Il Consignment Stock

Il contratto sul quale vogliamo soffermarci è quello più tipicamente usato dai giornalai: cioè del contratto estimatorio, ovvero del contratto con il quale una parte consegna una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga a pagare il prezzo salvo che restituisca le cose nel termine stabilito.

E’ il contratto tipico, appunto dei giornalai e dei librai.

Utilizzato dalle imprese di produzione o di trasformazione consente l’ approvvigionamento di merce da parte di fornitori nazionale od esteri, con il beneficio di pagarne il prezzo soltanto all’atto del loro effettivo utilizzo.

Questa forma di contratto prende il nome di “consignment stock”, molto utilizzato nel commercio internazionale, secondo le modalità, anche fiscali, che si riassumo qui di seguito.

INVIO DI MERCE DA UN PAESE COMUNITARIO AD ALTRO PAESE COMUNITARIO SENZA UTILIZZO DEL DEPOSITO IVA

L’ipotesi è stata affrontata dall’allora Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate – che nella risoluzione n. 235/E del 18.10.1996 già aveva chiarito che in caso di stoccaggio di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro appartenente ad un cliente ivi residente, che abbia l’esclusiva dell’acquisto, il momento impositivo, ai fini IVA, coincide con il prelievo dei beni dal magazzino da parte di quest’ultimo ed, in ogni caso, con il decorso di un anno dalla consegna o spedizione dei beni.

E’ a tale momento che vanno, quindi, ricondotte l’emissione della fattura da parte del cedente, che sarà emessa ai sensi dell’art. 41, 1° comma del D.L. 331/93, e la compilazione del modello intra/1. Specularmente, sempre a quel momento, si verificherà, da parte del cliente depositario, l’acquisto intracomunitario, ai sensi dell’art. 38 del D.L. 331/93, cui incomberanno i relativi obblighi fiscali, che sono: l’integrazione della fattura pervenutagli dal fornitore e la presentazione del modello intra/2.

Durante la giacenza nel deposito, e prima che l’effetto traslativo della proprietà si sia verificato, entrambi i soggetti dovranno tener conto nelle rispettive contabilità, mediante l’utilizzo dei conti d’ordine, della effettiva localizzazione dei beni. Inoltre, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la movimentazione di questi beni deve essere annotata, ai sensi dell’art. 50, 5° comma, del D.L. 331/93, in apposito registro tenuto ai sensi dell’art. 39 del DPR 633/72.

Nell’ipotesi in commento, il depositario non deve coincidere necessariamente con il cliente, ben potendosi, quest’ultimo, servirsi di un deposito di un terzo al quale abbia conferito l’incarico di custodire le merci per suo conto.

INVIO DI MERCE DA UN PAESE COMUNITARIO AD ALTRO PAESE COMUNITARIO CON UTILIZZO DEL DEPOSITO IVA

L’operazione sopra descritta può anche essere effettuata mediante l’utilizzo dell’istituto del deposito IVA, secondo le modalità già esposte, con le seguenti, uniche, differenze:

a) l’acquisto potrà intervenire anche oltre l’anno dalla spedizione/consegna della merce;

b) depositario e acquirente devono coincidere. Infatti, il 2° comma dell’art. 50 bis del D.L. 331/93 prevede che, nel caso di acquisto con introduzione in deposito IVA di beni spediti da soggetto passivo identificato in un altro Stato membro della Comunità europea e destinati ad essere ceduti al depositario, l’acquisto intracomunitario si considera effettuato al momento dell’estrazione dei beni. Tale possibilità è prevista solo nel caso di deposito “in conto proprio” e mai quando si tratti di depositi IVA “conto terzi “ (istituzionali o meno), né tale tipo di operazione è elencata tra quelle tassativamente previste al 4° comma dell’art. 50 bis in commento.

 ACQUISTO DI MERCE DA UN PAESE EXTRA COMUNITARIO

In tal caso, verificandosi, comunque l’ipotesi di cui all’art. 67 del Decreto IVA (introduzione dei beni nel territorio dello Stato), l’imposta sul valore aggiunto dovrà essere corrisposta in dogana all’atto dell’introduzione dei beni nello Stato, benché l’acquisto non si sia ancora perfezionato. Per tale motivo l’acquirente dovrà registrare nei conti d’ordine la presenza, nella sua azienda di beni di proprietà di terzi.

Al perfezionarsi dell’acquisto l’acquirente dovrà emettere autofattura nella quale indicherà l’ammontare del corrispettivo corrisposto e dell’IVA relativa, nonché gli estremi della bolletta doganale con cui i beni sono stati introdotti e quelli della sua registrazione nel registro degli acquisti. Detta autofattura andrà annotata nel registro delle vendite ed in quello degli acquisti, in una separata colonna appositamente contrassegnata, assolvendo l’unica funzione di documentazione dell’operazione di acquisto ai fini delle imposte dirette, posto che ai fini IVA l’imposta è già stata assolta ed annotata all’atto dell’importazione.

Se, invece, il prezzo corrisposto al momento dell’acquisto definitivo è superiore a quello indicato in dogana al momento dell’introduzione nel territorio dello Stato, l’importo relativo, dovrà essere documentato ed annotato integralmente nel registro delle fatture emesse e delle fatture di acquisto, ma concorrerà alla liquidazione soltanto per la differenza tra l’imposta indicata in autofattura e quella corrisposta in dogana.

Qualora i beni dovessero essere restituiti al fornitore estero (avendo il soggetto nazionale corrisposto l’imposta sul valore aggiunto all’atto dell’introduzione dei beni nel territorio dello Stato) l’operazione sarà considerata una cessione all’esportazione e dovrà essere documentata con una fattura non imponibile ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/72.

CESSIONE DI MERCE AD UN CLIENTE RESIDENTE IN UN PAESE EXTRA COMUNITARIO

Sul punto si è già pronunciata l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 58/E del 5 maggio 2005 ritenendo che l’operazione può considerarsi una “cessione all’esportazione”, soltanto nel momento in cui si sia perfezionata la cessione mediante il prelievo dei beni da parte dell’acquirente estero. Solo al verificarsi di tale condizione il cedente nazionale sarà obbligato ad emettere fattura, non imponibile ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/72, che concorrerà alla formazione del plafond nel periodo in cui è stata emessa.

E’ evidente che la spedizione all’estero della merce avverrà previa emissione di bolletta di esportazione corredata da fattura pro-forma e contenente tutti i riferimenti al contratto di consignment stock.

Nel caso, invece, in cui il cliente estero restituisca la merce, al rientro nello Stato l’operazione sarà considerata, ai fini doganali una “reintroduzione in franchigia”, ove l’IVA non sarà dovuta ai sensi dell’art. 68, 1° comma, lett. d), sempre che all’esportazione la cessione non abbia concorso alla formazione di alcun plafond disponibile.

Vincenzo Guastella

Francesco Pagnozzi

(Studio Gargano)

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