La Cassazione si dimentica del 220

Il codice doganale comunitario prevede una deroga alla contabilizzazione a posteriori dei diritti doganali nell’ipotesi  in cui la loro  mancata riscossione derivi  da un errore delle Autorità doganali che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore che avesse agito in buone fede, utilizzando tutta la diligenza richiestagli.

Qualora si dovesse trattare di disconoscimento di un trattamento daziario preferenziale, il rilascio da parte delle competenti autorità estere di un certificato (EUR 1 o FORM A che sia) che dovesse rivelarsi inesatto (o non valido, ma mai falso), costituisce un errore che non poteva essere scoperto dall’importatore.

Opera, cioè, in tal caso una presunzione a favore dell’importatore.

Se, però, il rilascio da parte delle Autorità estere di un certificato rivelatosi inesatto, derivi da una presa per i fondelli della dogana estera da parte dell’esportatore, questa presunzione non opera, cioè l’importatore deve pagare.

Se invece la dogana estera  era, o avrebbe dovuto sapere che la merce non era da considerarsi di origine preferenziale, l’importatore è salvo e non deve pagare il maggior dazio, ferme restando le altre condizioni necessarie a far valere l’esimente di cui si discorre.

Vedi articolo 220 CDC.

La Corte di Giustizia Europea questi principi li ha riconosciuti con la famosa sentenza Beemsterboer n. C-293/04, del 9 marzo 2006 che pure ha la sua importanza nell’ordine delle fonti del diritto!

Non sembra, però, che dei principi indicati abbia tenuto conto la Suprema Corte di Cassazione , Sezione Tributaria Civile che con la sentenza n. 4023 del 14 marzo 2012, pare li abbia del tutto ignorati, leggendo, forse, in modo restrittivo e a favore di una sola delle parti – l’Amministrazione — , gli articolo 94, 199 e 904 del DAC, trascurandone gli incisi che proprio alle condizioni esimenti suesposte si devono ritenere riferiti.

Giovanni Gargano

Francesco Pagnozzi

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