Alëna Ivanovna.

La incontrò che  stava in cucina a preparare uno zabaglione montando le uova  in una  ciotola vecchia consunta dal tempo.

Si era appena alzata dal letto e il viso suo, ancora, appassito dal sonno, i capelli bianchi incolti e ammaccati dalla parte dove aveva appoggiato la testa sul cuscino, la veste nera a pallini bianchi che indossava in tutte le ore del giorno e forse anche la notte, lo squallore della stanza, le vecchie pantofole che lasciavano intravvedere i talloni anneriti di sporco e rugosi.. Tutto. Le conferiva il fascino maligno delle streghe.

Il tavolo della cucina carico dei resti di chissà quanti pasti consumati nei giorni precedenti. Le stoviglie incrostate in attesa che qualcuno si decidesse a ripulirle.

L’accolse con il suo modo sguaiato ma allegro di parlare.

Con quello strano sguardo negli occhi.

Aveva fiutato qualcosa-

Aspetta, gli disse, sarai stanco! Ti darò un po’ di zabaglione. Ti farà bene.

Lui, senza rispondere, andò a sedersi nell’unico angolo che gli parve più pulito, dal quale, però, si scorse un uomo molto vecchio che non si era neppure preoccupato di chiudere la porta del cesso.

Chiudiamo questa cosa, dai, disse allora disgustato, che me ne devo andare.

Eh! Quanta fretta, prendi almeno un caffè. E poi ne voglio parlare anche con mio nipote che sta per venire.

Lui  rimase muto e rassegnato, mentre il vecchio alzava il suo molle culo da quel grigio grosso pitale e si stringeva la cinta del pantalone slabbrato.

Poi entrò una donna sulla trentina. Non proprio male, ma che mostrava i segni di una volgarità innata e, perciò, impossibile da nascondere.

Appena la vide la vecchia strega cambiò atteggiamento. Cominciò a darsi un accento più civile, si rassettò i capelli e la veste e la condusse nell’angolo maledetto dove era solita compiere le sue nefandezze.

Ah!, lui  pensò, chissà se quegli orrendi muri potessero parlare.

Sbirciò incuriosito.

Si era sempre domandato come avesse fatto una strega di quel genere a sopravvivere nella assoluta ignoranza di qualunque morale e nel disprezzo di tutte le  leggi degli uomini.

E vide  la giovane, ma volgare, donna dare denaro alla megera e riceverne in cambio oggetti d’oro.

Avete fatto un vero affare, sentì, ah! Come figureranno queste collane sul vostro splendido petto. E che affare avete fatto.

Quando la giovane, ma volgare, donna se ne fu andata, la vecchia gli confidò che, in effetti, a lei capitava spesso di poter acquistare delle gioie e che, anzi, se lui avesse voluto lei…..

La vecchia praticava anche la ricettazione e l’usura in quel piccolo orrendo antro.

E chissà quante altre nefandezze le avevano procurato nella vita tutto il denaro della quale certamente disponeva.

Ma tu nipote non viene? Scusa eh! Ma tutte queste nobiltà! Dimmi che vuoi! facciamola finita!

Ma non aveva ancora terminata la frase che entrò un uomo sulla sessantina, vestito con giacca e cravatta, un po’ smunte, un po’ cafone.

M con giacca e cravatta.

E aveva l’aria di conoscere bene quel luogo e, innanzitutto , la megera.

Il nipote? Lui si domandò. Poteva mai essere il nipote! Quello tutt’al più poteva essere un fratello o un cugino o chissà chi.

Quale diavoleria aveva partorito la mente malefica di quella?

E senza neanche presentarsi, né che vi avesse provveduto la vecchia, l’uomo panciuto, che mostrava di sentirsi a suo agio in quel luogo,  si accomodò  e cominciò a parlare di questo e di quell’altro e che poi così e così e che le cose stavano in un certo modo e che certo si potevano accomodare, ma che la spesa era consistente e che, poi, il paese, il paese, il paese non era la città.

Ma chi è lei, mi scusi?

Ma sa questo questo e questo!

Ma lei è il nipote o no? E che vuole da me? Lui gli chiese  ormai stufo della situazione, seccato dalla sola presenza di  quel buzzurro cafone che si atteggiava pure a mafiosetto.

La strega capi che il segno era stato raggiunto e mandato via il cafone panciuto, si rivolse a lui con tutto lo charme che riteneva di possedere e lo condusse nello stanzino maledetto, che puzzava di caffè , di verdura marcia, e di peccato rancido.

Ma lui, dopo un minuto, se ne andò di corsa.

Se ne liberò lasciandola in mezzo ai cessi maleodoranti  e ai suoi cassetti pieni d porcherie.

Gli ricordò Alëna Ivanovna.

Alfò

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