L’unità d’Italia

Il 17 marzo 2011 avrò  sessantasette anni e cinque giorni.

E sarà l’unità d’Italia.

E io non sarò felice.

Perché ancora una volta mi sentirò respinto.

Estraneo in casa mia.

Sono napoletano.

Vero.

Verace.

E ne sono talmente fiero che non sopporto chi si definisce tale senza esserlo.

Essi non sono né migliori, né peggiori di me.

Ma semplicemente non sono napoletani.

Io vivo nell’arte, nelle cose belle, in un luogo inimmaginabile tant’è stupendo.

E’ la mia normalità.

Altri hanno la loro.

Diversa dalla mia ma altrettanto bella.

E io lo riconosco.

I triestini su tutti.

Perché la loro città è bella e fascinosa.

Come la sua gente.

Io vivo lontano dalla camorra, ma so che la camorra c’è.

La fiuto.

Mi circonda.

Ma non è stato sempre così.

E non è colpa mia se c’è.

Ma la mia città si ribellerà prima o poi e ritornerà più libera di prima.

Perché vi alberga la felicità, l’incontro della gente.

Io non sono mai solo.

Né mi sento mai tale.

Gli altri.

Quelli che vivono nella nostra Italia (posso ancora usare quest’espressione, o no?) conoscono le loro città e ne sono altrettanto innamorati  quanto io amo Napoli.

Napoli è al Sud.

Stupendo Sud.

Pieno di storia, arte e natura.

Greco.

Umiliato. Offeso. Stuprato.

Molti se ne vergognano.

Senza neanche esserci mai stati.

Napoli, però, è stufa. Stanca.

E il 17 marzo 2011 avrebbe festeggiato con tutto il cuore.

Come fece il 17 marzo 1961.

Anche se quest’anno dovremmo festeggiare di aver raggiunto la vetta più alta della corruzione.

Della differenza tra la gente onesta, sobria, per bene.

E perciò stupida ed emarginata.

E quella ladra a corrotta.

E perciò intelligente e furba.

Anche sequest’anno dovremmo festeggiare contro la volontà degli altri.

Di chi condona le spese elettorali, si concede aumenti di prebende e benefici e ritiene che festeggiare l’anniversario costi troppo al Paese.

Ma di quale Paese parlano?

Di quello che stanno avvilendo, deprimendo!

E’, forse, un piano premeditato?

Un’altra mossa per lo scacco matto?

Napoli sarà sempre Napoli.

Una bellissima donna, un po’ puttana, esposta all’ammirazione e al ludibrio di tutti.

Festeggerà, quel giorno, con la morte nel cuore.

Ed io, per mia fortuna. Sarò più vecchio.

Avrò sessantasette anni e cinque giorni.

Alfò

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