Abuso di diritto con effetto retroattivo
La Sentenza della Corte di Cassazione n. 2193 del 16 febbraio 2012 (clicca qui) ha sancito la legittimità di un accertamento antielusivo (art. 37-bis, D.P.R. n. 600/73) anche se la contestazione riguarda la violazione di norme entrate in vigore successivamente al fatto contestato.
Il principio che non riconosce il cosiddetto “abuso del diritto” è stato fissato in maniera assoluta dalla Suprema Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – con la sentenza n. 30055/08 del 02/12/2008.
La sentenza fissa il principio secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
Lo stesso principio, con riferimento, però, questa volta all’Imposta sul Valore Aggiunto, che è armonizzata in sede comunitaria, è stato fissato dalla Corte di Giustizia Europea con sentenza resa nella causa C-255/02 del 21/02/2006 (Halifax ed altri) nella quale è affermato:
- A un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni la VI Direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento dell’IVA. Al contrario, come ha osservato l’Avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (punto 73 della sentenza).
Ciò considerato, risulta che, nel settore IVA, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della VI Direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni (punto 74 della sentenza).
Con la Sentenza della Corte di Cassazione n. 2193 del 16 febbraio 2012 è stata considerata legittima la contestazione dell’abuso del diritto anche se il divieto dell’operazione economica posta in essere dal contribuente è entrato in vigore successivamente. È sufficiente il generale principio antielusivo che boccia qualunque indebito risparmio di imposta.
In particolare la sezione tributaria ha precisato che l’Amministrazione finanziaria ha sempre la possibilità di contestare la deducibilità di elementi passivi esposti dal contribuente in forza del generale principio antielusivo presente nell’ordinamento.
In definitiva la Suprema Corte ha sostenuto la retroattività del principio dell’abuso del diritto, in considerazione dei principi generali della nostra Costituzione: quello di capacità contributiva (art. 53, comma 1 ) e quello di solidarietà (art. 2 ).
gianni gargano
vincenzo guastella
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