La sentenza 27/7/08 depositata il 12 marzo 2008 della Sezione 7 della Commissione Provinciale di Trieste

Si riporta qui di seguito la motivazione della importante sentenza indicata in oggetto, Presidente il dott. Claudio Rovis, Relatore dott. Giuseppe Conforto, che fissa dei concetti solo apparentemente ovvi ed acclarati, ma che invece sono spesso oggetto di contestazioni .

 

Il primo motivo.accolto”

 

Il collegio condivide l’assunto della ricorrente secondo cui la rappresentanza ai fini Iva non si identifica con la rappresentanza ai fini doganali: non può esserci alcun dubbio, infatti, che la rappresentanza che si richiede al dichiarante doganale ex articolo 5 del CDC sia quella di diritto comune, connessa al rapporto di mandato ricevuto dal committente (art. 1704 c.c.). Normalmente, l’incarico di curare anche le operazioni doganali connesse all’importazione di merce estera è incluso, tra le altre incombenze, nell’atto notarile (o scrittura privata autenticata) che si richiede per ottenere la partita Iva ex art. 17.2 del DPR n. 633/72; questo non significa che – in mancanza – il dichiarante doganale non possa, per altra via, rappresentare il proprietario della merce nelle dichiarazioni fatte in dogana. Aggiungasi che, quando l’operatore in dogana è in possesso dei documenti commerciali e di trasporto della merce, il mandato a svolgere le pratiche relative allo sdoganamento si presume dato (dal proprietario della merce) per facta concludentia.

Conclusivamente, l’Avviso di accertamento si sarebbe dovuto intestare – e notificare – alla ditta …omissis…., quale proprietaria della merce, indicata nella casella 8 della bolletta e nei documenti commerciali e di trasporto allegati alla bolletta stessa.

 

Il secondo motivo è accolto.

 

Il mancato possesso del documento di vigilanza non può essere riguardato come un grave pregiudizio per la regolarità dell’immissione in libera pratica onde trattasi, tenuto conto della funzione del particolare documento e del fatto che veniva rilasciato automaticamente a tutti i richiedenti, entro cinque giorni lavorativi dalla data di arrivo della richiesta.

Sorprende però che la Commissione della CE – sempre molta attenta alle esigenze anche pratiche degli operatori del commercio internazionale – abbia reso applicabile il regolamento n. 1417/04 il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in GUCE, senza prevedere una congrua vacatio o una forma alternativa di rilevazione delle operazioni del primo periodo, quando nemmeno gli operatori più attenti e diligenti potevano essere in possesso del documento richiesto (l’importazione de qua avvenne il terzo giorno di validità della disposizione comunitaria).

Sorprende anche che il programma meccanografico della dogana ammetta al canale verde le dichiarazioni che riguardano merci non di libera importazione: per queste dichiarazioni la presenza delle condizioni richieste per superare le restrizioni di politica commerciale deve essere accertata necessariamente prima dello svincolo delle merci; la (eventuale) rilevazione postuma di irregolarità sul punto lascia il tempo che trova, perché non è possibile a posteriori “recuperare” la regolarità dell’introduzione della merce nel territorio; nemmeno applicando una sanzione, quando prevista.

 

Il terzo motivo è accolto

 

Con l’Avviso impugnato la dogana ha avviato l’azione di recupero dell’Iva non riscossa ex articolo 50 bis citato: basandosi sulla nota n.3053 del 12.01.04 dell’Agenzia Centrale delle Dogane, ha sostenuto che il legislatore, quando ha accordato il beneficio previsto nella norma testè citata, ha inteso agevolare l’operatore a condizione che vi sia una regolare operazione di immissione in libera pratica ed una altrettanto regolare introduzione della merce nel deposito fiscale.

 

Al riguardo il Collegio ritiene di poter fare due ordini di osservazioni, uno di carattere generale, l’altro di carattere particolare.

In linea generale si osserva che in materia fiscale le irregolarità accertate comportano l’applicazione di sanzioni, quando previste, imporre il pagamento di un’imposta a motivo di una irregolarità esula dai principi del diritto tributario.

Peraltro, nel caso di importazione alle condizioni previste nell’art. 50/bis, comma 4, lettera b) del D.L. n. 331/92, l’introduzione della merce nel deposito fiscale esaurisce l’operazione doganale (così anche la nota n. 20408 dd. 24.05.06 della Circoscrizione doganale di Trieste), per cui la dogana non è più competente riguardo all’Iva non riscossa. Il gestore del deposito fiscale, infatti, assume in carico la merce, non l’imposta gravante e il registro di carico – scarico non fa distinzioni tra merci nazionali, merci comunitarie e merci nazionalizzate: di conseguenza, l’imposta che sarà versata per effetto dell’estrazione dal deposito della merce (già estera) ricade sotto la normativa dell’Iva interna (non più sotto l’articolo 67 e segg. Del DPR n. 633/72).

In queste condizioni, la riscossione in dogana delI’Iva dopo che la merce è stata introdotta e presa in carico in un deposito fiscale, porterebbe ad una ingiustificata duplicazione d’imposta ( a fronte di quella riscossa o che sarà riscossa al momento dell’estrazione della merce dal deposito); oppure a un pagamento di Iva non dovuta, quando la merce fosse poi estratta dal deposito per una destinazione che non comporta il pagamento dell’imposta: es. lettere f) e g) della norma citata.

Solo in un caso deve ritenersi corretto tener conto dell’Iva rientrante nell’ipotesi prevista dall’art. 50 bis citato: per determinare l’ammontare della sanzione amministrativa eventualmente dovuta per irregolarità accertate sia contestualmente alla importazione della merce, sia successivamente.

In linea specifica si rileva che i casi cui la predetta nota dell’Agenzia Centrale fa riferimento costituiscono irregolarità gravi (contrabbando, uso di atto falso, truffa ai danni dello Stato) talchè, pur prescindendo dalle osservazioni sopra esposte, la nota predetta non può essere portata a sostegno dell’imposta accertata con l’atto qui impugnato, posto che l’irregolarità rilevata per l’operazione de qua non può essere accostata, per gravità, alle ipotesi delittuose indicate in detta nota.

Conclusivamente il collegio ritiene che l’applicazione dell’Iva nel caso in trattazione sia immotivata.

 

gianni gargano

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