Il valore delle dichiarazioni rese da terzi

Il principio secondo il quale il Processo Verbale di Constatazione redatto dalla Guardia di Finanza è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 del c.c. e che, pertanto, “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento del pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”, è ormai consolidato in Giurisprudenza (cfr. Corte di Cassazione n. 21265 del 02/11/2005, nonché sentenze 12386/06, 10702/05 e 10219/96)

La Suprema Corte, cioè, ha da sempre confermato che il PVC, nel suo complesso, fa piena prova fino a querela di falso solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, alle dichiarazioni al medesimo rese e agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza.

Di contro, tale efficacia privilegiata non si estende “alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale da terzi, che costituiscono materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle ulteriori risultanze istruttorie” (Cassazione, sentenza n. 9521/2010).

Sulla validità delle dichiarazioni rese da terzi nel PVC e sulla loro valenza probatoria in sede processuale la Cassazione si è nuovamente pronunciata di recente con la sentenza n. 21813 del 5 dicembre 2012.

Sull’argomento, infatti, negli anni si sono susseguite diverse pronunce della stessa Corte (cfr. Cassazione, sentenze 5957/2003, 16032/2005, 11221/2007 e 14055/2011), tutte volte ad attribuire, sia alle dichiarazioni portate in giudizio dall’Amministrazione sia a quelle addotte dal contribuente, il valore di meri elementi indiziari, non idonei ex se a costituire prova dei fatti rappresentati, ma in grado di fondare, con altri elementi, il convincimento del giudice.

I giudici di legittimità, con l’ultima pronuncia citata, hanno espresso quanto segue: “Nel processo tributario le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla G.d.F. e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice. Il tutto, se riveste i caratteri all’articolo 2729 cod. civ. (gravità, precisione e concordanza), dà luogo a presunzioni semplici (artt.39 d.p.r. 600 e 54 d.p.r. 633), generalmente ammissibili nel contenzioso tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale“.

Anche la Corte costituzionale era già intervenuta sulla questione chiarendo che il divieto di prova testimoniale non comporta “l’inutilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale e che tali attestazioni rappresentano elementi indiziari, i quali mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da solo il fondamento della decisione” (sentenza Corte Costituzionale n. 18 del 21/01/2000).

In definitiva, le dichiarazioni di terzi raccolte dalla Guardia di Finanza possono concorrere, in qualità di elementi indiziari, a fondare il convincimento del giudice, sempre che siano riscontrate da elementi ulteriori, senza che a ciò osti l’assenza di un contradittorio con la parte, in quanto è riconosciuta ampia facoltà di prova contraria, potendo il contribuente confutare, con analoghi mezzi conoscitivi, la veridicità delle attestazioni prodotte in giudizio e, dunque, la fondatezza delle contestazioni sollevate.

Le dichiarazioni che fanno fede fino querela di falso solo quelle rese, previo giuramento, al Giudice che è soggetto super partes. (cfr Corte  Costituzionale n. 18 del 21/01/2000)

Infatti la stessa Corte Costituzionale, nella sentenza citata, ha ribadito che, nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale di cui all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 si riferisce strettamente alla prova testimoniale da assumere nel processo, istituto tipizzato che è necessariamente orale, a iniziativa di parte e richiedente la formulazione di capitoli e il giuramento dei testi.

Tale divieto, quindi, non pregiudica l’utilizzabilità del giudice tributario di dichiarazioni di soggetti terzi acquisite dalle parti processuali.

Queste, continua la Corte, hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, dando luogo a presunzioni ogni qualvolta siano dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Spetterà al giudice, quindi, decidere se e in che misura valersi di dette dichiarazioni come elementi indiziari.

gianni gargano

vincenzo guastella

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