Lo ius superveniens di cui alla sentenza 12262 10

Per quanto riguarda l’ultimo motivo di rigetto la sentenza 12262/10 così recita:

“Né sulla soluzione, negativa per il depositario medesimo, incide in alcun modo l’invocato ius superveniens: considerare non incidenti sulla introduzione in deposito le prestazioni di servizi (comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali) non interferisce sulla necessaria introduzione e ciò è deducibile anche dalla lettera della norma che si riferisce a beni “consegnati” al depositario, ove il termine consegna non può ritenersi diverso da quello di “introduzione nel deposito”; pertanto, anche a voler ritenere che in locali limitrofi possano eseguirsi attività accessorie di manipolazione delle merci – ciò non può incidere negativamente sull’introduzione ormai avvenuta, o consentire una lettura contraria alle precise regole dettate dalla normativa comunitaria.”

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Al riguardo và innanzitutto osservato:

  • che l’articolo 50 bis comma 4 lettera “h” da sempre ha consentito che le prestazioni di servizi sui beni introdotti in deposito IVA potessero effettuarsi materialmente anche nei locali ad esso limitrofi sempreché, il tal caso, le suddette operazioni fossero di durata non superiore a sessanta giorni;
  • che è stato sempre consentito che l’introduzione soddisfacesse le funzioni di stoccaggio e di custodia, senza un tempo minimo di giacenza, purché l’automezzo entrasse fisicamente nel deposito senza che fosse necessario che le merci ne venissero scaricate per esservi immagazzinate;
  • che le prestazioni di servizi delle quali si discorre, dove si tratta di merce immessa in libera pratica destinata all’introduzione nel deposito IVA allo scopo di conseguire il legittimo differimento del pagamento dell’imposta, consistono “in manipolazioni semplici, quali verifica e rimozione dei sigilli, verifica sommaria della merce, riscontro con il documento doganale, presa in carico, registrazioni contabili e fiscali, tra cui l’acquisizione dell’autofattura o altra documentazione per l’estrazione dal deposito e la consegna all’importatore”, (così la relazione presentata alla Camera dei Deputati nella seduta n. 113 del 13 gennaio 2009 dall’Onorevole Cosimo Ventucci all’articolo 16 comma 5 bis di cui intra).

Il meccanismo, continua la relazione, soddisfa in pieno le condizioni imposte dalla norma (leggi art. 50 bis D.L. 331/93), in quanto il deposito è giustificato in modo congiunto sia dall’esigenza per il depositario di prendere possesso giuridicamente e contabilmente delle merci, sia per il depositante di ottenere dal depositario un primo sommario controllo della merce.

Nel caso  di specie il depositante, inviando le merci al deposito vuole ottenere due risultati: in primo luogo, vuole che il depositario prenda visione del carico allo scopo di verificare l’integrità dei sigilli ovvero la qualità e la quantità della merce arrivata; in secondo luogo, vuole che il depositario prenda in carico la merce per chiudere gli adempimenti con l’autorità doganale: pertanto, nessuna violazione può rinvenirsi nell’ipotesi che le descritte semplici operazioni, per esigenze connesse alla funzionalità del deposito, vengano materialmente eseguite nei luoghi  limitrofi ovvero adiacenti al deposito Iva. Il relatore si sofferma anche sull’aspetto fiscale dell’operazione di cui si discorre, infatti, conclude affermando:

Infine, non si palesano rischi connessi a salti, ovvero evasione d’imposta

La relazione al Senato della Repubblica, atto n. 1315 del gennaio 2009, anch’essa relativa all’art. 16 comma 5 bis, di cui si dirà subito appresso, definisce tale norma interpretativa nel senso che le prestazioni di servizi indicate nella lettera “h” relative a beni consegnati al depositario costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA.

Lo jus superveniens cui fa riferimento la sentenza in commento è costituito dal comma 5 bis dell’art. 16 del D.L. 185/2008 che recita testualmente:

“La lettera h) del comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si interpreta nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA”

Essa è definita dallo stesso relatore alla Camera dei Deputati come norma di interpretazione autentica.

In tal caso essa è necessariamente retroattiva, così da formare una sola ed unica dichiarazione di volontà, che ha vigore dall’istante in cui la norma originaria fu emanata, il che ha particolare rilievo in quegli ordinamenti che affermano, come principio costituzionale inderogabile la irretroattività delle leggi (v. Novissimo Digesto Italiano VIII volume pag. 898 – interpretazione della legge).

La nuova norma, perciò, considera introdotta e perciò giuridicamente introdotta nel deposito, con tutte le conseguenze giuridiche, la merce consegnata al depositario negli spazi limitrofi al deposito IVA, purché sulla stessa vengano poste in essere in essere le prestazioni di servizi di cui alla lettera “h” (manipolazioni semplici, quali verifica e rimozione dei sigilli, verifica sommaria della merce, riscontro con il documento doganale, presa in carico, registrazioni contabili e fiscali, tra cui l’acquisizione dell’autofattura o altra documentazione per l’estrazione dal deposito e la consegna all’importatore).

La sentenza, invece, che scrive la previa immissione fisica della merce all’interno del magazzino, non solo non tiene conto della norma interpretativa, ma la rende addirittura inutile, in quanto ribadisce quello che la vecchia norma già consentiva.

gianni gargano

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