Il Ministero di Finanze e Giustizia

Le Commissioni Tributarie ed i giudici che le compongono non possono continuare a dipendere dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, quasi sempre è parte nei relativi processi.

L’allargamento delle competenze delle Commissioni, fino a comprendere anche quelle relative ai tributi doganali, che coinvolgono questioni complesse e delicatissime, necessita che tale magistratura sia del tutto indipendente e che, pertanto, dipenda dal Ministero della Giustizia.

Tra l’altro le questioni cui si fa cenno possono essere correttamente valutate solo da giudici togati, che sono gli interpreti naturali delle leggi, che vivono di “diritto” e che sono portati all’imparzialità perché golosi della verità e della portata della norma.

Troppo spesso, invece, giudici tributari di provenienze professionali diverse (quali, ad esempio geometri o ex impiegati del catasto) si devono interessare e, quel che è paggio, giudicare di tematiche doganali di altissima specificità, che, invece, un tecnico del diritto qual è un magistrato ha tutti gli strumenti per poterle affrontare.

C’è da aggiungere che non pare corretto (è inutile tacerlo) che il “datore di lavoro” debba essere giudicato dal suo stesso dipendente.

Le parti del processo potrebbero partire in condizioni di vantaggio diverse, anche solo per la maggiore propensione a favorire le casse dell’Erario, più che le esigenze di giustizia.

Accade così sempre più spesso che le sentenze più che in diritto si esprimano in fatto.

Nel senso, che in caso di dubbio o di scarsa comprensione del problema, è sempre meglio assicurare un’entrata allo Stato.

Ciò non è giusto.

Sempre:

Anche se si riconosce la buona fede.

 

gianni gargano

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