Le operazioni sui beni custoditi in deposito Iva

Una volta introdotti nel deposito Iva i beni si trovano in una sorta di “black box”, ove è consentita solo la loro cessione e dove tutte  le operazioni  sono effettuate senza applicazione di imposta.

Si tratta delle cosiddette “vendite a catena””

 

catena

 

 

 

 

 

I beni, cioè, una volta introdotti e prima della loro estrazione dal deposito possono soltanto essere oggetto di una o più vendite successive.

L’imposta sarà dovuta dal soggetto che procede alla loro estrazione dal deposito Iva, secondo le modalità indicate al comma 6 dell’articolo 50 bis del D.L. 331/93[1]’.

Si tratta di un’agevolazione di carattere oggettivo, che prescinde dalla nazionalità dei soggetti che intervengono nell’operazione: cedente e cessionario possono, cioè, essere indifferentemente soggetti nazionali, comunitari od extracornunitari.

Tutto ciò è confermato dall’articolo 50 bis comma 4 lettera e), che recita:

“sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva.”

Nel periodo di permanenza in deposito, i beni possono essere oggetto di transazioni illimitate, tutte eseguite senza il pagamento dell’imposta. AI depositario deve essere consegnata idonea documentazione attestante i singoli passaggi di proprietà del bene. quali:

  • copia della fattura che documenti la vendita, ovvero
  • un apposito documento, se la transazione avviene tra due operatori stranieri, non identificati in Italia.

Il cedente soggetto di imposta nazionale deve emettere fattura, citando come causale di non imponibilità l’art. 50 bis comma 4 lettera e) DL 331/1993,.

In conclusione:

  • i beni possono essere introdotti nei depositi Iva sono nelle ipotesi previste alle lettere a), b), c), d), del comma 4 del D.L. 331/93:;
  •  possono essere oggetto di una o più cessioni (vendite a catena) durante la loro permanenza nel deposito;
  • l’imposta sarà dovuta all’estrazione secondo le modalità indicate al comma 6 dell’articolo 50 bis in commento, tranne che non ricorrano le ipotesi di cui alle lettere f), cessione intracomunitaria dei bei estratti dal deposito con spedizione in altro Stato membro, non soggetta ad Iva a norma dell’articolo 46 del D.L. 331/93; g), beni estratti dal deposito per essere esportati verso un Paese terzo: Operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8 del DPR 633/72;  i) beni estratti dal deposito per essere trasferiti in altro deposito Iva.(nel qual caso, non trattandosi di cessione, la merce sarà scortata da un documento di trasporto presso il  deposito di destinazione, il cui gestore prenderà in carico la merce ed il relativo debito d’imposta, in luogo del gestore del deposito di provenienza).

 

 gianni gargano

 


[1]L’estrazione dei beni da un deposito Iva ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’Iva e comporta il pagamento dell’imposta; la base imponibile è costituita dal corrispettivo o valore relativo all’operazione non assoggettata all’imposta per effetto dell’introduzione ovvero, qualora successivamente i beni abbiano formato oggetto di una o più cessioni, dal corrispettivo o valore relativo all’ultima di tali cessioni, in ogni caso aumentato, se non già compreso, dell’ importo relativo alle eventuali prestazioni di servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la giacenza fino al momento dell’estrazione. L’imposta è dovuta al soggetto che procede all’estrazione, a norma dell’articolo 17, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica  26 ottobre 1972, n. 633,e successive modificazioni; tuttavia, se i beni estratti sono stato oggetto di precedente acquisto, anche intracomunitario, senza pagamento dell’imposta, da parte del soggetto che procede all’estrazione, questi deve provvedere alla integrazione della relativa fattura, con la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla annotazione della variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresì, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione. (reverse charge)

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