Depositi IVA – Se non gattona non esce

In sede di conversione del DL. 138/2011, per il quale il Governo ha posto la fiducia al Senato e che dovrà essere presentato alla Camera dei Deputati, è stato apportato il seguente emendamento:

36-vicies quater. Al comma 6, primo periodo, dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, dopo le parole: “agli effetti dell’IVA” sono inserite le seguenti: “iscritti alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura da almeno un anno, che dimostrino una effettiva operatività e attestino regolarità dei versamenti IVA, con le modalità definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate,”».

 

 

In effetti, al di la di ogni filosofia, in virtù della modifica riportata il comma 6 dell’art. 50 bis dispone che l’estrazione dei beni da un deposito IVA, con autofattura, ovvero fattura integrata, in caso di vendite a catena all’interno del deposito, con l’assolvimento dell’imposta con il metodo del reverse charge, finalmente ritenuto legittimo da tutte le Agenzia fiscali, può essere effettuata solo da soggetti passivi iscritti alla Camera di Commercio da almeno un anno, che attestino la regolarità dei versamenti IVA e che dimostrino la loro effettiva operatività con le modalità che il Direttore dell’Agenzia delle Entrate dovrà definire.

Ciò vuol dire che in mancanza del requisito di anzianità di un anno e dell’annunciato provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, chi introduce la merce nel deposito IVA, poi non la potrà estrarre se non al momento in cui spegnerà la candelina per festeggiare il primo anno di vita.

Dovrà, cioè, per lo meno, gattonare………

gianni gargano

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