Depositi Iva – le ultimissime – si gradiscono commenti

La VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati

La questione dei depositi Iva  ha assunto, in questi ultimi tempi, una tale importanza da costituire, in due occasioni, oggetto di studio da parte del Parlamento Italiano (e non da un diverso Parlamento, come qualcuno pure ha sostenuto sebbene, certamente, in buona fede), cui sono seguite due modifiche dell’art. 50 bis del D.L. 331/93.

In sede parlamentare, la  Commissione Finanze della Camera

  • preso atto che solo di recente l’Amministrazione finanziaria, ritenendo che ai fini dell’applicazione dell’istituto, non sia più sufficiente la sola annotazione dei beni nel registro di cui al comma 3 del medesimo art. 50 bis, ma sia necessaria la materiale introduzione fisica dei beni nel deposito;
  • considerato che l’orientamento assunto dall’Amministrazione Finanziaria, benché motivato dall’esigenza di contrastare taluni gravi fenomeni di elusione ed evasione tributaria, sta comportando “conseguenze potenzialmente deleterie, sul piano economico e finanziario, anche per la grande massa degli operatori onesti” e che sussiste “il concreto rischio di una duplicazione dell’IVA sulla base del medesimo presupposto impositivo sostanziale”;
  • ritenuto che alla luce dei principi a quali si ispirano l’ordinamento tributario l’imposta deve ritenersi assolta attraverso il meccanismo dell’inversione contabile al momento dell’estrazione dei beni dal deposito IVA e che a favore di tale tesi ricorre anche l’art. 6, comma 9 bis, terzo periodo del D.Lgs. n. 471 del 1997 che prevede che laddove l’IVA sia stata assolta, ancorché irregolarmente …….., fermo restando il diritto alla detrazione è prevista una sanzione amministrativa del 3 % dell’imposta irregolarmente assolta;
  • riconosciuta la validità della risoluzione n. 440/E del 12 dicembre 2008 (allegato n. 11), che evidenzia la assoluta diversità tra il deposito doganale e quello IVA;
  • ritenuto che è necessario tenere conto delle norme di cui agli artt. 1766 e seguenti del c.c. e di cui all’art. 16, comma 5 bis, del D.L. n. 185/2008 che danno prioritario rilevo alla funzione e alla qualità professionale del depositario, mettendo in secondo piano il luogo in cui tale funzione viene espletata
  • valutata l’opportunità di subordinare l’operazione di immissione in libera pratica di beni destinati a deposito IVA ai soggetti di fiducia dell’Amministrazione, ovvero previa prestazione di garanzia, da svincolare soltanto quando sia stata provato il corretto assolvimento dell’IVA all’estrazione con il metodo del reverse charge, ritenuto valido metodo di assolvimento dell’imposta interna;

 

ha approvato un atto di indirizzo  che impegna il Governo ad emettere un atto legislativo, ovvero amministrativo, volto a chiarire definitivamente gli aspetti legati all’istituto del deposito IVA.

In parziale attuazione dell’atto di indirizzo della VI Commissione è stato emanato il D.L. 13/05/2001 n. 70 (decreto sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, che ha aggiunto al comma 6 dell’art. 50 bis del D.L. 331/93 il seguente periodo: “fino all’integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all’estrazione comunica, altresì, al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell’imposta di cui al presente comma ….omissis….”

L’Agenzia delle Dogane, in ordine alla citate modifiche normative, ha emesso la recente nota n. 84920/RU del 07/09/2011 (allegato n. 19)  che

–       ribadisce la validità della circolare n. 16/D del 28/04/2006 e della direttiva n. 7521 del 28/12/2006 che dispongono la necessità di introduzione della merce nel deposito IVA senza che ne sia  necessario lo scarico dagli automezzi;

–       ribadisce la validità della direttiva n. 22321 del 24/02/2009 di commento alla norma di interpretazione autentica recata dal comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008, convertito dalla legge 02/2009;

–       riconosce (a pag. 6, secondo periodo) la validità dell’assolvimento dell’imposta con il metodo del reverse charge, purché, il soggetto che provvede all’estrazione dia prova “dell’espletamento degli adempimenti previsti in materia di IVA ai fini della liquidazione dell’imposta, fornendo documentazione dell’avvenuta registrazione dell’autofattura nella propria contabilità”.

La nota testualmente recita:

 “….

Ciò premesso, si fa seguito alle disposizioni contenute nella circolare 16/D del 28 aprile 2006 e nelle direttive prot. nn. 7521 e 22321 R.U., datate rispettivamente 28/12/2006 e 24/02/2009, relative all’argomento, per fornire i preannunciati indirizzi operativi.

Preliminarmente, si ribadiscono le disposizioni emanate con la citata direttiva 22321 del 24/02/2009 di commento alla norma di interpretazione autentica recata dall’articolo 16, comma 5 bis, del D.L. 185 del 2008, convertito dalla Legge 185 del 2008.

 

….

Le immissioni in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un deposito I.V.A. sono effettuate, infatti, senza applicazione dell’I.V.A. sulla base di una dichiarazione dell’importatore circa la destinazione dei beni, dal momento che il relativo onere viene assolto solo successivamente, al momento dell’estrazione dal deposito stesso dai soggetti passivi agli effetti I.V.A. con il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).

…..

Ai fini dello svincolo della garanzia, in applicazione di quanto disposto dalla norma, il soggetto che procede all’estrazione dovrà dare prova dell’espletamento degli adempimenti previsti in materia di I.V.A. (cfr. art. 1 D.P.R. 100/1998) ai fini della liquidazione dell’imposta, fornendo documentazione dell’avvenuta registrazione dell’autofattura nella propria contabilità.”

Ancora si segnala la recente nota prot. 113881/RU del 05/10/2011 , con la quale l’Agenzia delle Dogane ha chiarito che per lo svincolo della garanzia prestata all’atto dell’immissione in libera pratica il soggetto che procede all’estrazione dovrà produrre:

 

“1. copia dell’autofattura ovvero, in caso di esportazione o di cessione intracomunitaria, copia della fattura, integrata con gli estremi della registrazione nei libri contabili ovvero, in alternativa a tale integrazione, corredata da copia del registro di cui agli articoli 23/24 e 25 del D.P.R. 633/1972 da cui risulti l’avvenuta registrazione delle suddette fatture;

 

2. dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, con allegata la copia di un documento di identità, rilasciata ai sensi degli artt.19 e 47 D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000 e attestante la conformità all’originale e l’effettiva registrazione nei libri contabili dell’autofattura o della fattura.” 

Ciò a ulteriore dimostrazione della validità del metodo del reverse charge per l’assolvimento dell’imposta all’atto dell’estrazione della merce dal deposito IVA.

Ancora la VI Commissione della Camera (italiana), con la Risoluzione n. 8/00161 del 9 febbraio 2012 (allegato n. 55), dopo aver premesso che l’introduzione nel deposito IVA si intende realizzata qualora si verifichi, alternativamente,una delle seguenti condizioni: a) l’ingresso fisico della merce all’interno del deposito IVA; b) l’ingresso fisico nel deposito IVA del mezzo di trasporto, senza che le merci vengano necessariamente scaricate dal mezzo; c) che la merce raggiunga gli spazi limitrofi al deposito IVA, senza la preventiva introduzione fisica in quest’ultimo, ove possono essere materialmente effettuate le prestazioni di servizi esenti da IVA, prevista dal comma 4, lettera h) del predetto articolo 50 bis del D.L. n. 331/93; che ai fini della validità del contratto di deposito non è richiesto un tempo minimo di giacenza delle merci nel deposito, poiché trattasi di negozio giuridico di attuazione, in cui la manifestazione di volontà è tacita, in quanto viene ad esistenza per mezzo di fatti concludenti; ha impegnato, ancora una volta, il Governo: “……. e) a verificare, con riferimento alle problematiche di carattere tributario, che i controlli sulla gestione dell’applicazione della disciplina concernente la sospensione del pagamento dell’Iva sulle merci introdotte in libera pratica destinate ad un deposito fiscale Iva siano svolti con modalità non vessatorie, e che non siano adottate in materia interpretazioni restrittive relativamente a fattispecie non previste dalle norme comunitarie di cui agli articoli 156 e 157 della direttiva 2006/112/CE”;

Il Parlamento, quindi, in sede di conversione del D.L. n. 16/2012, con la Legge 28/04/2012, n. 44, ha recepito i suggerimenti proposti dalla VI Commissione Finanze della Camera, sia in data 31/05/2011, sia in data 9/02/2012,  modificando il comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008 (avente valore retroattivo, in quanto norma interpretativa), nel senso di riconoscere che l’introduzione nel deposito, anche per un breve tempo, senza che le merci siano scaricate dagli automezzi, soddisfa alle norme dettate dal codice civile in tema di contratto di deposito (artt. 1766 e ss.), compresa, quindi, l’esigenza di custodia delle merci; concetto, quest’ultimo che smentisce l’affermazione della Suprema Corte contenuta nelle sentenze 12262/10 e seguenti, che il deposito IVA è istituto disciplinato dalle norme dettate dal Codice Doganale Comunitario in tema di deposito doganale comunitario, dove è necessario, invece, immagazzinare le merci. Testualmente il comma 21-bis dell’art. 8, del D.L. 16/2012 (allegato n. 56):

“All’art. 16, comma 5 bis, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo le parole “nel deposito IVA”, sono aggiunte le seguenti: “senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto”.

Per cui il testo del citato comma 5 bis, dell’art. 16 del D.L. 185/2008 risulta il seguente:

“La lettera h) del comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si interpreta nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto.”

 

Questo principio era già stato recepito con nota protocollo 2012/51273 del 2 aprile 2012 ( in data antecedente, cioè, all’emendamento approvato al Senato in sede di conversione del D.L. 16/2012 in data 4 aprile 2012, con la quale il Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, dott. Attilio Befera, confermava la valenza dell’introduzione delle merci per un periodo temporale molto breve, in assenza di elementi idonei a configurare ipotesi di reato.

L’Agenzia delle Dogane, dal canto suo, con la recente e tempestiva nota n. R.U. 62488 del 31 maggio 2012, della quale è stata data la più ampia diffusione, ed avente ad oggetto, tra l’altro, proprio le misure adottate, in materia di depositi Iva, dalla legge 44/2012, di conversione del decreto legge 2.3.2012, n. 16, a pagina 13 afferma, testualmente:

“ Il comma 21-bis inserito nell’art. 8 del decreto-legge apporta una modifica integrativa alla disposizione di cui all’art. 16 del comma 5-bis, del D.L. n. 185/2008, completando il contenuto della norma di interpretazione autentica in materia di prestazione di servizi relative a beni consegnati al depositario.

In particolare, viene codificato il principio, già operante nella prassi applicativa sia dell’Agenzia delle Entrate che di questa Agenzia (vedasi, da ultimo, nota 7521 del 28 dicembre 2006 di questa Direzione), secondo cui per introduzioni nel deposito Iva non sono richiesti né tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto”

 

Gianni gargano

Vincenzo Guastella

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