Pubblico per gentile concessione di Danilo Desiderio sulle sanzioni e intermediari in dogana

60564_211803675621507_1167494657_nSanzioni amministrative doganali e intermediari in dogana

Danilo Desiderio

 

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è recentemente intervenuta con la circolare 22/D del 28 dicembre 2015 per fornire alcuni chiarimenti in ordine ai profili relativi alla legittimazione passiva per le sanzioni amministrative a carico dei soggetti che, a vario titolo, prendono parte al processo di sdoganamento delle merci. Scopo della circolare è quello di uniformare l’azione degli uffici doganali evitando comportamenti difformi in merito all’attribuzione delle responsabilità connesse alle violazioni di tipo dichiarativo.

 

Occorre innanzitutto premettere che sia il Codice Doganale Comunitario (Reg. 2913/1992) che le relative Disposizioni di Applicazione (Reg. 2454/1993) nulla dispongono riguardo gli aspetti sanzionatori connessi alla violazione delle regole doganali racchiuse in tali testi normativi. Con la conseguenza che la normativa in questione, per quanto comune a tutti i Paesi dell’Unione europea, segue ancora modalità applicative differenti all’interno dei singoli Stati membri.

Insomma, alla oramai raggiunta armonizzazione di quel corpus di base di regole costituenti il nocciolo della normativa doganale applicabile nell’UE, voluta dalle istituzioni di Bruxelles negli anni ’90 con l’adozione del Codice Doganale Comunitario, non corrisponde ancora una visione comune degli Stati membri per quanto riguarda le forme di reazione alla loro violazione. Con la conseguenza, a dir poco paradossale, che una stessa infrazione doganale viene sanzionata in taluni Paesi dell’Unione più lievemente che in altri, elemento questo che ovviamente può fungere da fattore di catalizzazione dei traffici, soprattutto di quelli illeciti (a svantaggio di quegli Stati membri che, al contrario, adottano un approccio più severo nel trattamento delle violazioni in questione). Tale è soprattutto il caso delle violazioni cd. “dichiarative” ossia delle violazioni inerenti la presentazione della dichiarazione doganale da parte dei diversi soggetti che si occupano dello sdoganamento delle merci, dove si registrano forti disparità di trattamento all’interno dei singoli Stati membri.

Nel vuoto della normativa comunitaria, la disciplina di tali profili resta ancora incardinata allo stato attuale nelle competenze nazionali degli Stati membri. Va tuttavia ricordato che a dicembre 2013, la Commissione europea ha presentato una proposta di Direttiva sul quadro giuridico dell’Unione relativo alle infrazioni doganali (COM 2013/884), che se approvata introdurrà alcuni principi e regole comuni relativi alle violazioni doganali ed al relativo trattamento sanzionatorio (non penale) applicabile. Il Reg. UE n. 952/2013 (Codice doganale dell’Unione), di prossima applicazione (maggio 2016), anticipa in parte i contenuti di tale Direttiva, mediante la definizione di una serie di criteri volti ad improntare a principi comuni l’applicazione delle sanzioni connesse alle violazioni in oggetto.

Con la circolare 22/D/2015 l’Agenzia fa dunque il punto sul quadro sanzionatorio amministrativo italiano, in particolare per quanto riguarda il trattamento delle violazioni dichiarative. Dopo un primo riferimento alle fonti normative astrattamente applicabili, costituite, in primis, dal d.Lgs. 472/1997, dal D.P.R. 43/1973 (TULD), dal d.l. 269/2003 (convertito dalla l. 326/2003) e dalla l. 212/2000, (Statuto del contribuente), l’amministrazione si sofferma sul ruolo e la responsabilità degli intermediari doganali, e degli spedizionieri doganali in particular modo, tenendo conto delle modalità possibili con cui può essere esercitata la rappresentanza in dogana (diretta/indiretta).

Per quanto riguarda le operazioni in rappresentanza indiretta, il parere dell’Agenzia è che, relativamente all’obbligazione doganale (ossia all’obbligo di corrispondere i dazi all’importazione o, eventualmente, all’esportazione), lo spedizioniere doganale o, in genere, l’intermediario doganale, in virtù della sua nomina a rappresentante in dogana dell’operatore, acquisisce egli stesso la qualifica di “dichiarante” (art. 4, punto 9 CDC) e di conseguenza diviene direttamente responsabile dei maggiori diritti eventualmente dovuti, in solido con l’importatore (art. 201, paragrafo 3, C.D.C.). Le dogane potranno quindi pretendere indifferentemente il soddisfacimento del debito doganale, anche per l’intero, dall’operatore o dell’intermediario doganale, ovviamente fatto salvo il diritto di rivalsa da parte del soggetto escusso nei confronti dell’altro co-oblligato (da esercitare mediante la cd. “azione di regresso”). Nel caso della rappresentanza diretta viceversa, l’Agenzia precisa che lo spedizioniere doganale che agisce in tale veste, non è mai “dichiarante”, restando questa qualifica unicamente in capo all’importatore od al proprietario delle merci, che in quanto tali si configureranno anche come gli unici responsabili dell’obbligazione doganale. La responsabilità in relazione ai dazi dello spedizioniere doganale agente in rappresentanza diretta può tuttavia subentrare qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 201, paragrafo 3, C.D.C., ossia quando egli ha presentato una dichiarazione sulla base di dati errati, della cui erroneità avrebbe dovuto essere “ragionevolmente” a conoscenza. La circolare successivamente interviene precisando in quali casi si può ritenere che il rappresentante diretto poteva considerarsi “ragionevolmente” a conoscenza della erroneità dei suddetti dati. Altra ipotesi di responsabilità del doganalista agente in rappresentanza diretta è poi costituita dalle ipotesi di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 2, della Legge 25 luglio 2000, n. 213, con riferimento all’asseverazione dei dati delle dichiarazioni da presentare agli uffici doganali.

 

Per quanto riguarda invece la responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio degli intermediari in dogana, l’Agenzia delle Dogane precisa che ai fini della valutazione della stessa, occorre tenere conto della condotta materiale di colui che ha commesso l’infrazione. Trovano a tal proposito applicazione gli articoli 5, 6 e 7 del D.Lgs 472/1997. Sebbene la disciplina in questione contenga una presunzione di responsabilità in capo all’autore materiale del fatto costituente violazione punibile (rappresentato dall’intermediario doganale, in quanto soggetto che di fatto pone in essere l’attività dichiarativa), non si può non tenere conto del fatto delle seguenti due circostanze, ossia che: 1) il soggetto che in ultima istanza beneficerà della condotta violativa posta in essere dall’autore materiale è un altro (l’operatore), 2) la dichiarazione doganale viene presentata dall’intermediario sulla base di informazioni ed elementi che questo non acquisisce direttamente, ma che riceve dall’operatore rappresentato (e che emergono dalla documentazione fornita). Di conseguenza, l’intermediario doganale avrà la possibilità di avvalersi del meccanismo dell’”autore mediato” di cui all’articolo 10 del D. Lgs n. 472/1997, per far ricadere la responsabilità amministrativa dell’infrazione esclusivamente sull’operatore, sottraendosi così all’applicazione di eventuali sanzioni. La condizione per poterlo fare è che nessuna colpa sia addebitabile allo stesso nella violazione in oggetto, circostanza invece che ricorrerà quando questo si è limitato a riportare pedissequamente nella dichiarazione doganale i suddetti elementi ed informazioni, senza sottoporle preventivamente ad alcun vaglio critico. In altre parole l’intermediario potrà evitare di vedersi addebitata ogni colpa solo se è in grado di dimostrare di aver esercitato un ruolo di filtro attento sull’operazione in questione, valutandone apriori regolarità e correttezza, e nonostante ciò l’errore o l’inesattezza dichiarativi si sono prodotti lo stesso. Tale circostanza inoltre potrebbe comportare la nascita del legame di solidarietà con il rappresentato in riferimento all’obbligazione doganale, in quanto l’assenza di una diligenza dell’intermediario proporzionata al suo ruolo potrebbe essere ritenuta dall’ufficio doganale come una fattispecie integrante la presunzione di “ragionevole” conoscenza dell’erroneità dei dati alla base della dichiarazione doganale di cui all’art. 201, paragrafo 3, C.D.C.. L’Agenzia osserva che in effetti, molti operatori si rivolgono ad intermediari in dogana proprio perché non conoscono le complesse regole doganali dell’operazione che stanno ponendo in essere. Il ricorso all’intermediario viene dunque ritenuto sintomatico del fatto che tali operatori necessitavano dell’ausilio di un esperto onde evitare di presentare dichiarazioni errate o imbattersi in violazioni della normativa doganale. Da qui appunto l’esigenza di valutare se e in che misura tale soggetto è responsabile dell’infrazione commessa.

Il punto cruciale che viene ribadito dalla circolare, è che nella valutazione della responsabilità degli intermediari doganali in relazione agli errori od alle inesattezze riportati nelle dichiarazioni doganali, occorre applicare il criterio di diligenza di cui all’art. 1176, comma 2 c.c.. L’intermediario in dogana potrà in sostanza fare appello al meccanismo dell’autore mediato ed evitare l’applicazione della sanzione amministrativa (dimostrando di essere stato indotto in errore dal proprio cliente), solo se proverà di aver esercitato un certo controllo sulla regolarità complessiva dell’operazione doganale da egli curata, che sarà proporzionale al grado di perizia ed esperienza posseduta. Il controllo quindi dovrà essere particolarmente meticoloso ed attento nel caso in cui l’intermediario è un doganalista, in quanto si presume che tale figura sia dotata di un livello di competenza e perizia maggiore rispetto ad altre categorie di intermediari, attestata dal superamento di un esame di Stato e dall’appartenenza ad un albo professionale. Dal doganalista insomma, si pretende un livello di attenzione e di scrupolo superiore ad altre categorie di intermediari doganali-non professionisti.

 

Viene richiamata, sul punto, la Circolare n. 292 del 23.12.1998, dell’ex Dipartimento delle Dogane ed Imposte Indirette del Ministero delle Finanze, con la quale, l’amministrazione aveva già chiarito in passato come  sia possibile “…escludere lo spedizioniere doganale dalla responsabilità per infrazioni commesse nell’esercizio delle sue funzioni (rappresentanza diretta), ogni qualvolta il suo intervento risulti ispirato ad una piena e corretta diligenza professionale”. La circolare 292 concludeva affermando che l’indagine sulla mancanza di responsabilità dello spedizioniere doganale va svolta “…anche con l’acquisizione, ove necessario, di ulteriore documentazione tendente a dimostrare l’avvenuto pieno e corretto esercizio della diligenza professionale”.

Di conseguenza, per dimostrare il corretto esperimento del suo obbligo di diligenza, lo spedizioniere doganale o l’intermediario devono dimostrare entrambi di avere adottato ogni utile accorgimento, soprattutto in quelle ipotesi nelle quali nutrano dubbi circa l’esattezza di date informazioni, e dovranno farlo chiedendo tutti i chiarimenti possibili al soggetto che rappresentano e dimostrando di collaborare attivamente con l’amministrazione doganale nell’individuazione di eventuali illeciti o inesattezze dichiarative. A tal fine è utile conservare tutte le richieste di chiarimento inviate ai propri clienti unitamente alle risposte pervenute (es. email, fax, lettere, ecc.), in modo da poter dimostrare all’ufficio doganale, in caso di contestazioni, di avere esercitato al meglio lo sforzo di diligenza richiesto dal loro ruolo, così da escludere ogni colpa nella commissione della violazione in oggetto.

L’ufficio delle dogane dovrà quindi condurre un’attenta valutazione in ordine alle circostanze del caso concreto, così da stabilire se l’intermediario abbia esercitato uno sforzo di diligenza “sufficiente” ad escludere ogni sua responsabilità di tipo amministrativo. A titolo di esempio vengono indicate due situazioni, già previste dalla soprarichiamata Circolare n. 292/1998, la cui ricorrenza fa scattare automaticamente tale responsabilità:

1) le informazioni e le prove documentali fornite dal cliente sono in evidente contraddizione tra loro, ovvero con la natura delle merci (ciò proverebbe infatti che l’intermediario, nonostante la facile identificabilità dell’errore e la sua conoscenza del settore, non si è avveduto dello stesso);

2) è stato richiesto un trattamento tributario o daziario agevolato quando non ricorrevano le condizioni per farlo, cosa che l’intermediario avrebbe dovuto sapere in base alle sue conoscenze ed esperienze professionali.

Viene infine precisato che, ai fini probatori dell’assenza di responsabilità per l’inesattezza o l’irregolarità della documentazione e dei dati contenuti nella dichiarazione, non è sufficiente la produzione di un mandato dettagliato nel quale si addossa qualsiasi responsabilità all’operatore rappresentato. Il mandato infatti definisce gli obblighi contrattuali del mandatario nei confronti del mandante, ma non può, di principio, costituire prova di esclusione della colpevolezza nei riguardi dell’Amministrazione. L’Agenzia sottolinea ciò nonostante  tutta l’utilità di tale atto, evidenziando che l’esibizione di un ampio e dettagliato mandato nel quale vengono chiaramente precisati i contenuti dell’incarico di rappresentanza in dogana e le istruzioni alle quali deve attenersi l’intermediario doganale nello svolgimento della propria attività, consente all’ufficio di verificare al meglio, nel caso concreto e senza automatismi di sorta, tutti gli eventuali profili di responsabilità ed in capo a quali soggetti vadano ascritti.

In ultimo, la circolare 22/D precisa la portata dell’articolo 10, comma 3, della l. 212/2000, costituita dal caso delle cd. violazioni “formali”, ossia violazioni delle norme doganali che non comportano alcun debito di imposta. A tal proposito l’Agenzia chiarisce che una violazione che non incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo, e che per di più non areca pregiudizio all’attività di controllo dell’amministrazione finanziaria, esclusione la punibilità. E’ tuttavia necessario che siano presenti entrambe le circostanze (assenza di danno erariale e mancato pregiudizio all’attività di controllo dell’amministrazione finanziaria,). Pertanto, la sussistenza di una sola di tali condizioni comporterà l’inapplicabilità dell’esimente della violazione formale e la conseguente punibilità della violazione. In ordine poi alla sussistenza dell’ “effettivo pregiudizio all’azione di controllo” viene evidenziato che la verifica di tale circostanza va effettuata in concreto. E’ necessario cioè che l’ufficio doganale tenga conto delle specifiche circostanze di fatto in cui è stata commessa la violazione, al fine di stabilire se quest’ultima abbia ostacolato o meno effettivamente l’attività di controllo svolta dall’amministrazione.

 

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