sul concorso in tema di sanzioni

46566_10151887770310476_1640458345_nIn virtù della delega contenuta nell’articolo 3, comma 133, della legge 662, sono stati emanati tre Decreti Legislativi, il n.471, il n.472 ed il n.473, tutti datati 18.12.1997 ed entrati in vigore il primo aprile del 1998, con i quali il Legislatore ha inteso riordinare la disciplina in materia di sanzioni tributarie.

Il criterio ispiratore della riforma è stato quello di prevedere specifici decreti volti ad individuare le sanzioni applicabili in relazione alle violazioni commesse in materia dei diversi tributi vigenti, prevedendo, nel contempo, un decreto specifico, il n.472, cui far riferimento per l’applicazione dei principi generali, applicabili anche nel caso di violazioni e sanzioni doganali.

La riforma ha preso atto della connotazione afflittiva e punitiva delle sanzioni amministrative tributarie, come più volte richiamato dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità, prevedendo che i nuovi principi generali si ispirassero alle disposizioni generali previsti in materia penalistica, la cui evidente ispirazione si intravede in diversi istituti giuridici introdotti con la riforma de qua, tra i quali la previsione della progressione delle violazioni tributarie e la disciplina sanzionatoria della continuazione.

In particolare, con l’articolo 12 del D.Lgs. 472/97 è stato introdotto nel sistema tributario l’istituto del cumulo giuridico, che si applica nelle seguenti ipotesi:

 

  • CONCORSO FORMALE (OMOGENEO OD ETEROGENEO – art. 12, comma 1, prima parte[1], D.Lgs. 472/97): con una sola azione si commettono più violazioni (sia formali che sostanziali) della stessa o di diverse disposizioni di legge, anche relative a diversi tributi;
  • CONCORSO MATERIALE OMOGENEO DI VIOLAZIONI FORMALI (art. 12, comma 1, seconda parte[2], D.Lgs. 472/97): con più azioni si commettono più violazioni formali della stessa disposizioni di legge;
  • ILLECITO CONTINUATO (art. 12, comma 2[3]Lgs. 472/97): con più azioni si commettono più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la liquidazione anche periodica del tributo.

 

In tali ipotesi, in luogo di applicarsi una singola sanzione per ogni violazione commessa, il Legislatore ha previsto che venga applicata un’unica sanzione pari a quella prevista per la violazione più grave aumentata da un quarto al doppio.

La norma prevede, altresì, una “clausola di garanzia” secondo cui la sanzione inflitta determinata con la metodologia del cumulo giuridico non può essere superiore alla somma delle sanzioni corrispondenti alle singole violazioni (cumulo materiale).

Oltre alla indicata maggiorazione, nei casi in cui le violazioni rilevano ai fini di più tributi, la sanzione base (quella corrispondente alla violazione più grave) cui commisurare l’aumento suindicato, sarà maggiorata di un quinto (art. 12, comma 3, D.Lgs. 472/97), ovvero, nel caso in cui violazioni della stessa indole siano commesse in periodi d’imposta differenti, essa sarà aumentata dalla metà al triplo (art. 12, comma 5, primo periodo, D.Lgs. 472/97).

 

L’istituto de quo risulta applicabile in ipotesi diverse a seconda che si tratti di violazioni sostanziali, ovvero formali.

Nel caso di violazioni “sostanziali” esso sarà applicabile solo se con una sola azione od omissione vengano violate diverse disposizioni.

Nel caso di violazioni “formali” esso sarà applicabile anche se con più azioni od omissioni venga violata diverse volte la medesima disposizione normativa.

 

Sul punto la circolare 180 del 10/07/1998 del Ministero delle Finanze chiarisce che:

“Dalla lettura congiunta dei commi 1 e 2 [dell’art. 12 del D.Lgs. 472/97], si deduce come, mentre il regime del concorso formale e’ suscettibile di abbracciare tutte le tipologie di violazioni che si esauriscono in un’unica azione o omissione, quello del concorso materiale comprende solo le violazioni che si possono definire formali, ossia e come già detto, non idonee ad incidere sulla determinazione dell’imponibile o liquidazione anche periodica del tributo. Le violazioni sostanziali possono invece rientrare nella previsione del comma 2 qualora si possa configurare, rispetto ad esse, il vincolo della progressione, mentre, in caso diverso, danno luogo ad applicazione di sanzioni distinte per ciascuna di esse.”

 

Dalle violazioni “formali” vanno tenute distinte le violazioni “meramente formali”, ovvero quelle che non comportano un debito di imposta (comma 3, dell’art. 10 della L.212/2000), non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo (comma 5-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 472/97).

Tali disposizioni introducono specifiche nozioni di “violazione formale” non sanzionabili in quanto si riferiscono a fattispecie in cui manchi ogni offensività concreta della condotta posta in essere (cfr. Cassazione Civile – Sezione Tributaria n. 4401/2014).

 

Tanto premesso, ci si soffermerà, qui di seguito, sull’applicabilità delle suddette fattispecie per la norma sanzionatoria più frequentemente contestata in materia doganale e, cioè, l’articolo 303 del TULD che sanziona la divergenza tra quanto accertato dall’Agenzia delle Dogane e quanto dichiarato dall’operatore in merito alla qualità, la quantità ed il valore delle merci destinate all’importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana.

 

Sull’applicabilità dell’istituto del “cumulo giuridico” in commento l’Agenzia delle Dogane, con nota del 09.02.2015, protocollo n. 16407/RU, in risposta ad un quesito circa la corretta applicazione proprio dell’articolo 303 del TULD nel caso di dichiarazioni contenenti più “singoli”, facendo riferimento all’articolo 198 del DAC, nel chiarire che ogni “singolo”, a suo parere, costituisce una dichiarazione a se stante, ha affermato che gli operatori che abbiano commesso errori in più “singoli” di un’unica dichiarazione doganale possono beneficiare della disciplina del concorso formale, qualora più favorevole e laddove ne ricorrano le condizioni (ex articolo 12, 1° comma, D.Lgs. 472/97).

In particolare nel caso in cui con una azione (sottoscrizione della dichiarazione doganale) vengano violate una o più norme tributarie di carattere formale o sostanziale a causa della presenza di più “singoli” all’interno di una dichiarazione, sarà possibile applicare esclusivamente la sanzione per la violazione più grave, contenuta in un “singolo”, aumentata da un quarto al doppio.

Viceversa, nell’ipotesi in cui vengano presentate più dichiarazioni doganali, la Dogana esclude l’applicabilità dell’istituto del cumulo giuridico, a meno che non si tratti di più violazioni “formali” della stessa norma (Concorso materiale omogeneo di violazioni formali).

 

La ricostruzione del predetto istituto giuridico, così come avanzata dall’Amministrazione, appare non perfettamente corrispondente al principio di equità atteso che nel disciplinare diversamente due diverse ipotesi, opera un discrimen tra chi presenti un’unica dichiarazione doganale rispetto a chi, invece, opti per la presentazione di diverse dichiarazioni doganali.

 

Sul punto si consideri l’ipotesi di due soggetti che scelgano, per dieci partite di merce, l’uno di presentare un’unica dichiarazione doganale con dieci singoli, l’altro di presentare dieci dichiarazioni doganali separate e dichiarino, ad esempio, un valore diverso da quello accertato (dichiarato totale Euro 100.000,00, accertato totale 200.000,00). In tal caso al primo operatore verrà irrogata la sanzione prevista per la violazione più grave (quella per il singolo ove viene riscontrata la maggiore differenza di diritti doganali) maggiorata da un quarto al doppio, mentre al secondo verranno contestate dieci autonome sanzioni, non cumulabili.

 

La conseguenza di tale scelta operata dall’Amministrazione Finanziaria comporta, in ultima analisi, che in alcune fattispecie concrete, assolutamente sovrapponibili tra loro in termini fattuali, verranno irrogate sanzioni di importo molto diverso.

 

In ogni caso, sia se la sanzione è stata determinata ricorrendo al cumulo giuridico, sia nel caso in cui non lo sia stata, l’operatore può beneficiare della definizione agevolata prevista dal comma 3 dell’articolo 16 del D.Lgs. 472/97 (nel caso di contestazione non contestuale), ovvero dal comma 2 del successivo articolo 17 (nel caso di irrogazione contestuale), provvedendo al pagamento, entro il termine per la proposizione del ricorso, di un importo pari ad un terzo della sanzione irrogata.

Quindi, in sostanza, qualora l’Ente sanzionatore avesse provveduto ad applicare l’istituto del cumulo giuridico, l’operatore potrà definire tutte le violazione contestategli beneficiando della duplice riduzione, quella del “cumulo giuridico” e quella della definizione agevolata.

 

Nell’ipotesi in cui l’operatore non voglia definire le violazioni ascrittegli mediante il ricorso alla “definizione agevolata” potrà, in ogni caso, contestare la pretesa dell’Amministrazione mediante la proposizione di un ricorso presso la competente Commissione Tributaria.

 

In sede contenziosa il contribuente ha ancora la possibilità di tentare di trovare una soluzione bonaria con l’Amministrazione.

In particolare può formulare una proposta di conciliazione ai sensi dell’articolo 48 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, il quale disciplina l’istituto della conciliazione giudiziale[4].

Fino al 31.12.2015 la conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d’ufficio anche dalla commissione.

Dal 1 gennaio 2016, alla luce delle modifiche apportate all’art. 48 del D.Lgs. 546/92 dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 156/15, la conciliazione può essere raggiunta sia nel corso del giudizio davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che nel corso di quello davanti alla Commissione Tributaria Regionale.

In particolare il citato articolo 48 del D.Lgs. 546/92, nella versione che sarà in vigore dal prossimo 1 gennaio 2016 recita:

“1. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia.

  1. Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l’accordo conciliativo e’ parziale, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa.
  2. Se la data di trattazione non e’ fissata, provvede con decreto il presidente della sezione. 4. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 1, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.”

 

L’istituto della conciliazione giudiziaria è applicabile, oltre che alle sanzioni, anche ai maggiori diritti doganali eventualmente richiesti dalla Dogana. La richiesta può riguardare sia la sola richiesta di sanzione piuttosto che quella dei maggiori diritti (sia ovviamente entrambe). In ogni caso, la richiesta di conciliazione non implica sic et simpliciter l’ammissione di responsabilità, a qualsiasi titolo, da pare dell’operatore ovvero non si riconosce la fondatezza della pretesa tributaria e sanzionatoria.

 

Partendo dall’esempio sopra riportato, l’operatore che ha presentato le diverse dichiarazioni di importazioni (piuttosto che un’unica dichiarazione) potrà formulare una proposta conciliativa affinché la sanzione venga rideterminata nella misura di cui al “cumulo giuridico”, trovandosi, di fatto, nella medesima condizione di chi ha presentato un’unica bolletta doganale.

 

A partire dal mese di gennaio 2016, in materia doganale, sarà previsto un ulteriore istituto deflattivo del contenzioso tributario, ovvero la mediazione.

Infatti, il legislatore, con l’art. 9, comma 1, lettera l) del D.L. n.156/2015, che ha modificato l’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92, ha esteso l’applicazione dell’istituto della mediazione agli atti emessi da tutti gli enti impositori, compresi quindi gli atti impositivi e sanzionatori dell’Agenzia delle Dogane.

Il contribuente deve notificare, a pena di improcedibilità, il ricorso unitamente all’istanza di mediazione che si basa sugli stessi motivi di impugnazione dell’atto contestato, all’ente impositore (es. Agenzia delle Dogane) entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla notifica dello stesso (salvo la sospensione feriale dei termini).

 

Il procedimento di mediazione deve concludersi, perentoriamente, nel termine di novanta giorni (salva sempre la sospensione feriale dei termini) a decorrere dalla data di notifica del ricorso/reclamo.

 

Allo spirare di detto termine, senza che il reclamo sia accolto, ovvero senza che si sia conclusa la mediazione, decorrono i 30 giorni entro i quali deve avvenire la costituzione in giudizio del contribuente ex art. 22 del D.Lgs. 546/92.

 

Infine il comma 8 dell’art. 17 bis del D.Lgs. 546/92 in commento prevede che la riscossione delle somme richieste con l’atto oggetto di reclamo è sospesa fino alla scadenza del termine dei novanta giorni previsti per la conclusione della “procedura conciliativa”.

Tale norma, in assenza di qualsivoglia chiarimento da parte dell’Amministrazione, ovvero modifica legislativa, deve ritenersi applicabili anche agli atti emessi dall’Agenzia delle Dogane di valore inferiore a ventimila euro.

 

“8. La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, fermo restando che in caso di mancato perfezionamento della mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta.

Vincenzo Guastella

Francesco Ruggiero

(Studio Gargano)

[1]E’ punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi …”

[2]E’ punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi … commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione.”

[3] “2. Alla stessa sanzione soggiace chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo.”

[4] Originariamente l’istituto della conciliazione giudiziaria non era ritenuto applicabile alle controversie aventi ad oggetto risorse proprie della Comunità (Dazi doganali ed altre tasse di effetto equivalente). Successivamente la Commissione Europea, interpellata sul punto dall’Agenzia delle Dogane, si è pronunciata a favore dell’ammissibilità, ritenendo che questa procedura configuri una ulteriore occasione offerta alle parti per esaminare congiuntamente la sussistenza o meno di un debito (cfr. nota Agenzia delle Dogane prot. n.1287/IV/04 dell’8 giugno 2004).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *