Valore valore valore!

Allora:

il valore in dogana lo conosciamo!

Ma dai, ne parliamo da tre anni!

Certo!

Perché prima non se ne parlava!!!!!!!

Prima del 2005 quante revisioni del valore sono state fatte????????

Nessuno ce lo dice!!!!!!!!!!

Perché una volta cresciuti i bimbi le mamme invecchiano e non ricordano più niente!!!

Nel senso che di revisioni d’accertamento sul valore neanche parlarne!

Tutto va ben signora la marchesa!

Poi qualcosa è cambiato:

O almeno così pare!

Non è vero?

E allora vediamo di quanto è aumentato il contenzioso tributario dal 2005 ad oggi!

Del 1000%?

Del 10.000%

Certo è che l’ho chiesto in tutte le salse e sempre inutilmente!

Solo con il 2006 o, forse, col 2007 si è cominciato a ricordarsi dell’articolo 29 del CDC.

Prima il valore di fattura era intoccabile!

O no?

E allora come stanno le cose.

Secondo me l’accertamento sul valore consultando la banca dati merce è legittimo solo se c’è la merce.

Prima cioè che essa sia svincolata.

Perché deve potersi paragonare con quella indicata in bolletta , oggetto di verifica!

Perché deve, eventualmente, essere sequestrata!

Perché questa del sequestro l’ha detto l’Amministrazione stessa in un sacco di circolari.

Anche riservate: (la Suprema Corte di Cassazione – Sesta Sezione Penale – con sentenza n.1587 del 30 settembre 2009 ha così commentato sul diritto di accesso :

 

 “ Occorre infatti ricordare come la legge n. 241/1990 abbia rivoluzionato la disciplina degli atti e dell’accesso agli stessi, sancendo in definitiva il principio che tutto ciò che non è segreto è accessibile. Essa contiene soltanto la regolamentazione del diritto di accesso e non anche di un parallelo obbligo di segretezza, regolando tale diritto unicamente in base all’interesse del richiedente, ovvero alla giustificazione addotta dallo stesso. Con ciò il legislatore ha inteso porre soltanto un freno all’ipotetico proliferare di richieste, che potenzialmente potrebbero paralizzare la Pubblica Amministrazione, esigendo il requisito dell’interesse, quale elemento regolatore del generico principio della completa accessibilità degli atti, restando quest’ultima comprimibile solo attraverso l’imposizione del segreto nei casi previsti dalla legge.”

 

Per la divulgazione di notizie riservate della P.A. è esclusa la condanna per rivelazioni di segreti  d’ufficio.

Almeno per  quelle che non contengono “segreti d’ufficio”

E certamente non può considerarsi tale la nota che riferisca che nelle dogane tal dei tali si è riscontrato che per decenni si è importato a valori molto bassi o più bassi di quelli della media nazionale e che, perciò:

state attenti ! guardate bene! Utilizzate bene il sistema AIDA!, utilizzate bene la banca dati MERCE! Utilizzate i criteri previsti dal CDC agli articoli 29 e seguenti, secondo l’ordine in esso tassativamente indicati (merce identica, simile….),! Badate alla contraffazione! E se occorre sequestrate la merce! Che perciò deve essere lì e non già nei magazzini al dettaglio o nelle case della gente.

D’altronde le norme suggerite per la revisione del valore sono sempre le stesse: artt. 30 e seguenti del CDC e 181 bis del DAC.

Che fanno riferimento alle merci importate e non alla loro revisione.

Sono due istituti diversi.

Il primo, l’importazione, è una destinazione doganale da attribuire alle merci estere terze, prevista all’articolo 55 del Testo Unico 43/73, l’altra, la revisione dell’accertamento è un diverso istituto previsto all’articolo 11 del D.Lgs 374/90.

La revisione del valore si può e si deve fare (anzi. Si sarebbe dovuta sempre fare e anche massicciamente negli anni 1996/2005) ma quando si accerta che il valore dichiarato non corrisponde al prezzo pagato o da pagare in base a prove certe in ordine al maggior valore, acquisite magari con un indagine OLAF o con tutti gli strumenti  di cui la dogana dispone.

Ma in un libero mercato a che servono le statistiche?

Le medie?

Quando la qualità di alcune merci sono distribuite in uno largo spettro e le capacità imprenditoriali tanto diverse?

Molti giudici la pensano così.

Valgano al riguardo le recenti sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 408, 409 e 410 del 28/11/2008, depositate l’11/12/2008.

In quei casi la Dogana aveva proceduto alla rideterminazione del valore basandosi unicamente sulle risultanze della banca dati MERCE, prendendo come parametro di riferimento importazioni di merci avente la stessa voce doganale.

I giudici hanno testualmente affermato: “il collegio, in funzione delle dette possibili deroghe al principio valutativo rispetto al valore di transazione, non ritiene che le Dogane abbiano adeguatamente provato la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 29-30-31 Reg. 2913/92. Anzi la rettifica si presenta assolutamente carente sotto tale profilo non ritrovandosi una qualsiasi giustificazione per il ricorso a valori che non hanno attinenza ai trasferimenti di valuta fra le parti contraenti.

Si ritiene cioè che le Dogane avrebbero dovuto individuare ed indicare i motivi, fra quelli previsti dalla legge, che aprono l’accesso alla stima secondo valori commerciali del luogo di produzione dei beni.

…………. non trova giusta motivazione l’operato dell’Agenzia delle Dogane, essendo stata la rettifica affidata ad espressioni e riferimenti vaghi ed a valori “medi”, valori quest’ultimi che, per comprendere anche “capi” di più complesse lavorazioni e più alto valore, finiscono per indicare valori non applicabili equamente agli articoli importati.

…………….

In altri termini non è stato effettuato alcun riferimento concreto effettivo a indicazioni reali dei beni uguali o sufficientemente simili per lo stesso periodo di commercializzazione. Ciò è indispensabile si indichi anche per consentire alla controparte la verifica in concreto circa qualità e prezzo che si pretenderebbe applicare.

 

Le prove pertanto articolate dall’Agenzia delle Dogane non appaiono adeguate per contrastare il valore dichiarato dall’importatore in Dogana, pur supportato tale valore da tutti i documenti che la legge richiede per legittimarlo, quali le fatture e le prove delle rimesse”.

 

Dello stesso tenore anche la sentenza n. 150 del 15/02/2008 della stessa Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che ribadisce:

 

“Non appaiono però condivisibili i supporti alla rettifica addotti dalla Dogana ed individuati in espressioni vaghe e generiche ed in risultanze statistiche non specificamente riferite agli stessi articoli, specie poi quando,…………., si eseguono confronti su valori medi ottenuti mettendo assieme diverse tipologie commerciali, di diverso valore unitario, fra le quali siano presenti tipi di merce di cui alla transazione qui all’esame.

In altri termini non è stato effettuato alcun riferimento concreto effettivo a indicazioni reali dei beni uguali o sufficientemente simili a quelli importati e dichiarati in Dogana. Ciò è indispensabile si indichi anche per consentire alla controparte la verifica in concreto circa qualità e prezzo che si pretenderebbe applicare”.

 

Le sentenze citate confermano, dunque, che l’intero procedimento seguito dalla dogana risulta viziato sia dalla assenza di motivazione del ragionevole dubbio sulla attendibilità del valore di transazione – presupposto questo indispensabile per avviare una procedura di controllo che potesse portare alla determinazione del valore con un procedimento diverso da quello relativo al valore di transazione – sia dalla assoluta assenza di giustificazione logica e giuridica del metodo con il quale la Dogana di Napoli ha arbitrariamente determinato il valore che ha portato alla rettifica impugnata.

 

Gianni gargano

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