la sentenza n. 46471 dell’11 novembre 2014 – cassazione 5° sezione penale

Corte di Cassazione, Sezione 5 penale
Sentenza 11 novembre 2014, n. 46471
Massima
REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA – DELITTI – FALSITÀ
IN ATTI – IN ATTI PUBBLICI – Modello Eur 1 – Induzione in
errore del pubblico ufficiale – Configurabilità – Fattispecie.
Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico mediante induzione in errore del pubblico ufficiale, la condotta di chi induce il personale dell’ufficio delle dogane al rilascio di un falso certificato di circolazione delle merci – Modello Eur 1-, a nulla rilevando che il documento sia emesso all’esito di una procedura di controllo automatizzato, e che venga successivamente rettificato a seguito della successiva ispezione dei beni. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
corretta la decisione impugnata che aveva ravvisato la responsabilità del privato il quale aveva presentato una falsa dichiarazione di esportazione corredata di fatture attestanti, contrariamente al vero, che tutta la merce era di origine comunitaria).
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Integrale
Falso per induzione in atto pubblico – Falso della bolletta doganale – Perfezionamento – Rilascio dell’attestazione da parte del funzionario doganale – Falsa dichiarazione resa  dall’esportatore – Induzione in errore il pubblico ufficiale addetto – Procedura automatizzata – Partecipazione dei funzionari doganali – Falso per induzione in atto pubblico – Falso della bolletta doganale – Perfezionamento – Rilascio dell’attestazione da parte del funzionario doganale – Falsa dichiarazione resa dall’esportatore – Induzione in errore il pubblico ufficiale addetto – Procedura automatizzata – Partecipazione dei funzionari doganali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3035/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del 18/04/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO;
Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott. Scardaccione Vittorio Eduardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 18/04/2013, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Como del 09/01/2009, che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato di falso per induzione in atto pubblico, per avere, al fine di beneficiare di un trattamento doganale preferenziale (esenzione dal pagamento del dazio), esibito alla Dogana Principale di Como, a corredo di dichiarazione d’esportazione, fatture attestanti falsamente che tutta la merce era di origine comunitaria, essendo in realta’ presenti 129 capi di abbigliamento di origine non comunitaria, inducendo cosi’ in errore i funzionari della Dogana Principale di Como che emettevano un certificato di circolazione delle merci modello EUR 1 (OMISSIS) ideologicamente falso.
Rileva la Corte di merito quanto segue: il reato di falso della bolletta doganale si perfeziona con il rilascio dell’attestazione da parte del funzionario doganale sulla base della falsa dichiarazione resa dall’esportatore, che risponde dell’illecito ex articoli 48 e 479 c.p., avendo indotto in errore il pubblico ufficiale addetto; nel caso di specie, il modello EUR 1 – attestante la provenienza comunitaria della merce – era gia’ stato rilasciato (il 17/04/2008) dalla Dogana di Como, sulla base del controllo automatizzato, quando (il 19/04/2008), per fattori sopravvenuti, si e’ ritenuto di sottoporre la merce anche a visita fisica; pertanto, e’ infondato l’assunto difensivo secondo cui i funzionari doganali non sarebbero stati tratti in errore in quanto la falsa dichiarazione di (OMISSIS) aveva comunque comportato – sulla base di una procedura parimenti prevista dalla legge – l’attestazione di conformita’ trasfusa nel modello EUR 1 ed e’ del tutto irrilevante che l’esportatore non abbia in concreto beneficiato del regime agevolato in quanto cio’ e’ avvenuto solo a seguito della verifica facoltativa e dopo la consumazione del falso, tanto che e’ stata necessaria la rettifica del modello EUR 1 gia’ rilasciato. Quanto alla sussistenza del dolo, la sentenza di primo grado, osserva la Corte milanese, ha desunto dalle pregresse esportazioni dell’imputato il convincimento che lo stesso non ignorasse la specifica normativa regolante quel tipo di esportazioni, ne’ i vantaggi che assicurava; la pluriennale esperienza di (OMISSIS) nel settore dell’abbigliamento priva di fondamento l’assunto della sua non conoscenza della provenienza extracomunitaria dei capi commercializzati; trattandosi, inoltre, di dolo generico, non rilevano le ragioni che hanno indotto l’imputato ad esportare in Svizzera le sue rimanenze di magazzino.
La Corte di appello ritiene irrilevante l’assoluzione degli originari coimputati di (OMISSIS), trattandosi di posizioni oggettivamente e soggettivamente diverse.
Il trattamento sanzionatorio e’ stato correttamente individuato dal giudice di primo grado, che ha evidenziato come l’unico elemento a favore dell’imputato sia il suo stato di incensuratezza, in virtu’ del quale sono state applicate le circostanze attenuanti generiche; la determinazione della pena base non coincidente con il minimo edittale e l’applicazione di una riduzione, per le riconosciute circostanze generiche, leggermente inferiore a un terzo, si giustificano con le modalita’ esecutive della condotta, che non puo’ definirsi di scarso rilievo sia per il suo carattere fraudolento, sia per l’apprezzabile numero di capi irregolarmente dichiarati; non puo’ ritenersi significativa la regolarita’ dello svolgimento da parte dell’imputato della sua attivita’ commerciale – circostanza gia’ ricompresa nella positiva valutazione della condotta anteatta – ne’ la circostanza della partecipazione dell’imputato alla prima udienza.
2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione, nell’interesse di (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS), articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1 Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione. I funzionari doganali non hanno predisposto la Bolletta Doganale Eur 1, se non quella emessa a seguito del controllo automatizzato, poi rettificato a fine riscontro fisico: la procedura automatizzata (il circuito telematico) non richiede la partecipazione fisica, psicologica e consapevole dei funzionari; e’ soltanto l’ordinario impulso telematico della immissione della dichiarazione nel sistema che provoca l’emissione del documento, sicche’ non vi fu nessuna falsa attestazione sull’atto pubblico che non venne posto in essere con la consapevolezza dei funzionari. Il fatto non costituisce reato, come si desume dalla Circolare n. 39 del 30/09/2005 dell’Agenzia delle Dogane, ove e’ trasfusa la stessa ragion d’essere dell’articolo 303 T.U.L.D., ai fini della sussistenza del reato e del dolo. Quanto a (OMISSIS), la facilita’ con la quale i funzionari hanno rilevato l’incongruenza permette di sostenere che ricorra l’ipotesi di cui al citato l’articolo 303 T.U.L.D., punita con la sanzione amministrativa.
2.2. Insussistenza del dolo. Mentre del tutto assente e’ nell’imputato la prospettiva di lauti guadagni, puo’ essere accreditata l’ipotesi che l’imputato non curo’ in nessun modo quanto richiedeva la spedizione, in quanto la merce fu caricata alla rinfusa e l’intero obbligo burocratico fu affidato al trasportatore.
Il residuale e minimo interesse economico dell’operazione pone (OMISSIS) al di fuori della sfera necessaria a determinare l’elemento psicologico dell’operazione. Il minimo utile realizzabile e la minima dimensione economica rappresentata dagli interessi dell’erario permette di invocare l’applicazione della circostanza attenuante di speciale tenuita’ del danno.

Ai sensi dell’articolo 133 c.p. deve essere considerata la totale propensione dell’imputato all’osservanza delle norme fiscali. La Guardia di Finanza di Crotone ha affermato il totale adempimento degli obblighi fiscale e, poiche’ l’articolo 43 T.U.L.D. stabilisce che le merci estere per le quali sono state osservate le condizioni e le formalita’ prescritte per l’importazione definitiva sono equiparate a quelle nazionali, e’ evidente che l’imputato riteneva di aver adempiuto interamente al proprio obbligo fiscale. Il Giudice di Como ha assolto gli altri coimputati attribuendo loro una leggerezza o una negligenza, sicche’ si verte in manifesta ipotesi di giudizi contrastanti, data l’identita’ dei capi di imputazione sul concorso di persone nel reato.
2.3. Eccessivita’ della pena. Le risultanze processuali richiamate dalla sentenza impugnata sono le medesime per i tre imputati sicche’ emerge anche sotto questo profilo il contrasto tra i giudicati.
La condizione di incensuratezza doveva essere giudicata positivamente. Quanto alla presenza dell’imputato solo alla prima udienza deve valutarsi la distanza dalla sede processuale e le relative spese, nonche’ la circostanza che la richiesta di giudizio abbreviato l’imputato perfeziono’ le formalita’ necessarie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non puo’ essere accolto.
Il primo motivo non e’ fondato. La censura tesa ad escludere la configurabilita’ della fattispecie di cui all’articolo 48 c.p. sulla base dell’assunto che la procedura automatizzata non richiederebbe la partecipazione dei funzionari doganali e’ infondata: come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, l’attestazione di conformita’ trasfusa nel modello EUR 1 del 17/04/2008 e’ stata adottata sulla base della falsa dichiarazione dell’imputato, mentre del
tutto irrilevante, ai fini della sussistenza del reato in questione, e’ la rettifica del 19/04/2008 intervenuta a seguito della successiva ispezione della merce. La falsa dichiarazione circa l’origine della merce, dunque, e’ stata assunta a presupposto di fatto del documento del 17/04/2008, sicche’ la dichiarazione stessa confluisce nell’atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all’attestazione del pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante
false notizie e informazioni ricevute dal privato, cosi’ configurandosi la fattispecie di cui di cui agli articoli 48 e 479 c.p. (Sez. 5, n. 11597 del 12/02/2010 – dep. 25/03/2010, Deda). Deve essere parimenti disattesa la censura relativa alla configurabilita’, nel caso di specie, del solo illecito amministrativo ex articolo 303 T.U.L.D.: come mette in luce la stessa circolare dell’Agenzia delle Dogane indicata dal ricorrente, la norma richiamata chiama in causa la configurabilita’ delle diverse fattispecie di contrabbando, mentre e’ del tutto inconferente rispetto alla falsita’ ideologica contestata all’imputato.
Il secondo motivo e’, invece, inammissibile perche’ deduce questioni di merito. La Corte di appello ha motivato circa la sussistenza dell’elemento psicologico valorizzando le pregresse esportazioni realizzate dall’imputato, indicative della conoscenza da parte sua della normativa di settore, la pluriennale esperienza nel campo dell’abbigliamento, che esclude la sua ignoranza della provenienza non comunitaria della merce, e l’irrilevanza delle ragioni sottese all’esportazione e dell’assoluzione degli originari coimputati, considerata la diversita’ delle rispettive posizioni: la linea argomentativa cosi’ sviluppata e’ coerente con i dati probatori richiamati e immune da cadute di conseguenzialita’ logica, traducendosi, pertanto, la censura nel tentativo di sollecitare questa Corte ad operare un riesame del merito esorbitante dai compiti del giudice di legittimita’.
Ugualmente inammissibile e’ il terzo motivo. I giudici di merito hanno preso in considerazione, ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, l’incensuratezza dell’imputato, nonche’ la sua condotta anteatta: la sentenza impugnata, in particolare, ha precisato che la determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale e la riduzione leggermente inferiore ad un terzo prevista per la circostanza indicata si ricollegano alle modalita’ non di scarso rilievo della condotta e al numero apprezzabile di capi di abbigliamento irregolarmente dichiarati, disconoscendo rilievo alla comparizione dell’imputato alla prima udienza. Le argomentazioni cosi’ sviluppate – in uno alla considerazione, gia’ richiamata, dell’irrilevanza dell’assoluzione degli originari coimputati – offrono congrua ed esauriente giustificazione del trattamento sanzionatorio individuato, sottraendosi alle critiche del ricorrente che si traducono in censure di merito. La considerazione svolta dalla Corte di merito circa il numero apprezzabile di capi irregolarmente dichiarati priva di fondamento la deduzione difensiva – sviluppata nel secondo motivo – circa l’applicabilita’ della circostanza attenuante della circostanza di cui all’articolo 62 c.p., n. 4).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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