Il deposito Iva attende conferme- uno –

In un’economia occidentale come la nostra, caratterizzata da una enorme evasione fiscale, tanto che la Corte dei Conti ha valutato in 60 miliardi di Euro il valore della corruzione ed in 120 miliardi di Euro quella dell’evasione, è fondamentale che il sistema tributario sia caratterizzato (così come già indicato tra i suoi principi fondamentali nella riforma del 1971) tra gli altri, dal requisito della certezza del diritto.

 

 

 

Questo fa si che in tutte le sedi i riferimenti normativi non siano disattesi né siano utilizzati strumentalmente per far prevalere, in ogni caso ed a qualunque costo, le proprie tesi.

Questo vale sia per il contribuente, che deve rispettare norme precise e concrete, sia per l’Amministrazione che sull’osservanza di quelle norme deve vigilare con la massima oggettività.

Mi pare che questo discorso vada esteso anche in sede contenziosa ove, trattandosi di giudizio tributario e non penale, poche sono le considerazioni di ordine psicologico o non oggettive che invece nel processo penale allignano e dove, trattandosi di un processo documentale, al di là degli elementi di fatto, quelli di diritto non possono che essere oggettivamente determinati e comprensibili, e perciò, riconosciuti allo stesso modo da entrambe le parti, che sono il contribuente da un lato e l’Amministrazione dall’altro.

E’ perciò indifferibile il riconoscimento o il disconoscimento da parte di tutti delle conseguenze del comma 16 dell’art. 5 bis del D.L. n. 185/2008, nella veste attualmente in vigore.

Pare che l’istituto del deposito IVA sin dal 1997, allorquando la Legge n. 28/97 escluse le immissioni in libera pratica delle merci destinate all’introduzione nel deposito IVA dall’art. 67 del Decreto IVA, per introdurre il nuovo regime all’art. 50 bis del D.L. n. 331/93, dando così attuazione alla Direttiva di base in tema di Iva ed a quelle conseguenti più specifiche, sia rimasto fin troppo confinato in un limbo dal quale deve necessariamente venir fuori.

Già d’allora si posero quesiti in ordine alla validità del contratto di deposito, all’eventuale necessità di un tempo minimo di giacenza, alla necessità o meno della fisica introduzione della merce all’interno del deposito.

E la prima risposta dell’Amministrazione agli urgenti dubbi interpretativi, di una norma così difficile (già data intorno al 1999), fu quella della necessaria introduzione fisica dell’automezzo all’interno del deposito, senza però che fosse necessario che le merci ne venissero scaricate.

La nuova norma lascia ancora  dubbi interpretativi?

La prevalente dottrina, benché la norma in commento sia stata emendata appena nel dicembre scorso, già si è espressa unanimemente.

Resta soltanto da conoscere la posizione dell’Amministrazione!

E, più precisamente, quella delle due Agenzie, rischiandosi altrimenti, la riesumazione di concetti obsoleti, utilizzati con poco riguardo alle ragioni del contribuente che, nella maggior parte dei casi, resta travolto da richieste abnormi (di un’imposta per lo più già assolta) con danni irreparabili per le aziende, per la loro immagine, per l’ impossibilità di ricorrere al credito (si veda Basilea ) e per le maestranze.

Le due Agenzie potrebbero scegliere di restare silenti lasciando il contribuente ancora in balia delle più fantasiose interpretazioni, ovvero di pronunciarsi ufficialmente sulla portata della nuova norma.

Questa seconda soluzione pare rientrare anche nei compiti istituzionali del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il Legislatore con l’articolo 34, comma 44, D.L. 179/2012 (Decreto Sviluppo bis), convertito con modificazione dalla Legge n. 221/2012, è ulteriormente intervenuto sul comma 5-bis dell’art. 16, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazione dalla Legge 28/01/2009, n. 2, che, quindi nella versione attualmente vigente così recita:

“La lettera h) del comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si interpreta nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto. L’introduzione si intende realizzata anche negli spazi limitrofi al deposito IVA, senza che sia necessaria la preventiva introduzione della merce nel deposito. Si devono ritenere assolte le funzioni di stoccaggio e di custodia, e la condizione posta agli articoli 1766 e seguenti del codice civile che disciplinano il contratto di deposito.

All’estrazione della merce dal deposito IVA per la sua immissione in consumo nel territorio dello Stato, qualora risultino correttamente poste in essere le norme dettate al comma 6 del citato articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, l’imposta sul valore aggiunto si deve ritenere definitivamente assolta.

La norma è determinante nella comprensione dell’istituto, che ci viene trasmesso dalla legislazione comunitaria, e, ancor di più, per definire il concetto d’introduzione nel deposito Iva, considerato sia quale luogo fisico nel quale (o negli spazi ad esso limitrofi) devono entrare le merci, sia quale istituto giuridico, con ciò intendendosi l’insieme delle procedure le cui  funzioni economiche e fiscali consentono di colmare discrepanze, preesistenti nel sistema,  a vantaggio  delle merci terze rispetto  a quelle comunitarie.

Perché,quindi, l’introduzione in questo “speciale” deposito possa considerarsi avvenuta è necessario – lo prescrive espressamente la norma –  che sulle merci  siano poste in essere le speciali prestazioni di servizio, indicate alla lettera h) del comma 4 dell’articolo 50 bis che restano non soggette all’imposta anche se rese non all’interno del deposito, ma negli spazi ad esso limitrofi

La lettera h) del comma 4 dell’articolo 50 bis fa riferimento alle prestazioni di servizio in genere, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali.

Le prestazioni di servizio – così come definite all’articolo 3 del decreto Iva –  che configurano l’introduzione sono, innanzitutto, quelle “semplici” poste a carico del depositario quali, la verifica del piombo e dei contrassegni d’origine, la verifica sommaria della merce e la presa in carico sul registro che deve tenere il depositario.

A questo punto vale porre le seguenti domande:

1)    L’introduzione, sebbene negli spazi limitrofi, e senza la preventiva introduzione della merce nel magazzino, è realizzata?

2)    È vero che non è previsto un tempo minimo di giacenza e che si considerino tuttavia realizzate le funzioni di stoccaggio e di custodia?

3)    È vero che, qualora le risposte ai punti sub 1) e sub 2) dovessero risultare affermative, si sarebbero realizzate tutte le condizioni previste dal codice civile in tema di contratto di deposito?

4)    È vero che il reverse charge (o, in modo autarchico, inversione contabile), correttamente posto in essere, costituisce, in ogni caso, assolvimento definitivo dell’imposta?

Siamo convinti che le quattro domande meritano una risposta affermativa e che cioè:

–       la merce deve essere consegnata al depositario, raggiungere gli spazi limitrofi al deposito perché possa essere considerata introdotta per gli scopi propri dell’istituto del deposito IVA;

–       così introdotta la merce, risultano assolte tutte le altre condizioni poste all’art. 50 bis del D.L. 331/93 e, tra queste, principalmente quella della custodia delle merci e sostanziato in toto il contratto di deposito;

–       all’estrazione della merce dal deposito Iva secondo le modalità indicate al 6° comma dell’art. 50 bis (autofattura o fattura integrata) per la sua immissione in consumo nel territorio dello Stato, l’imposta si deve ritenere definitivamente assolta qualora i documenti indicati risultino correttamente registrati sui registri IVA con il metodo del reverse charge (inversione contabile).

In uno Stato di diritto, per una questione di tale importanza si deve, sebbene il Giudice già possegga gli strumenti e la preparazione per interpretare la norma, rappresentare la questione univocamente ed una volta per tutte.

Giovanni Gargano

Vincenzo Guastella

 

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