No partita IVA no trasferimento in UE

Un recente Disegno di Legge, approvato lo scorso nove febbraio, recepisce la Direttiva n. 2009/69/CE del Consiglio del 25 giugno 2009, che modifica, tra l’altro, gli articoli 140, lett. b) e 143 della Direttiva di base n. 2006/112/CE.

La modifica riguarda, in sintesi, le modalità di importazione di beni destinati a proseguire verso altro membro della Comunità.

Per quel che qui riguarda si premette che poco è cambiato rispetto alla normativa precedente, già disciplinata, tra l’altro da istruzioni già dettate.

La Direttiva prevede che  per effettuare l’immissione in libera pratica di beni destinati a proseguire verso altro stato membro, l’importatore debba fornire alle autorità doganali e, quindi indicarlo in bolletta:

– il suo numero di partita IVA o quello dell’eventuale rappresentante fiscale nominato nello stato ove viene posta in essere l’importazione, ovvero quello che gli è stato attribuito a seguito della sua identificazione diretta;

– il numero di identificazione ai fini IVA nello stato di destinazione del soggetto acquirente, ovvero quello del suo eventuale rappresentate fiscale.

Nel caso di trasferimento di beni a se stessi, l’importatore dovrà indicare il numero di identificazione ai fini IVA nello stato di destinazione (suo in caso di identificazione diretta, ovvero quello del rappresentate fiscale colà nominato).

Premesso che l’art. 67 del Decreto IVA considera importazioni le operazioni di immissione in libera pratica di beni destinati a proseguire verso un altro Stato membro della Comunità, dal punto di vista doganale la merce verrà rilasciata con la procedura del daziato sospeso da appurarsi mediante presentazione del modello Intrastat. Quella che pare la novità è che è data facoltà alla dogana di chiedere la prova che i beni immessi in libera pratica siano effettivamente destinati ad essere spediti o trasportati a partire dallo Stato membro di importazione verso un altro Stato membro.

gianni gargano

francesco pagnozzi