La risoluzione 134/E per me è errata

Sembra proprio che l’imposta sul valore aggiunto sia ancora oggetto, a distanza da quasi quarant’anni dalla sua introduzione nel nostro sistema tributario, di dubbi ed incertezze.

Vorrei commentare, con la massima umiltà, la risoluzione delle Entrate n. 134/E, che trascrivo integralmente qui di seguito, per poi far seguire le osservazioni che me la fanno ritenere non condivisibile.

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RISOLUZIONE N. 134/E

Roma, 20 dicembre 2010

OGGETTO: Istanza di interpello – Chiarimenti in merito alle prestazioni collegate alle esportazioni di beni da uno Stato membro ad un Paese extra-Ue, di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 633 del 1972

Con l’istanza d’interpello di cui all’oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 9 del D. P. R. n. 633 del 1972, è stato esposto il seguente

QUESITO

La società istante ALFA S.R.L esercita l’attività di commercio all’ingrosso di materiali lapidei, il cui unico mercato di riferimento è rappresentato dallo Stato dell’Arabia Saudita. Nell’ambito della propria attività, l’istante effettua operazioni consistenti nell’acquisto di tali beni da uno Stato dell’Unione Europea (di seguitoUE) e nella cessione e trasporto degli stessi in Arabia Saudita.

Ciò premesso, viene richiesto di conoscere se le prestazioni connesse al trasferimento dei beni possano essere considerate operazioni non imponibili ai fini IVA in Italia e se sussista l’obbligo di autofatturazione e della compilazione del modello Intrastat.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’istante ritiene che per le descritte operazioni non sia dovuta l’IVA in Italia e che non sussista l’obbligo di compilazione degli elenchi Intrastat.

Al riguardo, il contribuente cita l’art. 9 del D.P.R. n. 633 del 1972.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Come già ricordato in premessa, l’istante vende all’ingrosso materiali lapidei ed ha come unico mercato di riferimento un Paese extracomunitario, quale l’Arabia Saudita. Tale attività si attua attraverso l’acquisto dei beni da un fornitore operante in uno Stato membro UE e il successivo trasferimento dei beni medesimi nel mercato saudita, senza transitare per il territorio italiano.

Da quanto dichiarato dall’istante attraverso la documentazione integrativa, si desume che il medesimo attribuisce incarico ad un agente di provvedere alla spedizione della merce, tramite nave, direttamente dal Paese membro del fornitore al Paese extra-UE.

Il rapporto giuridico intercorrente tra l’istante e l’agente rientra nella categoria del mandato senza rappresentanza, nel quale il mandatario assume e acquista in nome proprio rispettivamente gli obblighi e i diritti derivanti dal compimento dell’affare trattato per conto del mandante. In tal caso, le prestazioni di servizi rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario, a norma dell’articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.

In forza di tale rapporto contrattuale, quindi, la natura giuridica delle prestazioni rese dal mandatario al mandante è la stessa di quelle rese o ricevute in nome proprio e per conto del mandante stesso (cfr. ris. 27 agosto 2009 n. 242/E).

Come ricordato in precedenza, la prestazione dell’agente consiste nel trasferire la merce, mediante nave da trasporto, dal Paese membro del fornitore al Paese extra-UE dell’acquirente. L’istante, infatti, precisa che la merce viene“spedita a mezzo container” e che la stessa “occupa modeste quantità di spazio”: da quanto precede si desume che la prestazione in oggetto si configura quale trasporto dei beni.

La disciplina del trasporto dei beni è regolata dall’art. 7-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, che considera territorialmente rilevanti, ai fini IVA, le prestazioni di servizio rese a soggetti passivi d’imposta stabiliti sul territorio nazionale.

Premesso quanto sopra, si evidenzia che l’operazione principale consiste nel trasferimento di un bene da uno Stato membro verso un Paese extra-Ue e pertanto è qualificabile come una cessione all’esportazione.

Tale assunto ha una propria base giuridica nella normativa comunitaria.

In particolare, l’art. 146, par. 1, lettera a), della Direttiva 2006/112/CEE,considera tali “le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto,fuori della Comunità”.

Pertanto, tenuto conto che la prestazione di trasporto dei beni è collegata ad una cessione all’esportazione, la stessa prestazione gode del regime agevolato di cui all’art. 9, primo comma, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, che considera, tra l’altro,non imponibili “i trasporti relativi a beni in esportazione”.

Infine, in relazione agli adempimenti formali, si rileva che per la predetta  prestazione di servizio esiste l’obbligo di autofatturazione per il committente  nazionale, benché la medesima non sia imponibile (artt. 17, comma 2, e 21, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972). Quanto precede vale a condizione che il prestatore non sia residente nel territorio dello Stato poiché, in caso contrario, si applicano le normali regole in tema di fatturazione.

In merito al quesito posto circa l’obbligo di compilazione degli elenchi Intrastat, si osserva che il medesimo non sussiste per le operazioni per le quali non è dovuta l’imposta nello Stato in cui è stabilito il destinatario (art. 50, comma 6, del D.L. n. 331 del 1993, convertito dalla legge n. 427 del 1993; cfr. circolare n. 36 del 2010, parte I, punto 5).

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.

IL DIRETTORE CENTRALE

A mio parere, nel caso prospettato, invece:

1)    l’operazione principale non può configurarsi un’ “esportazione”, bensì un’operazione fuori del campo di applicazione dell’imposta per mancanza del requisito di territorialità di cui all’art. 7 bis del DPR 633/72, che considera effettuate nel territorio dello Stato le cessioni di beni mobili nazionali, comunitari o vincolate al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello Stato;

2)    le prestazioni di trasporto:

a.    se rese da un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, saranno fatturate all’acquirente italiano con addebito dell’imposta;

b.    se rese, invece da un soggetto estero, l’acquirente, soggetto passivo in Italia, dovrà provvedere ad emettere autofattura con addebito dell’imposta ai sensi dell’art. 7 ter del DPR 633/72.

Tutto ciò in quanto l’imposta sul valore aggiunto è armonizzata in sede comunitaria dalla direttiva 2006/112/CE.

La direttiva fissa, innanzitutto, il principio che le cessioni di beni si considerano effettuate nel luogo (leggi Paese) dove i beni si trovano al momento iniziale della spedizione o del trasporto (art. 32) e, poi, all’art. 146 stabilisce che gli Stati membri (da leggersi: ciascun Stato membro) esentano dall’imposta le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto fuori dalla Comunità.

In Italia il sistema è stato recepito dal Decreto IVA (DPR 633/72) il quale, correttamente, prevede, proprio in osservanza di quei principi:

–       all’art. 1 che l’imposta sul valore aggiunto si applica, tra l’altro, sulle cessioni di beni effettuate nel territorio dello Stato Italiano;

–       all’art. 7 bis che le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando i beni sono esistenti nel territorio dello Stato;

–       all’art. 7 definisce il territorio dello Stato il Territorio della Repubblica Italiana, con esclusione dei Comuni di Livigno e Campione d’Italia e delle acque italiane del lago di Lugano;

–       l’art. 8 definisce esportazione le cessioni di beni – necessariamente esistenti nel territorio dello Stato (cfr. art. 7 bis) – eseguite mediante trasporto e spedizione fuori del territorio della Comunità Economica Europea.

Non potrebbe essere altrimenti.

L’interpretazione data dal Ministero, che considera esportati i beni esistenti in altro paese comunitario destinati ad un paese terzo, pare non tener conto del requisito della territorialità, facendo così rientrare nella determinazione del plafond anche queste operazioni..

E ciò in aperto contrasto con quanto affermato dallo stesso Ministero  al punto 16.3, secondo caso, lettera b) della circolare n. 13/E del 23 febbraio 1994.

Esse, invece, continuano ad essere considerate operazioni fuori del campo di applicazione dell’imposta proprio per mancanza del requisito della territorialità.

Ne deriva, come diretta conseguenza, che anche le prestazioni di trasporto relative a tali cessioni non possono ritenersi “non imponibili” ai sensi dell’art. 9 – 1° comma – n. 2, in quanto non relative a beni “in esportazione”.

Esse sono imponibili e, se rese da un soggetto comunitario, saranno da auto fatturare, dal soggetto italiano acquirente, con addebito dell’imposta e dovranno essere inserite nel modello intra- servizi.

L’unico esportatore è il soggetto comunitario che vende beni ad un soggetto italiano, con consegna in Arabia saudita.

Diversa è l’ipotesi in cui il soggetto italiano nomini un rappresentante fiscale nel paese UE, ovvero lì si identifichi direttamente.

Ma di questo parleremo una prossima volta se lo riterrete opportuno.

gianni gargano

francesco pagnozzi

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