L’Italia e il suo genio

Il recupero di risorse non deve essere fatto a scapito delle aziende produttrici di reddito e fonte di ogni risorsa economica di questo Paese che si è posto tra le prime economie del mondo.

La tutela del risparmio, i diritti del commercio e l’orgoglio delle nostre industrie e dei loro prodotti che ci inorgoglivano.

Questa è stata l’Italia che in quarant’anni, grazie al genio del suo popolo, è passata dalla miseria della guerra ai fasti dei grandi del mondo.

Quegli industriali, quegli imprenditori, i lavoratori che sono stati e sono al loro fianco, meritano rispetto.

E se dobbiamo tirarci su dalla crisi non lo possiamo fare senza di loro.

Non ce la faremmo mai!

E allora la lotta all’evasione non deve colpire quei soggetti, no!

Deve colpire gli evasori, intesi come i parassiti della nostra società. Le sanguisughe che ci hanno e che continuano a salassarci.

Insomma la lotta all’evasione deve essere mirata. Deve colpire al cuore in modo che il colpo non diventi mortale per aver colpito un organi sani e vitali.

Innanzitutto chiarezza:

E ognuno faccia il suo dovere. Per primi i funzionari dello Stato, di qualunque ordine e grado e  a qualunque amministrazione appartengano.

Deve rinascere l’orgoglio di sentirsi funzionario dello Stato. Di rappresentarlo. Di esserne parte.

E allora lo stipendio che si percepisce ti faccio vedere se non basta!

Io sono stato un funzionario di dogana e ancora ne sono orgoglioso!

Allora, per i funzionari dello Stato, nessun premio per i risultati.

Ma scherziamo, e lo stipendio, allora, perché di deve dare?

Per incentivare che?

E invece no!

Deve ritornare l’orgoglio e la difesa dell’impresa e dei suoi lavoratori.

Evasori veri e contrabbandieri veri andassero pure a quel paese.

Scovarli deve essere l’obiettivo che noi tutti, impiegati dello Stato e non, ci dobbiamo prefiggere.

Ne abbiamo il dovere.

Pena il rischio di fare il percorso inverso a quello che ci ha portato tra i fondatori dell’Europa.

E allora, ma ci voleva tanto a capire che gli avvisi d’accertamento devono essere notificati insieme alla sanzione, che se no decade?

Ci voleva tanto?

E chi non l’ha fatto ha avuto il premio pure? Per aver emesso il solo avviso d’accertamento o il solo avviso di rettifica o il sono invito a pagamento?

Ha avuto il premio?

E l’Italia quanto ci ha rimesso?

E allora parliamo dei depositi Iva!

Ecco il testo dell’articolo 50 bis così come modificato dal decreto legge 13 maggio 2011, convertito nella legge 12 luglio 2011 n. 106, ove le modifiche sono riportate in corsivo:

Art. 50 bis – Depositi fiscali ai fini IVA

(Testo consolidato)

1. Sono istituiti, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, speciali depositi fiscali, in prosieguo denominati «depositi IVA», per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi. Sono abilitate a gestire tali depositi le imprese esercenti magazzini generali munite di autorizzazione doganale, quelle esercenti depositi franchi e quelle operanti nei punti franchi. Sono   altresì considerati depositi IVA:

a) i depositi fiscali di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni per i prodotti soggetti ad accisa; 

b) i depositi doganali, di cui all’articolo 525, secondo paragrafo, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni compresi quelli per la custodia e la lavorazione delle lane di cui al decreto ministeriale del 28 novembre 1934, relativamente ai beni nazionali o comunitari che in base alle disposizioni doganali possono essere in essi introdotti.

2. Su autorizzazione del direttore regionale delle entrate ovvero del direttore delle entrate delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Valle d’Aosta, possono essere abilitati a custodire beni nazionali e comunitari in regime di deposito IVA altri soggetti che riscuotono la fiducia dell’Amministrazione finanziaria. Con decreto del Ministro delle finanze (n.d.r. v. D.M. 20 Ottobre 1997), da emanare entro il 1° marzo 1997, sono dettati le modalità e i termini per il rilascio dell’autorizzazione ai soggetti interessati. L’autorizzazione può essere revocata dal medesimo direttore regionale delle entrate ovvero dal direttore delle entrate delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Valle d’Aosta qualora siano riscontrate irregolarità nella gestione del deposito e deve essere revocata qualora vengano meno le condizioni per il rilascio; in tal caso i beni giacenti nel deposito si intendono estratti agli effetti del comma 6, salva l’applicazione della lettera i) del comma 4. Se il deposito è destinato a custodire beni per conto terzi, l’autorizzazione può essere rilasciata esclusivamente a società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, a società cooperative o ad enti, il cui capitale ovvero fondo di dotazione non sia inferiore ad euro 516.456,90. Detta limitazione non si applica per i depositi che custodiscono beni, spediti da soggetto passivo identificato in altro Stato membro della Comunità europea, destinati ad essere ceduti al depositario; in tal caso l’acquisto intracomunitario si considera effettuato dal depositario, al momento dell’estrazione dei beni.

3. Ai fini della gestione del deposito IVA deve essere tenuto, ai sensi dell’articolo 53, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, un apposito registro che evidenzi la movimentazione dei beni. Il citato registro deve essere conservato ai sensi dell’articolo 39 del predetto decreto n. 633 del 1972; deve, altresì, essere conservato, a norma della medesima disposizione, un esemplare dei documenti presi a base dell’introduzione e dell’estrazione dei beni dal deposito, ivi compresi quelli relativi ai dati di cui al comma 6, ultimo periodo, e di quelli relativi agli scambi eventualmente intervenuti durante la giacenza dei beni nel deposito medesimo. Con decreto del Ministro delle finanze sono indicate le modalità relative alla tenuta del predetto registro, nonché quelle relative all’introduzione e all’estrazione dei beni dai depositi.

4. Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni:

a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA;

b) le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA, previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta. La prestazione della garanzia non e’ dovuta per i soggetti certificati ai sensi dell’articolo 14-bis del regolamento(CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni, e per quelli esonerati ai sensi dell’articolo 90 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43;

c) le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA;

d) le cessioni dei beni elencati nella tabella A bis allegata al presente decreto, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA, effettuate nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati nella lettera c);

e) le cessioni di beni custoditi in un deposito IVA;

f) le cessioni intracomunitarie dei beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;

g) le cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea;

h) le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni;

i) il trasferimento dei beni in altro deposito IVA.

5. Il controllo sulla gestione dei depositi IVA è demandato all’ufficio doganale o all’ufficio tecnico di finanza che già esercita la vigilanza sull’impianto ovvero, nei casi di cui al comma 2, all’ufficio delle entrate indicato nell’autorizzazione. Gli uffici delle entrate ed i comandi del Corpo della Guardia di finanza possono, previa intesa con i predetti uffici, eseguire comunque controlli inerenti al corretto adempimento degli obblighi relativi alle operazioni afferenti i beni depositati.

6. L’estrazione dei beni da un deposito IVA ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’IVA e comporta il pagamento dell’imposta; la base imponibile è costituita dal corrispettivo o valore relativo all’operazione non assoggettata all’imposta per effetto dell’introduzione ovvero, qualora successivamente i beni abbiano formato oggetto di una o più cessioni, dal corrispettivo o valore relativo all’ultima di tali cessioni, in ogni caso aumentato, se non già compreso, dell’importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell’estrazione. L’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione, a norma dell’articolo 17, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni; tuttavia, se i beni estratti sono stati oggetto di precedente acquisto, anche intracomunitario, senza pagamento dell’imposta, da parte del soggetto che procede all’estrazione, questi deve provvedere alla integrazione della relativa fattura, con la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla annotazione della variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresì, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione. Fino all’integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all’estrazione comunica, altresi’, al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell’imposta di cui al presente comma, anche ai fini dello svincolo della garanzia di cui al comma 4, lettera b); le modalita’ di integrazione telematica sono stabilite con determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle entrate.

7. Nei limiti di cui all’articolo 44, comma 3, secondo periodo, i gestori dei depositi I.V.A. assumono la veste di rappresentanti fiscali ai fini dell’adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti negli stessi depositi, qualora i soggetti non residenti, parti di operazioni di cui al comma 4, non abbiano già nominato un rappresentante fiscale ovvero non abbiano provveduto ad identificarsi direttamente ai sensi dell’articolo 35 ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. In relazione alle operazioni di cui al presente comma, i gestori dei depositi possono richiedere l’attribuzione di un numero di partita I.V.A. unico per tutti i soggetti passivi d’imposta non residenti da essi rappresentati.

8. Il gestore del deposito IVA risponde solidalmente con il soggetto passivo della mancata o irregolare applicazione dell’imposta relativa all’estrazione, qualora non risultino osservate le prestazioni stabilite con il decreto di cui al comma 3.

Posto che l’Amministrazione non ha mai provveduto ad emettere una  regolamentazione compiuta ed esaustiva  dell’istituto del deposito Iva, si ritiene opportuno fare alcune considerazioni sulle modifiche apportate e che sono .

La prima, quella che modifica il primo comma, ove pare si tenga a precisare che sono altresì depositi iva istituzionali

a) i depositi fiscali di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del testo unico di cui al decreto  egislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni per i prodotti soggetti ad accisa; 

b) i depositi doganali, di cui all’articolo 525, secondo paragrafo, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, e successive modificazioni compresi quelli per la custodia e la lavorazione delle lane di cui al decreto ministeriale del 28 novembre 1934, relativamente ai beni nazionali o comunitari che in base alle disposizioni doganali possono essere in essi introdotti.

Pare che la norma voglia dire testualmente :

Guardate che quando si tratta di depositi fiscali ovvero di depositi doganali di tipo “D”, “E” o”C”, il deposito Iva deve funzionare come il deposito fiscale o doganale sottostante!

Noo!

Non è e non può essere così!

Sia perché quello del deposito Iva è istituto armonizzato in sede comunitaria dalla direttiva Iva di base che lo disciplina (l’abbiamo detto e scritto mille volte tutti quelli che conoscono un po’ l’argomento), sia perché non possono esistere depositi Iva che funzionano in modo diverso.

Come funzionerebbero gli altri depositi iva, anch’essi istituzionali e anch’essi previsti al primo comma, quali quelli gestiti da imprese esercenti magazzini generali munite di autorizzazione doganale o da quelle esercenti depositi franchi o, ancora, da quelle operanti nei punti franchi?

E come funzionerebbero i depositi Iva autorizzati dall’Agenzia delle Entrate?

Valgono ancora o no le disposizioni dettate in questi ultimi tredici anni che

  • L’automezzo può entrare nel deposito senza che ne siano scaricate le merci?
  • Che non è previsto un tempo minimo di custodia?
  • Che le due condizioni descritte garantiscono lo stoccaggio e le custodia?

O esse devono ritenersi superate?

O, peggio, devono ritenersi superate per alcuni depositi soltanto?

E che fine ha fatto l’articolo 16, comma 5 bis del D.L. 185/2008 che considerava introduzione le prestazioni di servizi di cui alla lettera h) del quarto comma dell’articolo 50 bis rese sui beni consegnati al depositario anche negli spazi limitrofi al deposito?

E’ stato abolito perché così ha sancito la Suprema Corte di Cassazione che ha ritenuto necessaria la previa introduzione fisica della merce nel deposito dal quale, poi, avrebbe potuto essere estratta per raggiungere gli spazi limitrofi?

Ma non era stato sempre così?

Così non lo consentiva già la lettera h) del comma 4 dell’articolo 50 bis?

E allora qua ci vuole un decreto ministeriale, una circolare, una risoluzione!

Insomma qualcosa di chiaro e preciso che consenta agli operatori di conoscere con precisione qual è il comportamento corretto da tenere.

Perché gli operatori ne hanno il diritto!

La seconda modifica riguarda la garanzia che deve prestare chi voglia porre in essere operazioni di immissione in libera pratica di beni destinati all’introduzione in deposito Iva, previste al comma 4, lettera b) dell’articolo 50 bis.

Premesso che la garanzia in questione non va confusa con quella da prestare per garantire l’imposta per il caso che la merce non raggiunga il deposito (circ. 1241/VII del 3 aprile 1997) devo dire che concordo con lo spirito della norma che è quello di scovare le ditte inesistenti.

Per troppi anni gente proveniente da altre galassie ha usato la frontiere comunitarie senza alcun rispetto.

Ed è giunta l’ora di dire basta!

La crisi mondiale così nasce.

Quanti di questi visitors hanno gestito le partite Iva (date troppo facilmente) a proprio uso e consumo.

Però anche i valori!

Si! Ripeterò all’infinito: i valori!

Perché una persona o un’impresa onesta e per bene che ha dichiarato il giusto valore – il prezzo che ha pagato – e che ha corrisposto migliaia di euro di dazio certamente è una ditta “esistente” e non può essere trattato come un contrabbandiere.

E allora ben vengano l’AEO e l’articolo 90.

Solo che anche in questo caso occorre una disposizione chiara, di facile comprensione ed utilizzo, che tenga conto delle vendite a catena all’interno del deposito, che tenga conto dei dati risultanti dalle banche dati del Ministero.

E poi, perché non consentire al depositario, AEO od articolo 90, di garantire egli stesso per i clienti che ritiene affidabili?

E le distorsioni di traffico?

Perché se la norma è recepita in tutt’Europa è una cosa.

Altrimenti, già stiamo combinati bene.

gianni gargano

francesco pagnozzi

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