapporto civilistico instaurato tra i soggetti interessati, il verificarsi di un trasferimento del diritto di proprietà e/o della costituzione di altro diritto reale (art. 2, D.P.R. 633/1972), contro il pagamento di un corrispettivo.
Non può, peraltro, escludersi che l’operatore nazionale decida, anche in presenza di beni da sottoporre a lavorazione all’estero, di effettuare una vera e propria “cessione all’esportazione” (circolare n. 156/E del 15/7/1999 commentare). Invero lo scrivente ritiene questa possibilità molto remota per il semplice motivo che appare fuori della realtà che di realizzi una vendita effettiva all’estero (con tutte le conseguenze, compreso il pagamento del prezzo, per poi riacquistare la stessa merce dopo la lavorazione ed importarla.
Consignement stock
INVIO DI MERCE DA UN PAESE COMUNITARIO AD ALTRO PAESE COMUNITARIO SENZA UTILIZZO DEL DEPOSITO IVA
L’ipotesi è stata affrontata dall’allora Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate – che nella risoluzione n. 235/E del 18.10.1996 già aveva chiarito che in caso di stoccaggio di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro appartenente ad un cliente ivi residente, che abbia l’esclusiva dell’acquisto, il momento impositivo, ai fini IVA, coincide con il prelievo dei beni dal magazzino da parte di quest’ultimo ed, in ogni caso, con il decorso di un anno dalla consegna o spedizione dei beni.
E’ a tale momento che vanno, quindi, ricondotte l’emissione della fattura da parte del cedente, che sarà emessa ai sensi dell’art. 41, 1° comma del D.L. 331/93, e la compilazione del modello intra/1. Specularmente, sempre a quel momento, si verificherà, da parte del cliente depositario, l’acquisto intracomunitario, ai sensi dell’art. 38 del D.L. 331/93, cui incomberanno i relativi obblighi fiscali, che sono: l’integrazione della fattura pervenutagli dal fornitore e la presentazione del modello intra/2.
Durante la giacenza nel deposito, e prima che l’effetto traslativo della proprietà si sia verificato, entrambi i soggetti dovranno tener conto nelle rispettive contabilità, mediante l’utilizzo dei conti d’ordine, della effettiva localizzazione dei beni. Inoltre, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la movimentazione di questi beni deve essere annotata, ai sensi dell’art. 50, 5° comma, del D.L. 331/93, in apposito registro tenuto ai sensi dell’art. 39 del DPR 633/72.
Nell’ipotesi in commento, il depositario non deve coincidere necessariamente con il cliente, ben potendosi, quest’ultimo, servirsi di un deposito di un terzo al quale abbia conferito l’incarico di custodire le merci per suo conto.
INVIO DI MERCE DA UN PAESE COMUNITARIO AD ALTRO PAESE COMUNITARIO CON UTILIZZO DEL DEPOSITO IVA
L’operazione sopra descritta può anche essere effettuata mediante l’utilizzo dell’istituto del deposito IVA, secondo le modalità già esposte, con le seguenti, uniche, differenze:
a) l’acquisto potrà intervenire anche oltre l’anno dalla spedizione/consegna della merce;
b) depositario e acquirente devono coincidere. Infatti, il 2° comma dell’art. 50 bis del D.L. 331/93 prevede che, nel caso di acquisto con introduzione in deposito IVA di beni spediti da soggetto passivo identificato in un altro Stato membro della Comunità europea e destinati ad essere ceduti al depositario, l’acquisto intracomunitario si considera effettuato al momento dell’estrazione dei beni. Tale possibilità è prevista solo nel caso di deposito “in conto proprio” e mai quando si tratti di depositi IVA “conto terzi “ (istituzionali o meno), né tale tipo di operazione è elencata tra quelle tassativamente previste al 4° comma dell’art. 50 bis in commento.
ACQUISTO DI MERCE DA UN PAESE EXTRA COMUNITARIO (si riporta per completezza, benché l’operazione esaminata nulla ha a che fare con l’argomento in esame (il plafond)
In tal caso, verificandosi, comunque l’ipotesi di cui all’art. 67 del Decreto IVA (introduzione dei beni nel territorio dello Stato), l’imposta sul valore aggiunto dovrà essere corrisposta in dogana all’atto dell’introduzione dei beni nello Stato, benché l’acquisto non si sia ancora perfezionato. Per tale motivo l’acquirente dovrà registrare nei conti d’ordine la presenza, nella sua azienda di beni di proprietà di terzi.
Al perfezionarsi dell’acquisto l’acquirente dovrà emettere autofattura nella quale indicherà l’ammontare del corrispettivo corrisposto e dell’IVA relativa, nonché gli estremi della bolletta doganale con cui i beni sono stati introdotti e quelli della sua registrazione nel registro degli acquisti. Detta autofattura andrà annotata nel registro delle vendite ed in quello degli acquisti, in una separata colonna appositamente contrassegnata, assolvendo l’unica funzione di documentazione dell’operazione di acquisto ai fini delle imposte dirette, posto che ai fini IVA l’imposta è già stata assolta ed annotata all’atto dell’importazione.
Se, invece, il prezzo corrisposto al momento dell’acquisto definitivo è superiore a quello indicato in dogana al momento dell’introduzione nel territorio dello Stato, l’importo relativo, dovrà essere documentato ed annotato integralmente nel registro delle fatture emesse e delle fatture di acquisto, ma concorrerà alla liquidazione soltanto per la differenza tra l’imposta indicata in autofattura e quella corrisposta in dogana.
Qualora i beni dovessero essere restituiti al fornitore estero (avendo il soggetto nazionale corrisposto l’imposta sul valore aggiunto all’atto dell’introduzione dei beni nel territorio dello Stato) l’operazione sarà considerata una cessione all’esportazione e dovrà essere documentata con una fattura non imponibile ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/72.
CESSIONE DI MERCE AD UN CLIENTE RESIDENTE IN UN PAESE EXTRA COMUNITARIO
Sul punto si è già pronunciata l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 58/E del 5 maggio 2005 ritenendo che l’operazione può considerarsi una “cessione all’esportazione”, soltanto nel momento in cui si sia perfezionata la cessione mediante il prelievo dei beni da parte dell’acquirente estero. Solo al verificarsi di tale condizione il cedente nazionale sarà obbligato ad emettere fattura, non imponibile ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/72, che concorrerà alla formazione del plafond nel periodo in cui è stata emessa.
E’ evidente che la spedizione all’estero della merce avverrà previa emissione di bolletta di esportazione corredata da fattura pro-forma e contenente tutti i riferimenti al contratto di consignment stock.
Nel caso, invece, in cui il cliente estero restituisca la merce, al rientro nello Stato l’operazione sarà considerata, ai fini doganali una “reintroduzione in franchigia”, ove l’IVA non sarà dovuta ai sensi dell’art. 68, 1° comma, lett. d), sempre che all’esportazione la cessione non abbia concorso alla formazione di alcun plafond disponibile.
Invio di beni all’estero in esecuzione di un contratto di appalto
La fattispecie riguarda l’acquisto di beni effettuato nel territorio dello Stato da soggetti che hanno stipulato un contratto di appalto per la realizzazione di un bene in un Paese terzo (extra UE).
In questa ipotesi è prassi ricorrente che l’impresa appaltatrice acquisti i beni necessari per l’esecuzione del contratto nel territorio e richieda al fornitore di inviare direttamente i beni all’estero.
In relazione alla qualificazione del contratto di appalto quale prestazione di servizi, la cessione effettuata dal primo cedente nei confronti dell’appaltatore configura una cessione all’esportazione ai sensi dell’art. 8, comma 1, del DPR 633/1972, mentre non è configurabile come tale la seconda operazione (trasferimento dei beni dall’appaltatore all’appaltante) anche nell’ipotesi in cui l’appaltatore proceda a fatturare i beni oggetto di invio. L’operazione, secondo l’Amministrazione Finanziaria non può assumere la qualifica di operazione triangolare ed il solo soggetto a poter disporre del plafond è il primo cedente.
Gli effetti sul plafond derivanti dalle variazioni delle operazioni non imponibili
La circostanza che alla determinazione del plafond disponibile concorrono soltanto le fatture emesse e registrate nell’anno, pone un problema in relazione alle note di variazione in aumento o in diminuzione delle operazioni attive.
L’Agenzia delle Dogane, con Circolare 8/D del 2003 ha preso posizioni nel senso che, se effettuate in anni successivi tali variazioni potranno determinare a posteriori il superamento del plafond o addirittura il venir meno lo status di esportatore abituale. Questa posizione va compresa nel senso che la rilevanza attribuita alla fatturazione per la formazione del plafond apre la porta alla emissione di fatture, a ridosso della chiusura dell’anno di imposta, al solo fine di aumentare il plafond disponibile per tale anno, salvo poi che si proceda allo storno nell’anno di imposta successivo.
In sintesi:
- le variazioni intervenute nello stesso anno di effettuazione dell’operazione originaria riducono dell’importo corrispondente l’ammontare del plafond;
- le variazioni intervenute nell’anno successivo (o negli anni successivi)non diminuiscono il plafond di tale anno ma vanno imputate al plafond dell’anno di imposta nel quale la fattura oggetto di rettifica è stata emessa e annotata.
Sanzioni
Le sanzioni in caso di irregolarità nell’utilizzo del plafond sono contenute nell’articolo 7, commi 3, 4 e 4-bis del D.Lgs. 471/97.
Articolo 7 – Violazioni relative alle esportazioni.
“….
3. Chi effettua operazioni senza addebito d’imposta, in mancanza della dichiarazione d’intento di cui all’articolo 1, primo comma, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, e’ punito con la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell’imposta, fermo l’obbligo del pagamento del tributo. Qualora la dichiarazione sia stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dell’omesso pagamento del tributo rispondono esclusivamente i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa.
4. E’ punito con la sanzione prevista nel comma 3 chi, in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dichiara all’altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare o di importare merci e servizi senza pagamento dell’imposta, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28, ovvero ne beneficia oltre il limite consentito.
Se il superamento del limite consegue a mancata esportazione, nei casi previsti dalla legge, da parte del cessionario o del commissionario, la sanzione e’ ridotta alla metà e non si applica se l’imposta viene versata all’ufficio competente entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’esportazione, previa regolarizzazione della fattura.
4-bis. E’ punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o il prestatore che omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, o la invia con dati incompleti o inesatti.
…
“
Regolarizzazione Splafonamento
In caso di “splafonamento”, nel caso di utilizzo del plafond oltre l’ammontare disponibile, è possibile ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso per regolarizzare la propria posizione, pagando le relative sanzioni in misura ridotta.
Le modalità di regolarizzazione sono diverse a seconda che si tratti di acquisti interni, ovvero di importazioni.
Acquisti interni
Le modalità di regolarizzazione nel caso di utilizzo del plafond oltre il limite consentito per acquisto di beni e servizi in Italia sono state dettate dalla stessa Amministrazione in una serie di circolari. In particolare nella circolare n. 50/E del 16/06/2002 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
“L’acquisto di beni e servizi senza l’applicazione dell’imposta effettuato utilizzando il plafond disponibile oltre il limite, secondo le indicazioni già fornite con la circolare 17 maggio 2000, n. 98, può essere regolarizzato secondo una delle seguenti procedure.
1. Richiesta al cedente o prestatore di effettuare ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 le variazioni in aumento dell’IVA non addebitata in fattura. In tal caso resta a carico dell’acquirente l’obbligo del pagamento degli interessi e delle sanzioni. Qualora la violazione non sia stata constatata o accertata il contribuente può avvalersi del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 che comporta la riduzione della sanzione.
2. Emissione di autofattura in duplice esemplare contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata.
L’acquirente deve
– provvedere al versamento dell’imposta oltre gli interessi e le sanzioni nella misura ridotta ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, utilizzando il modello F24, indicando per l’imposta e gli interessi il codice tributo del periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza l’applicazione dell’Iva, e per le sanzioni il codice 8904 – sanzione pecuniaria IVA ravvedimento operoso;
– deve annotare l’autofattura nel registro degli acquisti;
– infine presentare l’autofattura al locale ufficio delle entrate.
In tal modo, l’imposta regolarizzata confluirà nell’ammontare dell’imposta in detrazione della dichiarazione annuale e nell’ammontare dei versamenti effettuati.
Tuttavia, al fine di evitare la doppia detrazione dell’imposta regolarizzata è necessario indicare nella dichiarazione annuale l’imposta regolarizzata anche in una posta di debito.
3. La regolarizzazione può, infine, essere effettuata in sede di liquidazione periodica mediante la contabilizzazione della maggiore imposta derivante dall’autofattura emessa e degli interessi dell’IVA a debito. Analogamente a quanto previsto nel precedente punto, il cessionario o committente dovrà versare con F24 la sanzione prevista dall’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, presentare un esemplare dell’autofattura al competente ufficio locale dell’Agenzia e annotare la stessa nel registro degli acquisti.
In definitiva, la dichiarazione annuale dovrà rispettare i risultati contabili derivanti dalle modalità di regolarizzazione.”
In particolare il cessionario o committente, oltre al versamento dell’imposta, con le modalità su indicate, dovrà pagare gli interessi calcolati nella misura del saggio legale di interesse dal giorno di effettuazione dell’operazione da regolarizzare a quello dell’effettivo pagamento e la sanzione prevista dal 4° comma, dell’art. 7, del D.Lgs. 471/97, pari al 100 % dell’imposta, ridotta ad 1/8 (12,5 %), se ricorrono le condizioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/97, ovvero se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta in cui si è commessa la violazione e prima che sia stata contestato o che siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
Importazioni
Nel caso in cui si sia utilizzato un plafond non disponibile per l’importazione di beni senza il pagamento dell’IVA, l’Agenzia delle Dogane, sentita l’Avvocatura dello Stato, ha chiarito che tale ipotesi non rientra tra le quelle riconducibili alla “”revisione d’accertamento” di cui all’art. 11, del D.lgs. 374/90 e che, pertanto, non risulta applicabile l’esimente previsto dall’art. 20, comma 4, della Legge 27/12/1997, n. 449, (cfr. risoluzione Agenzia Dogane n. 102985 del 27.12.2001).
Risulta, viceversa, applicabile, ritiene l’Agenzia delle Dogane, anche nel caso di indebito utilizzo del plafond in Dogana, l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/97, nella forma prevista dal primo comma, lett. b).
In detta ipotesi, considerato che la competenza alla liquidazione, riscossione ed accertamento del tributo è di competenza della dogana è applicabile l’art. 1 del Decredo del Ministero delle Finanze del 7.8.98, che dispone:
“Il pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria a seguito di ravvedimento o di definizione agevolata di cui agli articoli 13, 16, comma 3, 17, comma 2, e 25, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, relativamente alle violazioni la cui definizione e’ demandata al Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette, e’ eseguito, secondo le consuete modalità, presso gli uffici cassa delle dogane competenti.
Gli uffici provvederanno ad emettere bollette di riscossione modello Z/20.”
In pratica l’importatore dovrà comunicare alla dogana presso la quale è stata effettuata l’importazione l’avvenuto splafonamento, chiedendo contestualmente la liquidazione dell’IVA non pagata e l’applicazione della sanzione ridotta.
Anche l’imposta assolta in Dogana potrà essere portata in detrazione, mediante annotazione della bolletta di riscossione nel registro acquisti come fosse una nota di variazione in aumento.
Comunicazione Dichiarazioni d’intento ricevute.
Il venditore o il committente che riceve una dichiarazione d’intento da un proprio cliente deve, entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica in cui confluisce l’operazione realizzata senza applicazione dell’imposta (cioè entro il giorno 16 del mese successivo al periodo di riferimento: mese o trimestre), inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate la comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevute nel periodo.
L’omessa presentazione, o la presentazione con dati inesatti è punita con una sanzione di cui all’art. 7, comma 4-bis[1], del D.Lgs. 471/97, che va dal cento al duecento per cento dell’imposta.
Anche a tale sanzione è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso, così come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 41/E del 26/09/2005:
“…
5.5. Ravvedimento
In applicazione delle regole generali in materia di sanzioni, la violazione consistente nella omessa o errata comunicazione della dichiarazione d’intento può essere oggetto di ravvedimento di cui all’articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
In particolare, nell’ipotesi in cui la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento di cui l’autore della violazione sia venuto a conoscenza, il fornitore/prestatore può accedere all’istituto del ravvedimento, inviando per la prima volta la comunicazione, se omessa, o inviandola corretta, se errata, e versando la sanzione ridotta ad un quinto del minimo entro il termine di un anno dalla omissione o dall’errore.
…”
Inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma 384, della Legge 30.12.2004, n. 311,
“Chiunque omette di inviare, nei termini previsti, la comunicazione di cui all’art. 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 381, o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta.”
gianni gargano
francesco pagnozzi
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