le “esportazioni congiunte”

10502489_4368205580136_1475027424554804420_nCi soffermeremo su un tipo particolare di cessioni all’esportazione: le cosiddette “esportazioni congiunte”, caratterizzate dalla presenza di tre soggetti: un fornitore italiano (A), un soggetto stabilito in un Paese extra-comunitario (B) ed un terzo soggetto italiano (C).

Il fornitore italiano (A) vende un bene ad un soggetto stabilito in un Paese extra-comunitario (B), ma non invia la merce direttamente all’estero, bensì la consegna ad un terzo soggetto italiano (C) che provvederà ad eseguire delle lavorazioni, su incarico dell’acquirente extracomunitario, e curerà, per suo conto, l’esportazione e l’invio della merce all’estero dopo aver eseguito la lavorazione.

La lavorazione, commissionata dal cessionario non residente, si considera fuori campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 7 ter (cfr. Risoluzione Ministeriale n. 470074 del 30.07.1990), ovvero, nel caso in cui la lavorazione venga commissionata da un soggetto italiano la stessa deve essere assoggettata ad IVA (cfr. Risoluzione n. 223/E del 10.08.2007).

La cessione dal fornitore italiano (A) all’acquirente (B) resta, per espressa previsione dell’ articolo 8, 1° comma, lettera a), del DPR 633/72, una cessione all’esportazione non imponibile IVA.

Ai fini della prova dell’uscita dei beni dal territorio doganale dell’Unione è prevista una particolare procedura doganale detta “esportazione congiunta”, nella quale sono coinvolti i due operatori nazionali e, cioè: il fornitore nazionale (A) e il prestatore dei servizi di lavorazione (C).

Dal punto di vista operativo il soggetto che ha curato la lavorazione dovrà, direttamente o tramite uno spedizioniere doganale da lui incaricato, presentare la dichiarazione doganale per l’esportazione della merce alla quale dovranno essere allegate sia la fattura del fornitore (A) per la vendita dei beni, sia la fattura del prestatore del servizio (C).

Per superare le presunzioni di cessione e di acquisto il fornitore nazionale (A) emette, nei confronti del prestatore del servizio, un documento di trasporto con causale “conto lavorazione” nel quale sarà indicato che si tratta di merce consegnata in nome e per conto dell’acquirente non residente.

A lavorazione ultimata il soggetto che l’ha effettuata dovrà emettere, nei confronti del committente non residente, un documento di trasporto con causale “reso da conto lavorazione”.

La descritta operazione si configura come “esportazione congiunta” solo se l’incarico ad eseguire la lavorazione viene conferito dal cessionario non residente (B) ed il trasporto o spedizione in territorio extracomunitario dei beni lavorati sia organizzata dal terzista (C).

Sul punto la R.M. 30 luglio 1990 n. 470074 ha chiarito che:

le operazioni di cui trattasi possano configurare un’esportazione congiunta solo nell’ipotesi in cui, a lavorazione ultimata, i beni vengano esportati da o per conto del prestatore del servizio, così come previsto dall’art. 9, comma 1, n. 9), del citato D.P.R. n. 633/1972”;

ai fini della non imponibilità della cessione, “(n)on assume rilevanza, nella specie, la circostanza che la lavorazione venga richiesta da un soggetto diverso dal primo acquirente dei beni, risultando, invece, determinante il fatto che la prestazione di servizi, come previsto dal già citato art. 9, comma 1, n. 9), venga richiesta da un committente estero”, che può essere indifferentemente stabilito in un altro Paese membro dell’Unione europea o in un Paese non appartenente all’Unione europea.

Differente, invece, è il caso in cui i beni, eseguite le lavorazioni, vengano esportati a cura del fornitore nazionale (A). In tal caso la cessione si configura come cessione all’esportazione diretta ed è, comunque, non imponibile ai sensi dell’articolo 8, 1° comma del DPR 633/72, così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 223/E del 10/08/2007, nella quale si legge:

“Diverso è il trattamento del caso, non riconducibile nell’ipotesi prospettata, in cui il bene, dopo essere stato sottoposto a lavorazione, sia esportato a cura del cedente.

In quest’altra ipotesi, così come peraltro sostenuto dalla scrivente nella risoluzione n. 72 del 26 maggio 2000, può trovare applicazione il disposto dell’art. 8, comma 1, lett. a) del più volte citato D.P.R. n. 633 del 1972, che considera la cessione come “cessione all’esportazione”.

A tal fine è comunque necessario che la bolletta doganale di esportazione sia intestata al fornitore residente (con indicazione del prezzo di cessione dei beni risultante dalla fattura emessa nei confronti del cessionario) e che venga esibita alla dogana competente sia la fattura recante l’addebito al cessionario del prezzo dei beni ceduti, sia la fattura che reca l’addebito dei corrispettivi della lavorazione eseguita.”

Trattandosi, in entrambi i casi, di cessioni all’esportazione è necessario acquisire la prova dell’uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione.

Sul punto si precisa che con l’entrata in vigore, del nuovo sistema doganale E.C.S. (Export Control System), con il quale è stato introdotto l’obbligo dell’invio elettronico della dichiarazione doganale di esportazione, l’esemplare cartaceo n. 3 del DAU è stato sostituito dal DAE (documento di accompagnamento all’esportazione) sul quale viene riportato il codice MRN (Movement Reference Number). Tale nuovo documento viene rilasciato dalla dogana di esportazione e accompagna la merce fino alla dogana d’uscita dal territorio doganale dell’Unione. L’apposizione materiale del c.d. “visto uscire” è stata sostituita da un messaggio elettronico della dogana di uscita, detto “risultati di uscita” che rappresenta, quindi, a tutti gli effetti di legge la prova dell’uscita delle merci dal territorio doganale dell’Unione.

L’esito della spedizione può essere visualizzato e stampato nella sezione e-custum.it-AIDA AES -“Notifica di esportazione (AES) del sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (www.agenziadogane.it) digitando il codice MRN riportato sul DAE.

Si precisa ancora che nel caso in esame, a differenza delle esportazioni “indirette” di cui all’articolo 8, 1° comma, lettera b), cioè quelle eseguite con consegna in Italia della merce al cessionario non residente che ne cura poi il trasporto fuori del territorio doganale dell’Unione, non è previsto alcun limite temporale per l’uscita dei beni dal territorio dell’Unione.

In entrambi i casi, cioè sia nel caso di esportazioni dirette, che nel caso di esportazioni congiunte, se l’acquirente è stabilito nello Stato, la condizione per poter considerare la cessione non imponibile è che esso non acquisisca mai la disponibilità del bene in Italia.

Fa eccezione a questa regola l’ipotesi in cui i beni, prima dell’invio all’estero vengano sottoposti a test o collaudi da parte dell’acquirente al fine di verificare se gli stessi siano conformi a quanto ordinato che non costituisce, a parere dell’Amministrazione, consegna in Italia del bene (cfr. Risoluzione n. 72 del 26.05.2000).

Francesco Pagnozzi

Vincenzo Guastella

Studio gargano

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