“Interessiamoci” degli interessi per il ritardato pagamento (D.Lgs.192/2012)

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15.11.2012 il testo del Decreto Legislativo 9.11.2012 n. 192 di modifica al decreto legislativo 9.10.2002 n. 231, relativo alla “lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”, che da attuazione nell’ordinamento italiano all’importante Direttiva CE n° 35 del 2000.

Il Dlgs 231/2002 si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, intendendo per tale “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo” (art. 1 e 2 del D.Lgs. 192/2012).

Nella nozione di impresa rientrano anche i professionisti e cioè i soggetti che esercitano un’attività professionale indipendente.

Gli articoli 3 e 4 del D.Lgs 231/2002 riformato dal D.Lgs 192/2012 prevedono che il creditore ha diritto agli interessi moratori che decorrono automaticamente, cioè senza bisogno di costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento previsto dal contratto. Questi interessi decorrono e si calcolano sull’importo dovuto dal debitore al creditore che comprende “la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento” (sotto forma di nota, conto, parcella, ecc.). Gli interessi moratori non sono dovuti dal debitore – acquirente solo nel caso in cui egli dimostri che “il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” (art. 4, 1° comma, art. 2, lettera g, ed art. 3).

Se il termine di pagamento non è stato previsto nel contratto, gli interessi di mora decorrono, sempre automaticamente, dopo:

“a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;

b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non e’ certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;

c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento e’ anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;

d) trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.” (art. 4,comma 2)

Nelle transazioni commerciali tra imprese (quindi non in quelle tra imprese e Pubbliche Amministrazioni), le parti possono prevedere un termine per il pagamento superiore a trenta giorni. Nel caso venga pattuito un termine di pagamento superiore a sessanta giorni, questo deve essere stipulato per iscritto e non deve essere gravemente iniquo per il creditore – fornitore ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs 231/2002, nel senso che non si deve scostare notevolmente dalla prassi commerciale e non deve essere in contrasto col principio di buona fede e correttezza, tenuto conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e dell’esistenza di motivi oggettivi per derogare ai termini legali di pagamento.

Nelle transazioni commerciali tra imprese e Pubbliche Amministrazioni le parti possono pattuire, sempre in modo espresso e per iscritto, un termine per il pagamento superiore a trenta giorni ma non superiore a sessanta “quando ciò sia giustificato dalla natura e dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione”. In queste transazioni è nulla la clausola contrattuale che predetermina o modifica la data di ricevimento della fattura da parte del debitore. In questo caso la nullità della clausola è dichiarata d’ufficio dal Giudice.

Infine, le parti possono concordare termini di pagamento a rate. In questi casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi moratori e il risarcimento del danno e dei costi di recupero del credito previsti dagli artt. 4, 5 e 6 del D.Lgs 231/2002 così come modificato dal D.Lgs 192/2012 sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi della rata o delle rate scadute (art. 4, 7° comma).

 Gli interessi di mora sono automatici (non vi è necessità di messa in mora) e si calcolano sulla base del tasso di riferimento della Banca Centrale Europea maggiorato di 8 punti percentuali e partono dal 1° giorno di inadempimento dalla data indicata nel contratto o dalla consegna delle merci a seconda degli accordi.

Il tasso di riferimento è pari al saggio di interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale Europea (la BCE) rilevato il primo giorno di ogni semestre (cioè di prestito alle banche ordinarie della durata di una o di due settimane, che serve per aumentare la loro liquidità e, pertanto, la loro capacità di erogare credito nel breve periodo: è, secondo la definizione dell’economia monetaria, una operazione c.d. “di mercato aperto”)

Per esempio, se questo tasso di interesse di riferimento è del 2%, il tasso di interesse di mora (annuo) sarà del 10 %.

Il tasso di riferimento è aumentato di dieci punti percentuali qualora il mancato pagamento sia relativo ad un contratto avente ad oggetto la cessione di prodotti agricoli od agroalimentari.

Il saggio di interesse di riferimento è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana del quinto giorno lavorativo di ogni semestre.

Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono concordare un tasso di interesse diverso purché questo non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’art. 7 del Dlgs 231/2002 riformato dal Dlgs 192/2012 (art. 5, 1° comma). E’ sempre nullo l’accordo che esclude del tutto l’applicazione degli interessi di mora (art. 7, 3° comma).

Inoltre, al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 Euro a titolo di risarcimento del danno.

Le disposizioni del decreto legislativo 192/2012 si applicano alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Gianni gargano

Vincenzo Guastella

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