L’iva alla reimportazione chi la riscuote? 37/E Entrate

 

5.1 Nuova disciplina in materia di territorialità e regime di perfezionamento passivo

Un accenno particolare merita, infine, il trattamento da riservare ai fini IVA alle operazioni di reimportazione delle merci comunitarie inviate al di fuori del territorio della Comunità per essere sottoposte a lavorazione, trasformazione o riparazione (c.d. “regime di perfezionamento passivo” o “esportazioni temporanee”).

Sino al 31 dicembre 2009, l’IVA sul servizio di lavorazione doveva essere assolta in dogana all’atto della reimportazione della merce e calcolata sulla differenza tra il valore doganale della merce stessa all’atto della reimportazione e quello determinato al momento della temporanea esportazione.

A seguito delle modifiche apportate in materia di reverse charge dal decreto n. 18 del 2010, a partire dal 1° gennaio 2010 si verifica la situazione in cui l’IVA, da esigere in dogana al momento della reimportazione, deve essere anche applicata dal soggetto committente del servizio stabilito in Italia, che ai sensi dell’attuale articolo 17 del d.P.R. n. 633 è il debitore dell’imposta dovuta.

A tale riguardo, la scrivente ritiene opportuno che l’IVA sulla lavorazione venga corrisposta dal committente al momento di effettuazione della prestazione di lavorazione tramite emissione di autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero (cfr. circ. n. 12 del 2010, par. 3.2).]

Al fine di evitare effetti distorsivi, la scrivente ritiene che il committente – che, anteriormente alla reimportazione, avrà già applicato l’IVA sulla lavorazione al momento di effettuazione della prestazione di lavorazione tramite emissione di autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero – al momento della reimportazione, potrà documentalmente dimostrare l’avvenuto adempimento e, in tal caso, dall’IVA calcolata in dogana dovrà essere sottratta l’imposta già assolta per effetto del predetto meccanismo di autofatturazione della prestazione di lavorazione. In tal modo, viene scongiurata anche la possibilità che, in caso di mancato rientro del bene nel Paese, l’imposta sul servizio in questione non venga assolta.

Diversamente, nel caso in cui l’avvenuto assolvimento dell’IVA non possa essere dimostrato, si è del parere che possa continuare ad essere applicata la procedura finora seguita che prevede la liquidazione e l’assolvimento dell’IVA in dogana, all’atto della reimportazione.

Per le prestazioni di lavorazione territorialmente rilevanti in Italia, quindi, dovrà in ogni caso essere emessa l’autofattura da parte del committente nazionale, che in luogo dell’applicazione dell’IVA indicherà la dizione “IVA assolta in dogana con documento doganale n XY”.

L’importante circolare afferma ancora una volta che il reverse charge costituisce una modalità di assolvimento dell’imposta e non un vantaggio fiscale né, tantomeno, un risparmio d’imposta, tali da configurare un abuso di diritto.

Nel merito:

  1. la autofattura o la fattura integrata, emesse prima della reimportazione l’imposta sarà assolta con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge). L’imponibile indicato in questi documenti potrà essere stato il valore imponibile in dogana, o Il valore imponibile in dogana aumentato del dazio. Nella prima ipotesi alla reimportazione la dogana dovrà riscuotere solo l’Iva sul dazio: Nella seconda non dovrà riscuotere alcuna Iva;
  2. diversamente sarà riscossa in dogana l’Iva sulla lavorazione. In tal caso, per le prestazioni di lavorazione territorialmente rilevanti in Italia, quindi, dovrà in ogni caso essere emessa l’autofattura da parte del committente nazionale, che in luogo dell’applicazione dell’IVA indicherà la dizione “IVA assolta in dogana con documento doganale n XY”.

 

gianni gargano

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