La decadenza della sanzione

L’articolo 20 del D.Lgs. 472/97 fissa i termini di decadenza per la notifica degli atti di contestazione delle sanzioni entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione, ovvero in quello diverso previsto per l’accertamento dei singoli tributi.

Non prevedendo la legge doganale alcun termine di decadenza per la notifica della sanzione, non vi è alcun dubbio che, anche in materia doganale, risultano applicabili le disposizioni generali di cui all’art. 20 del D.Lgs. 472/97.

Resta tuttavia da verificare se il termine di decadenza sia quello fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione, ovvero quello, diverso, previsto dalla legge doganale per l’accertamento dei tributi.

I termini, previsti dalla normativa doganale, sono:

  • per la notifica degli avvisi di rettifica dell’accertamento quello di cui all’art. 11, comma 5, del D.Lgs. 374/90 (norma nazionale) “Revisione dell’Accertamento”, il quale prescrive che quando dalla revisione eseguita sia d’ufficio che su istanza di parte emergono inesattezze, omissioni o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento (che sono la qualità, la quantità, il valore e l’origine), l’avviso deve essere notificato entro tre anni dalla data in cui l’accertamento è divenuto definitivo (cioè dalla data dell’annotazione di cui all’art. 9, comma 2 del D.Lgs. 374/90 in commento);
  • quello di cui all’articolo 84, comma 1, del TULD che fissa in tre anni l’azione dello Stato per la riscossione dei diritti doganali. E ciò a prescindere dal motivo della sottostante richiesta dei diritti stessi, tra i quali deve ricomprendersi l’Iva comunque collocata, al primo o al secondo comma dell’art. 34 del TULD. Essa non essendo né un dazio né una tassa di effetto equivalente, che rilevanza può mai avere la diversa considerazione che ne fa la dottrina, la giurisprudenza e la stessa Amministrazione, che a volte la considera un diritto di confine e tal’altra un diritto doganale ?

L’Iva è unica e non duplice!

Se riscossa in dogana volete che si chiami iva in dogana? E sia!

Se riscossa in occasione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi (art. 1 DPR 633/72) volete che si chiami iva interna? E sia!

Però l’iva resta unica perché nasce da una Direttiva europea. E’ una risorsa che concorre al bilancio comunitario sulla base di un’unica percentuale calcolata su tutto l’imponibile comunque determinato.

  • quello di cui  all’art. 221, paragrafo 3, del CDC (norma comunitaria) che fissa in tre anni il termine per la comunicazione al debitore dell’importo dei dazi dovuti (salve le ipotesi di sospensione e interruzione – vedi ultra). Ove l’articolo 4 – punto 10 – dello stesso CDC definisce dazi all’importazione i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente dovuti all’importazione delle merci e le imposizioni all’importazione istituite nell’ambito della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli.

Ne consegue, direttamente, che le relative sanzioni amministrative devono essere contestate, a pena di decadenza, entro lo stesso termine triennale previsto per l’accertamento del tributo.

 

In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate con circolare 138/E del 05.07.2000 della quale si riportano, qui di seguito, alcuni stralci.

“……………..omissis………….

Decadenza e prescrizione

L’art. 2, lettera e), del decreto in esame ha sostituito la parola «maggior» contenuta nell’art. 20, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997 con la parola «diverso».

 

Per effetto di tale modifica è stata eliminata l’eventualità, consentita in base al precedente testo, che il termine quinquennale per irrogare la sanzione rimanesse fermo anche nei casi in cui il termine per l’accertamento del tributo fosse stato più breve (come avviene, per esempio, per il tributo di registro o successorio) e che quindi l’Erario potesse pretendere di applicare una misura punitiva commisurata ad un’imposta non più accertabile.

Con la nuova formulazione della norma viene, pertanto, a coincidere in via generale il termine relativo alla potestà impositiva con quello relativo alla potestà punitiva.

 

Infine, per completezza, si rappresenta che non sono applicabili in tema di sanzioni la previsione di cui all’art. 221, 4° paragrafo del CDC che prevede, al terzo paragrafo, una causa di sospensione del termine qualora sia stato presentato un ricorso ed, al quarto paragrafo, una causa di interruzione del termine, qualora la richiesta di maggiori diritti abbia origine da un atto perseguibile penalmente, rinviando, però, in tale ultima ipotesi, alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti.

Senonché né una norma comunitaria, né una norma nazionale, cui rinvia il 4° paragrafo dell’art. 221 del CDC, dettano le condizioni cui subordinare l’interruzione, né può considerarsi tale l’art. 84 del TULD, che attiene alla riscossione dei diritti doganali.

E’ intervenuta, pertanto, la Corte di Giustizia Europea che, con sentenza del 17.06.2009 resa nella causa n. C-75/09, considerata l’assenza di una norma comunitaria individuante il termine di prescrizione in caso di accertamento doganale in presenza di un reato, ha stabilito che spetta ad ogni Stato membro determinare il regime della prescrizione delle obbligazioni doganali.

La Corte di Cassazione, dal canto suo, ha rilevato che l’assenza di una norma comunitaria individuante il termine di prescrizione in caso di accertamento doganale in presenza di un reato, involga principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico i quali escludono che il contribuente possa essere esposto ad un’azione di recupero esercitabile da parte della dogana ad libitum, ossia senza limiti temporali massimi, principio, questo, confermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 15.07.2005, n. 280 e, successivamente, dalla Corte di Cassazione con sentenza 10.06.2009, n. 13333, che hanno escluso che il cittadino possa essere indefinitivamente esposto all’azione esecutiva del fisco.

La Corte di Cassazione ha quindi stabilito che (cfr. sentenze Corte di Cassazione nn. 19193/06[1], 19195/06, 19197/06, 21227/06[2], 20733/06, 22014/06e n. 9773[3] del 23/04/2010) per potersi avvalere del maggior termine per la riscossione dei diritti doganali di cui al terzo comma dell’art. 84 del TULD, entro il termine triennale dall’operazione doganale, concesso all’Amministrazione per la comunicazione al debitore dell’importo dei dazi dovuti (art. 221 del CDC), deve essere trasmessa la notizia criminis.

Quanto esposto dalla Suprema Corte è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 247 del 20.07.2011  che così recita:

“Né, al fine di sostenere un’interpretazione conforme a Costituzione – nel senso che il raddoppio dei termini opererebbe solo se la denuncia penale sia presentata prima del decorso dei termini “brevi” di accertamento –, può farsi riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di termine triennale di «prescrizione» per il recupero “a posteriori” di diritti doganali previsto dall’art. 84, terzo comma, del D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale). Tale disposizione stabilisce due diversi termini triennali di «prescrizione», a seconda che il mancato pagamento abbia o no causa da un reato. Nel caso in cui non risulti che il mancato pagamento abbia avuto causa da reato, il termine decorre dal momento in cui l’importo dei diritti doganali originariamente richiesto sia stato contabilizzato o, in difetto, sia divenuto esigibile; nell’ipotesi, invece, in cui il mancato pagamento abbia avuto causa da reato il termine – in deroga al sopra visto principio del cosiddetto «doppio binario» – decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza pronunziati nel procedimento penale siano divenuti irrevocabili. La lettera di tale disposizione, secondo la giurisprudenza di legittimità, renderebbe indeterminabile il periodo intercorrente tra la data di contabilizzazione o di esigibilità del debito doganale e la data in cui è divenuta irrevocabile la decisione penale, con la conseguenza che il termine per la revisione dei dazi, in presenza di reato, «sarebbe privo di riferimento temporale e dilatabile all’infinito» (sentenza della Cassazione civile n. 9773 del 2010). Per ovviare a tale «compromissione della certezza dei rapporti giuridici» (sentenze della Cassazione civile n. 19193 e n. 22014 del 2006), la Suprema Corte ha interpretato l’art. 84 nel senso che, in caso di reato che ha causato il mancato pagamento, l’«originario» termine triennale, decorrente dalla contabilizzazione o dall’esigibilità dell’obbligazione doganale, è «prorogato» fino ai tre anni successivi alla data di irrevocabilità della decisione penale, ma ciò solo nel caso in cui sia stata formulata una «ipotesi delittuosa», posta «alla base di una notitia criminis», nel corso dell’«originario» termine triennale (Cassazione civile, decisioni n. 9773 del 2010, n. 19195, n. 20513, n. 21377 e n. 22014 del 2006).

È evidente che – contrariamente a quanto sostenuto dalla parte privata – il citato art. 84, terzo comma, del D.P.R. n. 43 del 1973 reca una disciplina del tutto diversa da quella posta dalle disposizioni denunciate e, pertanto, non può essere invocata a sostegno della tesi secondo cui il raddoppio dei termini opera solo ove la denuncia penale sia presentata prima del decorso dei termini “brevi”. Infatti, mentre il censurato combinato disposto non presuppone alcun accertamento penale definitivo del reato ed ha un preciso riferimento temporale (entro il 31 dicembre dell’ottavo anno o del decimo anno successivo a quello in cui, rispettivamente, è stata o doveva essere presentata la dichiarazione); invece il terzo comma dell’art. 84 del D.P.R. n. 43 del 1973 presuppone una sentenza od un decreto penale di condanna divenuti irrevocabili ed indica un termine complessivo indefinito e non prevedibile nel momento in cui è contabilizzata o diviene esigibile l’obbligazione doganale. Di qui la non pertinenza della normativa e della giurisprudenza di legittimità invocate dalla società contribuente e la correttezza dell’interpretazione fornita dal rimettente.”

Tutto quanto esposto in termini di interruzione della prescrizione per la comunicazione al debitore dei maggiori diritti, non può estendersi – sic et sempliciter – alla decadenza per la contestazione della sanzione di cui all’articolo 20 del d.lgs. 472/97. E’ questo il principio fissato dall’art. 2964 c.c.: “Quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione. Del pari non si applicano le norme che si riferiscono alla sospensione, salvo che sia disposto altrimenti (245)”.. E l’art. 245 attiene ad un’ipotesi di sospensione della decadenza in ordine all’azione di disconoscimento della paternità.

D’altronde, in termini applicativi, la stessa Amministrazione con nota n. 25098/RU del 02/07/2012 si è posta il problema se, nelle more del procedimento penale, dovesse essere contestata la sanzione amministrativa per evitarne la decadenza.

La questione è stata affrontata anche dall’Avvocatura dello Stato di Milano in due incontri, indicati nella nota appena citata, che ha espresso anch’essa la necessità di notificare nel termine di decadenza di tre anni la sanzione amministrativa perché, diversamente, potrebbero configurarsi responsabilità di ordine contabile in capo agli uffici, qualora il procedimento penale non dovesse concludersi con una sentenza di merito.

 

Vincenzo Guastella

Francesco Pagnozzi

(Studio Gargano)



[1]2. Fondati risultano invece – per taluni profili – il 1^ ed il 3^ motivo che possono essere congiuntamente trattati coinvolgendo problematiche comuni in tema di decadenza dell’Amministrazione dal diritto di revisione e di prescrizione del diritto al recupero daziario.

Le condizioni per la contabilizzazione e recupero dei dazi “a posteriori” – prima dell’entrata in vigore del CDC (1^ gennaio 1994) erano regolate dal Reg. CEE 1697/79 (in vigore dal 1 luglio 1980) sul quale è stato ricalcata la corrispondente disposizione del CDC (art. 220 sia nella originaria versione sia nella riformulazione operata dal Reg. CE 2700/00).

A sensi degli artt. 2 e 3 del Reg. 1697/02 quando le autorità competenti accertano che i dazi all’importazione od all’esportazione legalmente dovuti per la merce dichiarata per un regime doganale comportante l’obbligo di effettuarne il pagamento non sono richiesti in tutto od in parte al debitore, esse iniziano una azione di recupero dei dazi non riscossi.

Tale azione non può essere più avviata dopo la scadenza del termine di 3 anni a decorrere dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto ovvero – se non vi è stata contabilizzazione (come nel caso) – a decorrere dalla data in cui è sorto il debito doganale relativo alla merce in questione. Il termine peraltro non è applicabile quando non si sia potuto determinare l’importo esatto dei dazi a causa di un atto passabile di una azione giudiziaria “repressiva”: in questo caso l’azione di recupero si esercita conformemente alle disposizioni vigenti in materia negli Stati membri (ibidem art. 4 par. 23 CDC). Per quanto riguarda l’Italia il D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84, contiene la disciplina della “prescrizione” della riscossione dei diritti doganali, periodo originariamente fissato (a far tempo dalla data indicata nelle bollette od – in mancanza – dalla data di esigibilità dei diritti) in cinque anni e poi ridotto a tre anni (con effetto dal 1 maggio 1991) a seguito delle legge comunitaria del 1990 (L. n. 428 del 1990, art. 29).

Anche la norma nazionale qualora il mancato pagamento-totale o parziale dei diritti – abbia causa da un reato, prevede lo spostamento del termine “in avanti” iniziando esso a decorrere dalla data in cui il decreto o la sentenza pronunziati nel procedimento penale,sono diventati irrevocabili.

È vero che il disposto del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, stabilisce un termine triennale definito di “decadenza” per la notifica all’operatore della rettifica derivante dalla “revisione” dell’accertamento e la decadenza opera per il solo fatto oggettivo del trascorrere del tempo, senza alcuna possibilità di proroga, sospensione o interruzione se non nei casi tassativamente previsti dalla legge.

Ma l’art. 221 del CDC – proprio con riferimento alla contabilizzazione dei dazi da esigere ex post (quindi al procedimento di “revisione” e non a quello di “riscossione”) – stabilisce che la comunicazione al debitore dell’importo dovuto può avvenire anche dopo il termine di tre anni dalla data in cui è insorta l’obbligazione doganale allorché la mancata determinazione del dazio sia dovuta a causa di un atto perseguibile a norma di legge (o perseguibile “penalmente” secondo la precisazione introdotta dal Reg. 2700/00).

E nel rispetto della gerarchia delle fonti che vede la prevalenza delle disposizioni comunitarie su quelle nazionali (Cass. 8044/95) è questo il criterio generale cui occorra fare riferimento quando si verta in ipotesi di indebito utilizzo di certificati di origine o di provenienza, al fine di stabilire quando sia giustificabile la postergazione del termine.

…..

È ben vero che secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia (sentenza 27/11/1991 C-273/90 Meico-Fell) l’espressione contenuta nella norma comunitaria si attaglia a qualsiasi atto che – obbiettivamente considerato – integri una fattispecie astrattamente prevista come reato dal diritto penale nazionale, senza che sia dunque necessario verificare se per esso sia iniziata o possa essere iniziata l’azione penale ex art. 405 c.p.p.. Occorre peraltro la formulazione di una ipotesi che sia quanto meno alla base di una notitia criminis, primo atto esterno rivolto a prefigurare il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale.

È questo l’evento procedimentale (a prescindere dall’esito e durata delle successive indagini) che deve intervenire nell’arco temporale stabilito dalla legge per il recupero a posteriori al fine di prolungarlo senza conseguenze caducatorie dalla sua inosservanza. Come si è detto non è stata fornita alcuna prova in tal senso ne’ tale mancanza può essere ovviata da una ipotetica previsione compiuta incidenter dal Giudice dell’opposizione, specie in assenza di elementi certi acquisiti sulla supposta condotta illecita. Verrebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici se fosse consentito di sanare in questo modo la mancata o tardiva attivazione da parte dell’Amministrazione nel trasmettere la denunzia di reati di cui venga a conoscenza in ragione del proprio ufficio (art. 331 c.p.p.) nel corso della sua attività accertativa coordinata con le autorità dei paesi di provenienza e gli organismi dell’esecutivo comunitario nei controlli c.d. “a posteriori” da svolgere nei termini prefissati dalla legislazione comunitaria e nazionale. Senonché il Giudice di appello ha ritenuto che il triennio corrente dalla data di “esigibilità” dei diritti secondo le previsioni del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84 (non essendo intervenuta alcuna liquidazione nelle bollette di importazione siccome merce esentata dal pagamento del dazio) dovesse prender data dalla rettifica dell’accertamento (30/07/1997) che quei diritti rendeva riscuotibili con la succedanea ingiunzione, considerando per l’effetto tempestiva l’azione dell’Amministrazione finanziaria.

L’assunto non può essere condiviso.

La data di esigibilità coincide con il giorno di effettuazione dell’operazione (di importazione) che segna il verificarsi di tutti gli elementi costitutivi della pretesa tributaria (Cass. 5493/79). È questo l’evento certo ed obbiettivo della nascita dell’obbligazione doganale che coincide con la destinazione al consumo nel territorio comunitario (altrimenti detta “immissione in libera pratica”) a seguito dello svincolo della merce (D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 36 – (TULD)).

Persino nella procedura di “daziato sospeso” a sensi dell’art. 164 del Regolamento Doganale (R.D. n. 65 del 1896) dove è la stessa dogana – in attesa di avere informazioni sulla attendibilità della documentazione presentata dall’operatore o sulla natura della merce dichiarata – a procrastinare il recupero dei diritti previa acquisizione di idonea garanzia – il dies a quo è fatto risalire al momento dell’accettazione della dichiarazione (Cass. 11020/94 e 9908/94) e così in altre ipotesi di differimento della liquidazione e riscossione il presupposto della obbligazione è sempre individuato nella importazione della merce e non nella determinazione finale del tributo (Cass. 6622/97 e 10184/97).

La stessa giurisprudenza comunitaria, argomentando sull’art. 2 del Reg. 1697/79, ha avuto sul punto occasione di affermare che la sospensione della riscossione alla data di accettazione della dichiarazione doganale non influisce – una volta ripristinato il regime – sul calcolo dei dazi legalmente dovuti a tale data rispetto alla quale non opera la accordata sospensione (Corte di Giustizia, 24 settembre 1998 C-413/96 Sportgoods).

Né la norma dell’art. 2935 c.c., quando stabilisce che la prescrizione incomincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere esercitato potrebbe valere a spostare l’esigibilità al momento dell’accertamento e/o scoperta della irregolarità con invalidazione dei titoli rilasciati per la contabilizzazione “a zero”.

Il principio actio nondum nata non prescribitur impedisce il corso della prescrizione solo al cospetto di impedimenti giuridici a far valere il diritto, non a fronte di impedimenti soggettivi od ostacoli di fatto che trovino causa nell’ignoranza e/o nel ritardo con cui si procede ad accertare l’illecito rispetto al quale il comportamento del debitore può influire solo in quanto rappresenti un occultamento doloso del debito (Cass. 7898/94 e Cass. 14249/04).

È questa l’unica causa tassativa di sospensione legale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 8, che va peraltro fattualmente prefigurata e dimostrata in un contesto che – evidentemente – non può essere quello in cui non sia dato neppure sapere – come del caso – dell’esistenza di un procedimento penale, dei soggetti coinvolti e dei relativi capi di imputazione.

Una diversa interpretazione finirebbe per prorogare sine die il termine per la contabilizzazione a posteriori che eventi di penale rilevanza sono suscettibili di procrastinare nella misura in cui sottendano indagini e verifiche almeno iniziate nel previsto arco temporale.” (Cass. 19193/06)

[2]La stessa giurisprudenza comunitaria ha avuto occasione di affermare – in tema di recupero a posteriori dei dazi doganali- che la sospensione della riscossione alla data di accettazione della dichiarazione doganale non influisce – una volta ripristinato il regime – sul calcolo dei dazi legalmente dovuti a tale data rispetto alla quale non opera la accordata sospensione (Corte di Giustiziai settembre 1998 C-413/96 Sportgoods). Né la norma dell’art. 2935 c.c. – quando stabilisce che la prescrizione incomincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere esercitato – potrebbe valere a spostare l’esigibilità al momento di riconoscimento di debenza dei dazi provvisoriamente non riscossi. Il principio actio nondum nata non prescribitur impedisce il corso della prescrizione solo al cospetto di ostacoli giuridici ad esercitare il diritto, non a fronte di impedimenti di fatto o ritardi nell’eliminare la situazione di incertezza che la stessa Amministrazione – tra l’altro – dà atto di aver risolto sin dal 3.3.1995 con la ricezione della comunicazione della Commissione CEE attestante che le carni bovine provenienti dalla Macedonia non potevano godere del regime agevolativo previsto dal Reg. 859/92 CEE.” (Cass. N.21227/06)

[3] “Il motivo e’ fondato, anche se il principio di diritto va precisato nel senso che il termine di prescrizione dell’azione doganale viene prorogata a seguito della comunicazione di una “notitia criminis” che impedisca l’esatta quantificazione dei dazi, purché tale notizia intervenga nel termine triennale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 84(Cass. 8146/2003; 20513/2006).”

gianni gargano

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *