Chiacchiere e tabacchère
Ho bisogno di un bagno d’umanità.
Di gente viva, allegra.
Sempre.
Di quella che la vita è così complicata che si diverte e a districarsi per uscirne viva.
Di gente, gente, gente.
Talmente inguaiata che non può permettersi l’esaurimento nervoso o la malinconia.
Nel bar e fuori del bar c’è il solito casino di gente.
I muratori del palazzo che stanno ristrutturando di fronte e che prima doveva diventare un albergo e ora ne fanno appartamenti.
Ciao Gianni, ma che hai fatto?
Noi ti davamo per morto!
Mi dice, scherzando con i suoi occhi di fuoco, la bruna malupina.
No, le rispondo, mica posso venire sempre qua! Con tutte le bariste del quartiere che mi aspettano!
Come lo vuoi?
E tu come me lo vuoi dare?
Come al solito!!
E allora che me lo domandi a fà!
C’è mezzo quartiere.
Una folla di gente che parla, ride, e che si affolla per prendere il caffè.
In piedi e in fila.
Faccio un giro in piazza.
Vado a trovare il giornalaio che sta attraversando un brutto periodo perché i giornali non si vendono proprio.
Passo dal tappezziere per vedere se è pronta la poltrona (vabbuò, gli dico, fate con comodo. Che fretta c’è?).
Mi sguazzo tra la gente per una ventina di minuti, tra chiacchiere e tebacchère, e poi torno su rinfrancato, pronto, nuovo, come quando mi alzo la mattina dopo aver dormito saporitamente per sette, otto ore.
La gente è meglio della doccia.
E’ l’unico vero bagno rinfrancante.
Alfò
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