La dichiarazione d’intento ed il plafond
La dichiarazione d’intento, da redigersi in conformità al modello approvato, da ultimo, dal DM 6/12/86, esprime la volontà dell’esportatore abituale di effettuare acquisti di beni/servizi e importazioni senza pagamento dell’Iva.
La conformità deve intendersi non in senso formale, bensì sostanziale, avuto, cioè, riguardo al suo contenuto, completo di tutte le indicazioni richieste dal modello ministeriale.
Tale dichiarazione, appositamente datata, numerata e sottoscritta dal dichiarante, deve indicare anche i limiti, quantitativi o temporali, entro i quali il fornitore è esonerato dall’addebito dell’Iva sulle operazioni poste in essere. Ciò in quanto la stessa, anziché anteriormente a ciascuna operazione, può essere emessa con riguardo a più operazioni che saranno realizzate tra le stesse parti, individuate in relazione ad un predeterminato periodo temporale o fino a revoca (che non può eccedere, comunque, l’anno solare), ovvero ad un ammontare prefissato di operazioni.
A tale regola fanno eccezione le importazioni di beni da Paesi/territori extra UE, imponibili a Iva in Italia, ai sensi dell’art. 67 del DPR 633/72.
Il beneficio della non applicazione d’imposta presuppone, infatti, che la dichiarazione d’intento sia presentata in dogana prima dell’accettazione della bolletta doganale di ciascuna importazione, non potendosi definire “parte” l’Ufficio doganale e non essendo prevista, d’altra parte, a carico delle dogane l’incombenza di registrare le dichiarazioni ricevute. (diversamente da quanto avviene per i fornitori o prestatori).
Le dichiarazioni di intento hanno una numerazione annuale progressiva e vanno registrate nell’apposito registro delle “dichiarazioni d’intento emesse e pervenute” ovvero in una apposita sezione del registro di cui all’articolo 24 del DPR 633/72. Il cedente o prestatore che riceve la dichiarazione d’intento emessa dal cessionario o committente la registrerà e la numererà, quale, pervenuta in ordine progressivo annuale, nello stesso registro in suo uso ovvero in una apposita sezione del registro di cui all’articolo 25 del DPR 633/72.
Sulle fatture emesse non imponibili a seguito di emissione di dichiarazione d’intento dovrà essere apposta la seguente dicitura:” Operazione non imponibile ai sensi dell’art…..del DPR 633/72 (ovvero DL 331/93), giusta dichiarazione d’intento n. del…presa in carico al n……del …..).
Per un Fac-simile della dichiarazione d’intento clicca qui.
L’utilizzo del plafond e la responsabilità del cedente o in dogana
Giova soffermarsi sia sul comportamento da tenere, sia sulle responsabilità a carico sia del soggetto che rilascia la dichiarazione d’intento (cessionario/committente), sia del soggetto che quella dichiarazione riceve (cedente/prestatore).
E’ bene, innanzitutto, precisare che il quadro normativo pone con evidenza il principio di responsabilità in capo al soggetto che dichiara il proprio status di esportatore.
Coerente con tale costruzione appare la disposizione sanzionatoria che individua la responsabilità del destinatario della dichiarazione d’intento nella unica ipotesi in cui tale documento non sia rilasciato o non sia conforme al paradigma normativamente previsto.
Sicché, allo stato odierno, si può agevolmente concludere che il cessionario o committente, che riceva la dichiarazione d’intento, esaminati gli aspetti formali del documento, non assume alcuna responsabilità.
In tal senso le norme di riferimento che:
- introducono un obbligo di comunicazione a carico del cedente o prestatore dei dati contenuti nella dichiarazione d’intento ricevuta dall’esportatore abituale (articolo 1 – comma 381 legge 30/12/2004, n. 311 – legge finanziaria 2005) ;
- prevedono (e limitano) la responsabilità del cessionario/committente al caso in cui la disapplicazione dell’imposta avvenga senza il rispetto della regola di trasmissione di dati (il D.L. 746/1983 all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, prevede che chiunque omette di inviare nei termini previsti la comunicazione di cui si è detto o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa, correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta);
- In tal senso va anche quanto affermato al secondo comma dell’articolo 2 del D.L. 746/1983 ove è detto che : “qualora sia stata rilasciata la dichiarazione , dell’omesso pagamento dell’imposta rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa”
In particolare, per quanto attiene più specificamente la dichiarazione presentata in dogana all’importazione, la legge n. 213 del 25 luglio del 2000, contenente norme di adeguamento dell’attività degli spedizionieri doganali alle mutate esigenze dei traffici all’articolo 8, comma 3, ha affermato che l’articolo 2 del D.L. 746/1983, appena riportato “va interpretato nel senso che dell’omesso pagamento dell’imposta sul valore aggiunto a fronte di dichiarazioni d’intento presentata in dogana rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d’intento, e non anche lo spedizioniere doganale che l’ha presentata”
Il principio è stato ribadito – in via rafforzativa – anche dalla Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza n. 3623/2006 della Sezione Tributaria Civile che ha riconosciuto l’efficacia retroattiva dell’appena citato articolo e del D.L. 746/83 ed ha affermato:
- che l’accertamento della falsità della dichiarazione d’intento non dà luogo ad una rettifica dell’accertamento (ovverosia ad una diversa individuazione degli elementi posti alla base della originaria determinazione del tributo, ovvero ad una nuova liquidazione dello stesso), ma alla riscossione nei confronti del proprietario, o del soggetto ritenuto tale, dei diritti liquidati in sede di accertamento e non riscossi;
- la revisione della liquidazione trova applicazione unicamente con riferimento agli errori materiali di somma, ovvero ad erronea applicazione dei tassi di cambio della moneta estera, ovvero ancora nella errata classificazione della merce nella tariffa doganale. La revisione della liquidazione riguarda, cioè, le correzioni quantitative dell’ammontare delle imposte precedentemente liquidate in bolletta, laddove invece, nel caso di specie, la dogana non ha modificato in alcun modo la precedente liquidazione, limitandosi a richiedere, a posteriori, il pagamento dell’imposta inizialmente sospesa;
- gli elementi dell’accertamento, infatti, sono la qualità, la quantità, il, valore e l’origine delle merci (rilevanti ai fini dell’accertamento propriamente detto), nonché ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti,
- la veridicità della dichiarazione d’intento, che attiene all’esistenza, per l’importatore-esportatore, di un plafond come definito dalla legge, non è un dato che attenga alla merce presentata in dogana, e neppure un elemento richiesto per l’applicazione della tariffa applicabile o per la liquidazione dei diritti bensì elemento attinente alle condizioni soggettive dell’importatore, le quali rinviano ai soli fini del pagamento dell’imposta, nel senso che essa rimarrà sospesa solo per coloro che versino nelle condizioni previste dalla legge e lo dichiarino sotto la propria responsabilità,
- la dichiarazione d’intento che dà diritto all’esenzione inerisce ad un comportamento eccedente lo stesso rapporto doganale di importazione;
- lo spedizioniere doganale non ha il potere di ispezionare la contabilità dell’impresa importatrice, per verificare, in relazione ad ogni singola operazione di importazione, l’esistenza di un plafond tuttora disponibile.
Invero – sebbene la questione sia delicata e da affrontare in altra sede e con altri strumenti – tuttavia non si può sottacere, per onestà intellettuale, che il principio affermato della esclusione della responsabilità dovrebbe ritenersi estendibile anche ai rappresentanti doganali, diversi dagli spedizionieri doganali..
E ciò sia per quanto sin qui esposto in ordine alla responsabilità dell’errata emissione della dichiarazione d’intento, sia per le caratteristiche professionali chieste dalle CCIAA all’atto dell’iscrizione delle “Case di Spedizione” ovvero dai CAD , in particolar modo quando abbiano acquisito lo status di AEO.
Vale la ricordare che la stessa Agenzia delle Dogane – con nota n. 31138 R.U. del 12 febbraio 2010 avente ad oggetto Centri di Assistenza Doganale – ha ricordato alle Direzioni Regionali ed Interregionali che, “nel caso in cui si trovino a dover giudicare dell’operato degli stessi, tengano conto della circostanza che il CAD non può essere chiamato a rispondere per dichiarazioni doganali, diligentemente effettuate nel rispetto delle istruzioni ricevute col mandato, quando dalle stesse sia scaturita un’irregolarità riscontrabile solo con le prerogative possedute da un organo di polizia giudiziaria e tributaria. Il CAD non potrà essere considerato responsabile o corresponsabile per inadempienze derivanti da comportamenti ad altri imputabili”
La questione sarebbe facilmente risolvibile, ad esempio, prevedendo, a carico della dogana, la trasmissione, all’Agenzia delle Entrate, delle dichiarazioni d’intento presentatele per gli adempimenti di competenza di quell’Agenzia, facendo così ricadere solo sull’importatore che l’ha emessa, la responsabilità in ordine alla falsità o irregolarità delle dichiarazioni d’intento, così come previsto per le cessioni interne. Sarebbe, questa, l’occasione per non creare disparità di trattamento tra l’importazione – ove si vuole ad ogni costo trovare un terzo soggetto responsabile in solido con l’importatore – e le cessioni interne che prevedono (e limitano) la responsabilità del cessionario/committente al caso in cui la disapplicazione dell’imposta – si ricorda – avvenga senza il rispetto della regola di trasmissione di dati (il D.L. 746/1983 all’articolo 1, comma 1, lettera c) ultimo periodo prevede che chiunque omette di inviare nei termini previsti la comunicazione di cui si è detto o la invia con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente dell’imposta evasa, correlata all’infedeltà della dichiarazione ricevuta).
Giovanni Gargano
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