Il “made in” si controlla nel negozio

C’è una grossa novità!

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha inviato a tutte le Organizzazioni Imprenditoriali e, per conoscenza, alle varie Agenzie delle dogane, una circolare esplicativa sull’articolo 4 comma 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che ha stabilito, sotto comminatoria di una sanzione amministrativa pecuniaria, la illiceità, sub specie di fallace indicazione , dell’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, qualora lo stesso avvenga con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, ai sensi della normativa europea sull’origine.

In particolare la circolare fa obbligo ai soggetti interessati, (titolari o licenziatari di marchi), di accompagnare i prodotti o le merci alternativamente con:

 

  • indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto;
  • un’attestazione, circa le informazioni – che gli stessi soggetti renderanno in fase di commercializzazione – sull’effettiva origine estera di prodotti o merci.

 

Essa , ha posto in evidenza che con l’abrogazione dell’articolo 17, comma 4, della legge 99/09 (che imponeva, pena la fallace indicazione, l’indicazione precisa e con caratteri evidenti del Paese o del luogo di produzione sui prodotti e sulle merci) ad opera dell’articolo 16 del D.L. 135/09 che prevede, invece, che il prodotto o la merce sia accompagnata da “indicazioni precise ed evidenti…o comunque sufficienti…ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto….”, la prevalenza è dare una corretta informazione al consumatore tale da escludere anche la fattispecie della fallace indicazione, consentendo di accompagnare il prodotto, sul quale il marchio è apposto, da una appendice informativa che, oltre ad essere applicata direttamente sul prodotto o sulla confezione (anche con cartellini o targhette), può concretizzarsi, a titolo meramente esemplificativo, in una delle seguenti diciture:

 

  • prodotto fabbricato da…….;
  • prodotto fabbricato in Paesi extra Ue;
  • prodotto di provenienza extra Ue;
  • prodotto importato da Paesi extra Ue;
  • prodotto non fabbricato in Italia.

 

Rimane, comunque, impregiudicata la facoltà, per il titolare del marchio o il licenziatario, di provvedere ad indicazioni più puntuali circa l’origine o la provenienza sul prodotto, sia esplicitando anche il Paese di produzione o fabbricazione, sia provvedendo alle indicazioni suddette direttamente sul prodotto o la confezione, laddove sia possibile.

 

La novità, assolutamente rivoluzionaria, sta nel fatto che qualora tali attività non fossero materialmente possibili anteriormente alla fase di commercializzazione – quale è la fase della importazione o della presentazione della merce in dogana – il titolare del marchio o il licenziatario, può far ricorso ad una specifica attestazione, da presentare in dogana, con cui si impegna a rendere, in fase di commercializzazione, le informazioni ai consumatori sull’effettiva origine estera del prodotto.

 

Quindi:

  • prevalenza alla fase della commercializzazione

 

E’ questa la grande svolta.

E credo che questa sia la strada da percorrere.

Quella di sottrarre la merce ai controlli fisici presso le dogane, per trasferirli, unitamente alle responsabilità, in capo al dichiarante che dovrà essere il proprietario delle merci ovvero un professionista (lo spedizioniere doganale) che agisca per suo conto, che risponda sempre solidalmente con lui per i diritti dovuti e che sia obbligato alla asseverazione, ma che, in contropartita,  abbia il diritto di accertare l’autenticità della documentazione  e di tutto quanto occorre, prima di accettare il mandato.

 

gianni gargano

 

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